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L'Homme aux cercles bleus
Jean-Baptiste Adamsberg: l’avevano nominato commissario a Parigi, nel quinto arrondissement. Procedeva a piedi verso il nuovo ufficio, per il suo dodicesimo giorno. Diventato sbirro a 25 anni, nei Bassi Pirenei, dove aveva vissuto e risolto uno dietro l’altro 4 omicidi, era chiamato silvestre. E’ un uomo forse bello forse no, piccolino, vestito malissimo, che scarabocchia sempre qualche disegno sul lato del ginocchio destro piegato, invece di prendere appunti come un qualsiasi poliziotto nel corso delle indagini. Un uomo vago e lento nei gesti e nell’eloquio, “in certi momenti era più altrove che mai”, dalla figura piccola, solida e scura. Questo l’identikit, in breve, del poliziotto nato dalla penna di Fred Vargas,; ma che razza di tipo è questo? Si chiedono i colleghi parigini e noi lettori. Tipi strani questi commissari, solitari, ma dotati di una strana quanto inspiegabile fascinazione. Ha l’aura di genio dell’investigazione assemblata all’aspetto trasandato e niente di speciale, una complessiva trascuratezza del personaggio, Adamsberg, ma dalla voce piacevole ad udirla quasi come una carezza. Attorno ad un fatto apparentemente banale e di scarsa importanza investigativa, l’uomo che traccia durante la notte misteriosi cerchi azzurri, con un’inquietante scritta “Victor, malasorte, il domani è alle porte”, dentro i quali giacciono oggetti abbandonati ormai privi di utilità e segnalati all’attenzione degli altri, Fred Vargas ordisce un preciso meccanismo narrativo, che si sviluppa in un crescendo di attesa. Tra metodi investigativi sui generis di Adamsberg affiancato da Adrien Danglard, il suo ispettore preferito considerato reale, molto reale dal commissario, tra personaggi strambi come la scienziata Mathilde Forestier, che segue e annota gli altri per strada, la settantenne Clémence Valmont, con un’unica idea, trovare un amore e un uomo, il cieco Charles Reyer ambiguo e misterioso, l’ometto Louis Le Nermond, professore bizantinista, si amalgama un buon romanzo poliziesco, dalla prosa semplice e dalla piacevole lettura. Il nome Fred Vargas è un marchio di garanzia di qualità, senza parlare di capolavori, la sua scrittura è ben calibrata tra riflessioni serie ed ironia lucida. L’idea di letteratura come rappresentazione della realtà immaginativa o riflessiva può essere accantonata quando un buon giallo, di livello alto, un genere, può far vagare e divagare la mente per puro senso della piacevolezza della lettura.
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