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La religione non è la risposta all'infelicità
"Carrie" effigia la genesi del mito King.Romanzo di breve duranta quantistica, ma di sesquipedale intensità emotiva e rievocativa di immagini ed azioni emblematiche dell'essenza umana.Credo, anzi ne sono puramente convinto, che l'elemento di principale spicco narrativo sia il rapporto ossessivo, compulsivo e maniacale tra madre e figlia sulla "questione religiosa". Le modalità con cui la madre impone l'osservanza dei credi cristiani alla sventurata e prostrata Carrie, sono abominevoli: dietro queste mitologie di obbedienza incondizionata ad un credo,King mostra l'evidente debolezza psicologica e umana di alcune persone. A completare l'ibrido incubo emotivo di Carrietta, si sommano solitudine,tiri meschini e quotidiani dei compagni di scuola(rimando il lettore alla scena iniziale del primo ciclo mestruale)e un odio sempre più nero e profondo verso tutto ciò che rappresenta il "diverso".Carrie,in corso d'opera, scoprirà gradualmente i suoi poteri telecinetici:qui inizia la vendetta, classico lampeggiante e freddo sentimento umano.Le vicissitudini narrative si tramutano in una storia di sangue e dolore a senso unico; Chamberlain , tranquilla e sonnolenta località del Maine, diventa un inferno amaranto di sofferenze restitiute con gli interessi...sofferenze che purtroppo coinvolgono anche persone innocenti estranee alla triste vicenda personale della protagonista.Al di là della cruda tassonomia degli eventi presentata da King( che ogni tanto può anche confondere e depistare il lettore), la domanda di riferimento attorno a cui si impernia l'opera è:"perchè mi sento così sola ed infelice?"...domanda esistenziale che sovente molti di noi dimienticano di porre alla propria coscienza, rifugiandosi in mistificate risposte religiose.
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