Dettagli Recensione
Follia
La difficoltà nell’esprimere un’opinione su questo romanzo sta nell’evitare di svelare i particolari di una trama che fa proprio di alcuni punti di svolta delle chiavi di lettura.
Ma ci proverò.
La prima impressione è che la protagonista sia Stella. E per Stella è facile scivolare su un parallelismo con altre figure letterarie, quali Emma Bovary: volendo ridurre all’osso il racconto (gran brutta operazione…) si tratta anche in questo caso di una donna che vorrebbe fuggire da un marito (nel caso di Stella, da Max), che ha un figlio (Charlie) e la cui nuova passione amorosa (Edgar Stark, un malato di mente, in cura all’ospedale, che ha staccato la testa a sua moglie) la porterà a gesti estremi. Volendo consigliare, oggi, un romanzo che tratti questo tema, più che Flaubert consiglierei McGrath (lo so, può sembrare una scivolata dal punto di vista letterario, il consiglio, ma il mio riferimento è solo alla trama).
La storia si svolge in Inghilterra, fine anni ’50, in un manicomio che la voce narrante della storia, Peter, – amico di Max e di Stella e, alla fine, anche psichiatra di Stella –, ritiene essere la naturale “società” in cui debba vivere Stella. Per Peter, però, Stella col suo tradimento non solo ha infranto le leggi del matrimonio e della famiglia, ma anche di questa “società”.
Trama a parte, in Follia c’è altro.
Innanzitutto c’è un accurato e profondo “studio” psicologico di Stella (ma non solo), cosa che rappresenta forse la principale bellezza del romanzo.
Un personaggio chiave è Peter, che, attraverso l’interpretazione che si sforza di dare alla vita di Stella, mette a nudo tutte le sue debolezze.
Il lettore, però, viene più portato a vedere Stella come protagonista e a seguirne il percorso, da una vita apparentemente normale alla più profonda depressione. L’elemento scatenante di questa depressione viene lapidariamente decretato proprio da Peter, quando, per “studiare” Stella, le chiede di parlare della sua storia, e lei lo interroga dicendo “E quale sarebbe l’inizio?”. Peter risponde “Io credo Edgar. E tu?” Ma l’inizio dei turbamenti di Stella non nascono solo dalla passione amorosa per Edgar, come fa intendere, al termine di quel breve dialogo, uno sguardo di Stella che Peter non riesce a capire.
Non è solo la storia di un tradimento. Né di un matrimonio fallito. Sarebbe troppo poco.
È il tormento di una donna alla ricerca di libertà (l'idea di Peter in proposito è che “le donne romantiche non pensano mai al male che fanno… in quella loro infatuazione per la libertà”). O forse è la storia di una donna che vorrebbe semplicemente essere capita. Ché nessuno nel romanzo la capisce, pur vivendo in un ospedale/"società" che della comprensione (anche medica) dovrebbe avere un punto cardine. Non la capisce il marito, che, psichiatra anch’egli, pur vivendole a fianco non avverte nulla del matrimonio che scricchiola. Non la capisce Peter, che alla fine (non dico in quali circostanze) decreta il suo fallimento di psichiatra asserendo (parlando di una situazione da lui agognata, ma improbabile) “sarei arrivato a conoscerla”, facendo intendere che fino ad allora non l’aveva affatto conosciuta. Non la capisce, il suo amante criminale, Edgar, che la definisce addirittura “un animale” scambiando la sua ricerca di amore per istinti bestiali. E teme anche di non essere capita dal figlio, Charlie, per il quale ha paura che il padre “gli rubi l’anima”.
Per una donna così il destino verso la depressione è segnato. È solo da raggiungere. E il punto culmine della storia è proprio la conclamazione esteriore di una depressione a lungo covata, in un momento (drammatico) in cui la sua immobilità viene addirittura scambiata per pazzia.
Perdonate alcuni passeggi un po’ criptici, ma ho cercato di rispettare l’impegno iniziale.
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Amalia