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L'ombra del vento
 
L'ombra del vento 2007-09-06 07:42:00 Renzo Montagnoli
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    06 Settembre, 2007
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Un gotico spagnolo

Nei primi giorni dell’estate del 1945 il proprietario di un piccolo negozio di libri usati porta il figlio undicenne al Cimitero dei Libri Dimenticati, un luogo sito nel cuore della città vecchia di Barcellona e in cui migliaia di libri di cui non si ha più nemmeno memoria vengono sottratti all’oblio. Daniel, così si chiama il fanciullo, entra in possesso di un libro intitolato L’ombra del vento, che cambierà tutto il corso della sua vita.

La storia di Daniel, dalla pubertà fino alla maturità, si svolge in una Barcellona tetra e piovosa, oppressa da una cappa di nebbia e immersa nel cemento e nello smog. Di pari passo con la lettura del libro procede la vita del personaggio principale con strette analogie fra realtà e fantasia, fino a un punto in cui l’esistenza di Daniel si confonderà con la trama del volume che potremmo anche definire “maledetto”, perché tutta una serie di elementi, quali antiche dimore con segreti inconfessabili e con spiriti che le animano, palazzi fatiscenti popolati da mostri finiscono con il richiamare la grande tradizione del romanzo gotico.

La grande abilità di Zafón è di illuminarci su quella che doveva essere la vita negli anni cinquanta in Spagna, sotto il regime franchista, una vera e propria cappa di piombo in cui la popolazione si aggira incerta, in un misto, non esattamente divisibile, di amore e odio per il Generalissimo.

L’intenzione dell’autore, però, non è quella di delineare un periodo politico, anche se calza a pennello con il gotico, ma di tributare un omaggio alla scrittura, alla creatività che le è insita, realizzando un romanzo in un romanzo, in una sorta di gioco indubbiamente complesso, ma di grande efficacia.

Se qualcuno può storcere il naso pensando a un romanzo gotico scritto non da un inglese o da un tedesco, ma da uno spagnolo, sbaglia certamente, perché Zafón non fa altro che appropriarsi di tematiche che sono proprie della cultura europea, impreziosendole con caratterizzazioni del tutto iberiche. Al riguardo, significativo è il riuscitissimo personaggio di Fermin Romero, con la sua morale superiore a quella della classe dominante, nonostante una vita vissuta quasi da emarginato, e che richiama in modo perfetto la figura del picaro, con quello spirito d’avventura animato da un’ideale e con la miseria esteriore che cela un animo ricco di altruismo.

Dell’altra caratterizzazione, cioè la cupa dittatura franchista ho già accennato prima, anche se ritengo opportuno aggiungere che non mancano le frecciate alla Chiesa per la sua complicità con un regime che si professa difensore della cultura cattolica, ma che in nome di questa compie ogni genere di nefandezze.

Il mistero, in questo contesto, appare quindi quasi naturale e di mistero si tratta, perché pagina dopo pagina, nel mentre ci verrà svelato il perché di tante cose, altre ne sorgeranno di enigmatiche, anche se non del tutto incomprensibili.

L’aspetto più straordinario è che il ritmo e la tensione non vengono mai meno; inoltre, tanto è il desiderio del lettore di arrivare alla fine per scoprire la soluzione del tutto, ma altrettanto è il timore che l’ultima pagina chiuda per sempre quell’atmosfera magica e sospesa che lentamente, senza ce ne accorgessimo, è scesa su di noi.

Indubbiamente si può parlare di un testo avvincente, di rara potenza ed efficacia, scritto con uno stile misurato e suadente. Certo, l’invenzione di cui ho già accennato e che alla fine di questo periodo ripeterò, attribuisce un’originalità fuori dal comune e che, resa con maestria, mi induce ad affermare che questo libro nel libro, questa storia nella storia, costituiscono un’opera di tale qualità da renderne consigliabile vivamente la lettura.

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