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Una storia crudele
 
Una storia crudele 2012-07-01 14:31:30 Pupottina
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Pupottina Opinione inserita da Pupottina    01 Luglio, 2012
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Una storia crudelmente psicologica

Una narrazione profondamente psicologica, morbosa, malata, ossessiva e avvolta da svariati misteri. Natsuo Kirino, in Una storia crudele, con il suo personalissimo stile, struttura vicende e individui attraverso i loro racconti, narrati direttamente o riferiti nelle impressioni altrui, in un cerchio che si avvolge intorno ai personaggi, alle sfortunate coincidenze e alla realtà di come si sono svolti davvero i fatti.
Nella narrazione non mancano parti caratterizzate dalla finzione, propria del romanzo, e menzogne, attribuite alla sofferenza di una mente traumatizzata. La brevità del romanzo non permettono di approfondire la perversione e la disperazione, elementi caratteristici dominanti dei personaggi della Kirino, che forse sceglie di proposito di omettere il massimo della morbosità nel suo racconto per farlo solo percepire in tutto il suo orrore. Così come la protagonista ha bisogno dell’immaginazione per crearsi una realtà parallela, in cui vivere e isolarsi, allo stesso modo il lettore deve usarla per riempire i vuoti lasciati di proposito nel racconto per ricomporre i pezzi di un mistero fatto di paura e sevizie che raccontare esplicitamente renderebbe banale.
Confermo, ancora una volta, il mio apprezzamento per lo stile della Kirino che presenta un lato perverso del Giappone.
Keiko ha solo 10 anni, quando l’operaio venticinquenne Kenji la rapisce e la costringe a vivere per un anno con lui, mostrandole il lato aberrante degli esseri umani. Ma per raccontare questa storia, rendendola originale, Natsuo Kirino escogita l’espediente di “Una storia crudele”, il manoscritto autobiografico di quella brutale esperienza, lasciato al marito dalla stessa Keiko che ormai ha cambiato nome, ha 35 anni ed è una scrittrice famosa, un caso letterario in Giappone, con il romanzo d’esordio “Come il fango”.
Keiko adulta è scomparsa, senza lasciare nessuna traccia, se non la verità che molti anni prima tutti cercavano di farle raccontare, cioè cosa è davvero accaduto in quell’anno di prigionia tra lei e il suo aguzzino. I misteri non sono solo quelli racchiusi nella mente di Keiko, poiché tutti i personaggi presentati hanno segreti che non raccontano e che il lettore vuole poter chiarire fra le pagine del romanzo. Il pedofilo, il vicino di stanza, i genitori della bambina, il detective che indaga, la psicologa che offre il suo sostegno, le amiche: ognuno agisce seguendo le sue motivazioni che sembrano avere come denominatore comune l’attenzione verso Keiko.
Anche se è cresciuta e la sua vita sembra essere stata rivoluzionata, Keiko non ha ancora superato i traumi psicologici di quell’esperienza ed, anzi, li ha raccontati in tutte le sue fasi, nell’evoluzione affrontata dalla mente, vittima di feroci e drammatici ricordi di sevizie e molestie sessuali, rendendola una “creatura sessuale” oltre che un vero e proprio giocattolo, definizione che la offende ma che sa essere reale.
Un racconto nel racconto, un romanzo accostato ad un altro, come la realtà accanto alla finzione. Un meccanismo tortuoso, ma ben sviluppato e che ne rende interessante e ricca di suspense la lettura.

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