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Un giallo semplice
Che peccato dare come piacevolezza 3 ad un libro di Doyle! Ma purtroppo non ci sono i mezzi voti e questa volta ho approssimato per difetto e non per eccesso.
Se sono rimasta delusa? Inutile negare che è così. L'inizio mi ha intrigato un sacco, soprattutto quando Holmes e Watson hanno decriptato il messaggio e stava continuando ad intrigarmi quando sono arrivati a Manor House, nel Sussex, per un apperentemente inspiegabile delitto, delitto che ovviamente ero certa che Holmes avrebbe risolto brillantemente, come sempre, ma non in sei piccoli capitoli!
Ebbene si, mi aspettavo un giallo più articolato nel quale mi sarei dovuta scervellare per carpirne l'assassino, invece non ne ho avuto nemmeno il tempo. Holmes capisce chi, come, quando e perchè è stato compiuto il delitto e poi l'ultima (e più lunga) parte del romanzo e occupata da una sorta di digressione storica che ci riposta indietro per capire le cause del caso, e forse è stato proprio qui che la mia attenzione ha cominciato lentamente a scemare.
Attenzione, non dico che la trama non sia "complicata", la trama è molto bella, piuttosto è il giallo, il caso, che è troppo semplice. O forse sono semplicemente le mie aspettative che erano troppo alte, dopotutto, dopo aver letto Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie mi aspettavo un altro giallo avvincente quanto o almeno quasi quanto quello. Comunque ci terrei a sottolineare che mi aspettavo anche di incontrare il Professor Moriarty, ma vi assicuro che lo si sente solo nominare nelle prime pagine e nell e ultime.
La mia opinione dunque non cambia: Il Mastino dei Baskerville è in assoluto il romanzo più bello di Arthur Conan Doyle