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Tutto scorre
Africa, Mali, Bamako. E subito ci viene da pensare a posti bellissimi, a strade polverose e mercati vocianti.
Perché normalmente la parola Africa ci suggerisce atmosfere magiche. Ma leggendo L’Assassino di Banconi, di Moussa Konaté, Del Vecchio Editore, da subito capiamo che l’ambientazione del romanzo non ha nulla di suggestivo. La storia inizia in una latrina di uno dei quartieri più poveri della città: Banconi. Qui viene rinvenuto il cadavere di una donna, morta, forse, per un malore improvviso.
Tra le strade terrose della metropoli africana, avanza la polizia alla ricerca della verità. E questa polvere rossa che avvolge la città, entrando fino nei recessi più intimi, è come la superstizione che copre come un velo l’obiettività della gente locale. Il commissario Habib e il suo aiutante Sosso riescono a scrollarsela di dosso e cercano di guardare oltre le apparenze. Indagano seguendo gli indizi suggeriti dai morti e dai testimoni che riescono a interrogare, senza lasciarsi intimorire dalla terribile polizia politica, una sorta di Gestapo moderna, senza ricorrere alle tecniche odierne di investigazione, ma lasciandosi condurre dal loro istinto e dalla loro esperienza.
Moussa Konaté descrive con eleganza e leggerezza questo scorcio di Bamako, e l’ambientazione, le strade, i mercati e perfino gli ingorghi di auto che si creano improvvisamente, non fanno solo da sfondo, ma diventano protagonisti del romanzo. La città è viva e pulsante e in essa si aggira la gente più disparata, dal saggio Zarka all’inquietante marabutto. In questo romanzo, che ha una struttura tra il giallo e il noir, le vicende narrate ci portano a riflettere sulla realtà che viene descritta. La soluzione del caso non passa dagli indizi ma dall’osservazione dell’ambiente in cui si svolge. L’eroe, anzi gli eroi, sono in realtà antieroi, che, seppur capaci di risolvere il caso, non riescono a ristabilire l’ordine delle cose in quel luogo dove da millenni la tradizione mista a superstizione è profondamente radicata e prevale sulle leggi attuali.
E, in questa terra dalle forti contraddizioni, ricca di odori, di colori e di suoni, una volta risolto il caso, tutto scorre, pánta rhêi os potamòs, come il Niger che attraversa la città, e la vita riprende sempre e comunque e, con essa, la lotta giornaliera delle gente che vive ai margini della società senza però rinunciare alla propria dignità e alla propria identità.
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