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Sherlock Holmes è tornato. La partita è aperta!
“The game is afoot”, dunque. Anthony Horowitz, con “La Casa della Seta”, alza il sipario su una nuova avventura del più famoso detective di tutti i tempi e, nel pieno rispetto dello stile narrativo e dello spirito dell’originale, scaturito dalla penna e dal genio letterario di Sir Arthur Conan Doyle, riesce nell’arduo compito di amalgamare, con continui riferimenti e citazioni di frasi celebri, il suo romanzo apocrifo al Canone, e a suscitare, aggiungendovi anche qualcosa in più, sensazioni ed emozioni identiche a quelle nate dalla lettura dell’opera, comunque incomparabile, di Conan Doyle, cui rende giustizia. Horowitz costruisce, infatti, una trama corposa avvolta in uno spesso strato di mistero, fitto come la nebbia di Londra, che, puntualmente, Holmes, con l’inseparabile Watson (che come noi lettori “vede, ma non osserva”), saprà dissipare, muovendosi, agile, alla luce brillante delle sue infallibili capacità di osservazione e di deduzione, fino a ricomporre, pezzo dopo pezzo, un complesso puzzle che, nella sua interezza, raffigura un pietoso quadro di indicibili miserie umane. L’enigma è risolto. La verità è svelata. “When you have eliminated the impossible, whatever remains, however improbable, must be the truth”. Parola di Sherlock Holmes. Grazie Sir Arthur, grazie Mr. Horowitz.