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Cosa resterà degli anni '80?
Quando ritorno agli anni ’80 penso subito ai Duran Duran, a Simon LeBon, che canta impomatato e petulante “The Reflex”, alla nascita della videomusic, a Pertini, a Papa Wojtyla, a Reagan e Gorbaciov. Se mi chiedete, dico subito che gli anni ’80 sono stati, secondo me, anni felici.
Ellis agli inizi degli anni ’90 , invece, mi piazza un bel pugno nello stomaco con “American Psycho”, un libro terribile e disturbante, che descrive le gesta di Patrick Bateman, giovane “yuppie” newyorkese mago della finanza di giorno, serial killer psicopatico ed efferato di notte.
Ci vuole un bel po’ prima di imbattersi in un omicidio, ma il senso di straniamento ti accompagna sin dalle prime pagine, perché la descrizione meticolosa della vita di Bateman, con i suoi tic, la sua maniacale attenzione al cibo ricercato e salutista, ai capi firmati e minuziosamente descritti, la sua smodata passione per l’alta fedeltà, la sua spasmodica ricerca dell’estetica, del bello sempre e a qualunque costo a discapito di qualunque regola etica, non è inferiore all’escalation di efferatezza che si scatena nella seconda parte del libro, in una spirale potente e devastante.
Per non parlare dei falsi rapporti con la fidanzata Evelyn, cretina quanto basta, con Courtney, fidanzata del suo migliore amico, che poi si rivela essere la sua amante passionale, con gli amici e i colleghi, visti più come minacciosi nemici, pronti ad essere tolti di mezzo, se serve.
Il senso di impunità che accompagna Patrick Bateman durante i numerosi omicidi lascia però il dubbio che tutto sia soltanto immaginato e non realmente accaduto e questo Ellis, secondo me, vuole che sia volutamente percepito dal lettore. Per cui mi soffermerei più su “American Psycho” come metafora del disfacimento della società, in particolare newyorkese, agli albori degli anni ’90, dopo quasi un decennio di reaganismo, il boom di Wall Street e la cultura yuppie.
Non è un libro che ho più riletto e credo che non lo rileggerò mai più, ma ogni tanto mi capita di soffermarmi sul primo e ultimo capitolo, a mio avviso i più belli, e sui fantastici intermezzi che descrivono, come delle recensioni un po’ scolastiche ed ingenue, la musica che più piace al protagonista (i Genesis, Witney Houston, Huey Lewis and the News, mica Ozzy Osbourne e i Black Sabbath).
Per cui cosa resterà per me degli anni '80? Sicuramente questo libro.
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