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La quarta inganna
Quando ho finito il romanzo (che già a metà mi aveva stancato) sono andato subito a leggermi la quarta di copertina e mi sono detto: delle due l'una. O sei matto, oppure non hai capito niente del romanzo.
Poi mi sono messo a leggere qualche recensione di lettori su internet ed ho capito che avevo scartato la terza possibilità: il romanzo è brutto.
Dunque mi sfogo:
1) l'ambientazione è esageratamente triste, fino a diventare irreale, didascalica e, quindi, repellente.
2) Non c'è una storia e quel poco di trama che emerge è lasciata all'immaginazione del lettore. Va bene che chi legge ha una sua coscienza e non lo si deve accompagnare come un bambino da ogni parte. Ma insomma, leggendo il romanzo ho avuto la sensazione di essere portato in una stanza vuota e lasciato lì al buio a cercare la via per uscire.
3) I dialoghi dei personaggi sarebbero realistici? (lo dice sempre la quarta di copertina). Ma non scherziamo! Un esempio: I personaggi si leggono nel pensiero, e questo è il primo errore che si corregge agli aspiranti scrittori, anche nei corsi di scrittura creativa più scalcinati.
4) I suicidi narrati sono spettacolari quanto si vuole, ma fini a sé stessi, soprattutto dopo che la quarta di copertina (ancora lei) ed il fior fiore di critici (tutti francesi, però), promettono un senso a tutte quelle morti.
Una cosa buona il romanzo ce l'ha: una specie di omaggio (fatto male anche questo, però) a Bunker, lo scrittore americano ex galeotto e mito della narrazione delinquenziale (la chiamo così perché Bunker, sebbene abbia narrato di delinquenti, non ha scritto né gialli, né noir). La citazione indirizza verso la lettura dei suoi romanzi che sono (quelli sì) dei veri capolavori.