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Punto di rottura
 
Punto di rottura 2012-08-06 07:29:48 Pupottina
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Pupottina Opinione inserita da Pupottina    06 Agosto, 2012
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E' mostruoso cio' che ha fatto, ma non era un most

È un libro che mi è piaciuto molto, proprio perché è scritto in maniera particolare, giostrando i capitoli in un’alternanza fra realtà e apparenze, fra follia e giustizia, fra l’indagine della donna ispettore, Lucia May, e i punti di vista di chi c’era o non c’era il giorno della sparatoria.
Sin dalle prime pagine, a strage già compiuta, ci si accorge del perché questo libro è diventato un caso letterario in Europa e negli Stati Uniti. Il tema trattato, la violenza nelle scuole, è molto attuale e si può rapportare dal microcosmo dell’ambiente scolastico al macrocosmo della società in cui tutti viviamo. Di questo libro mi ha colpita, prima di tutto, la trama (un professore che spara cinque dei colpi di una pistola in un’aula scolastica e risparmia il sesto ed ultimo proiettile per se stesso), poi, la copertina, così colorata, semplice, elementare, con una scelta di colori che trasmettono serenità, ma gettano anche ombre in una scena di fuga che fa trasparire, a malapena, l’orrore che questo romanzo racconta anche se in maniera molto poetica, interiore, che predispone alla riflessione personale. Il titolo italiano “Punto di rottura” (titolo originale “Rupture”) è forse l’elemento che cattura meno, ma, nella sua brevità, è feroce e un po’ anticipa quello che è poi il senso della storia, quando si raggiunge un limite che porta al di là della ragione e permette che si realizzi una strage.
Anche in questo romanzo, come in QUESTO (che pure mi è piaciuto moltissimo), l’ambientazione è Londra, una città che è in grado di offrire svariati spunti interessanti.
E adesso, prima di dirvi il mio giudizio complessivo di questo thriller della Time Crime, ecco un po’ di frasi, tratte dal libro.

“È mostruoso ciò che ha fatto, ma non era un mostro.”

“È più facile gestire il dolore se puoi trasformarlo in rabbia, se puoi attaccare qualcun altro, se puoi prendertela con qualcun altro, chiunque, anche se non lo merita.”

“L’odio arriva con il tradimento.”

E, in questo thriller psicologico, molte altre sono le affermazioni, messe in bocca a vari personaggi, che meritano di essere approfondite, comprese, analizzate. Mi fermo qui per non anticiparvi altro.
VOTO 10

***AVVISO SPOILER***
Se volete leggerlo, fermatevi e non leggete oltre.
Mentre se l’avete già letto, vedete se siete d’accordo con me.

Il professore di storia, quello con la barbetta, quello di origini russe, quello che un giorno improvvisamente se ne va a scuola con una pistola, che è un pezzo da museo, Samuel Szajkowski, quello con il nome che nessuno ha mai imparato a pronunciare bene, né si è sforzato di farlo, quell’uomo all’apparenza mite avrà avuto i suoi motivi per fare quello che ha fatto: andare a scuola, aprire il fuoco su alcuni alunni e su una collega e infine suicidarsi. Di questo è convinta Lucia May, ispettore a capo delle indagini. Nonostante i suoi superiori siano convinti che non ci sia nessun caso da risolvere e che quello che c’è da scoprire è già evidente, lei si ostina nel voler interrogare tutti e condurre delle ricerche sue, perché vuole scoprire cosa c’è dietro, quale movente ha portato Szajkowski ad un’improvvisa follia. Mentre la sua indagine si approfondisce, un interrogatorio dopo l’altro, anche di particolari apparentemente inutili, emerge il ritratto di un uomo che voleva fare il suo lavoro. Mentre ci si chiede se le vittime erano davvero quelle designate e si studiano le posizioni dei presenti alla sparatoria, emergono particolari, dettagli, considerazioni che il lettore si trova a fare, essendo perfettamente integrato nella storia proprio grazie allo stile particolare di Simon Lelic.
Cos’ha di così particolare il suo stile?
È originale, nuovo, differente dagli altri. Ogni capitolo è matematicamente impostato: tutti hanno la stessa lunghezza, dalle 7 alle 10 pagine. Come ho già anticipato all’inizio, c’è un’alternanza nei capitoli: tempo degli interrogatori e racconto dell’indagine. I primi sono monologhi, come delle interviste in cui vengono omesse volontariamente le domande, ma non si cela niente delle risposte ed è come vedere i personaggi che vengono interrogati, intervistati, ognuno con un suo modo di esprimersi, in base all’età, al sesso, al carattere più o meno spigliato. In questi capitoli, vengono interrogati: il preside; i professori, colleghi dell’assassino; i genitori della vittime; alcuni studenti presenti alla sparatoria; altri assenti, ma che conoscevano le vittime o che hanno tanto da raccontare sulla vita e sui soprusi all’interno della scuola. Si intuisce che qualcosa non andava. C’erano gravi negligenze, oltre a questioni personali e a precedenti segnali ricollegabili alla tragedia. Mentre ci si interroga sulla follia del singolo, si vanno a studiare le sue motivazioni e il perché ad essere uccise siano state determinate persone e non altre. Si scopre che l’ambiente scolastico inglese descritto non è, in fondo, molto diverso da quello italiano e una storia simile poteva accadere ovunque, in una scuola come in un altro qualsiasi ambiente lavorativo dove imperano la discordia, la stupidità, la rabbia e la solitudine.

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