Dettagli Recensione
Un horror classico e ben congegnato
Quando ho letto "Carrie", mi sono detta: "Bene. Quand'è che c'è da aver paura?".
E' una storia che, più che puntare sulla suspence e l'effetto sorpresa, fa riflettere sulla diversità e sulla società in cui viviamo. La protagonista, Carrie,appartiene alla tipologia della liceale "sfigata", emarginata per via del suo carattere introverso e il modo sciatto di vestirsi.
Ad aggravare il quadro, una madre bigotta, sessuofoba e con evidenti problemi psichici, che reprime la figlia in maniera insopportabile per via dei suoi poteri paranormali.
Se ci hanno ormai abituati a quei filmetti americani in cui la ranocchia sfigata si trasforma in una vamp adorata da tutti che trova il principe azzurro, in questo romanzo assistiamo invece a una vicenda che ha il sapore della disgrazia, più che dell'horror.
L'adolescenza di Carrie sembra normalizzarsi, a un certo punto della storia, ma è solo una breve parentesi.
Leggendo l'evoluzione della storia, mi ha colpito la causa scatenante che fa precipitare gli eventi: non la malvagità intrinseca della protagonista, che, in effetti, non c'è, ma la crudeltà della gente, nella fattispecie i coetanei di Carrie, che fa di tutto per guastare quella scintilla di serenità che la ragazza avrebbe meritato.
In sostanza non lo trovo un capolavoro, però è ben scritto, e lo definirei un horror classico, oserei dire alla Frankenstein, proprio perché l'eroe principale non nasce né buono né cattivo, ma semplicemente diverso, e a provocare la catena di eventi sanguinolenti e disgraziati è l'esasperazione dettata dal continuo rifiuto e dall'emarginazione inflitti da una società che ha paura di ciò che non riesce a catalogare.
Un buon libro, graziosa antitesi horror delle commedie studentesche.
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Toooooooornaaaaaaa!!!