Una lama di luce
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Una lama di luce
Uscito nel 2012, questo libro racconta la ventesima (o pressappoco) indagine del commissario Montalbano e non è logico aspettarsi chissà quali sussulti imprevisti: assai più ovvio, invece, trovare i personaggi e le situazioni consuete che, in fondo, costituiscono una delle basi del successo della serialità. Dagli strafalcioni di Catarella ai pranzi e alle cene quantitativamente imbarazzanti non manca niente, anche perché il commissario – malgrado gli anni che passano – mangia (e beve) dimostrando gli appetiti di un giovanotto. Il tema del tempo che scorre inesorabile costituisce in fondo l’unica variante di rilievo rispetto allo svolgimento classico, ma va anche detto che era già stato introdotto in precedenza: in ogni caso, niente a che vedere con le traversie sanitarie di un Wallander, tanto che le considerazioni a riguardo spuntano solo di quando in quando. Il nucleo della narrazione vede invece l’intrecciarsi di tre storie nelle quali Montalbano si trova coinvolto in modo più o meno diretto, ma alle quali deve cercare di dare una spiegazione. La principale è il giallo vero e proprio che scaturisce dalla rapina ai danni di una giovane e bella signora sposata a un danaroso gelosone di mezza età: tutto un complicato viluppo per mettere le mani sulla roba segnato dall’avidità di un gruppo di mediocri piccolo-borghesi che finiscono per farci scappare anche il morto. La faccenda tocca tangenzialmente anche la mafia – che, alla fine, viene quasi incaricata di fare giustizia – ed è caratterizzata soprattutto da un rapporto ai limiti del morboso fra due donne, con una di esse a far la parte della burattinaia: forse esile nel complesso, ma resa interessante dalla capacità di Camilleri nel dosare il buon numero di svolte a sorpresa. A lato si svolgono la caccia a tre extracomunitari sospettati di traffico di armi e l’avventura del commissario con una fascinosa gallerista: passeranno anche gli anni, ma le figone continuano a cascare ai suoi piedi al primo sguardo manco fosse James Bond e lui si premura di amarle con vigore salvo poi farsi venire i sensi di colpa nei confronti di Livia. A proposito della non troppo simpatica compagna del commissario, va notato che la vera novità del romanzo sono le percezioni extra-sensoriali della donna che si assommano ai sogni premonitori di Montalbano. Una forzatura forse eccessiva, ma giustificata, se non altro, dal divertentissimo primo capitolo, in cui l’autore si diletta assai a modificare la realtà con piccoli tocchi narrati in un crescendo comico ritmato da un ritmo perfetto: senza dubbio il momento migliore del libro che ben predispone il lettore intento a rallegrarsi dello stato di forma di Camilleri. Nel prosieguo non tutte le promesse vengono mantenute e il ritorno sullo stesso livello va atteso fino alla conclusione dove, in un’atmosfera decisamente opposta, il commissario riesce (ovviamente) a fare luce su tutti i misteri e, al contempo, è costretto a non rimandare oltre decisioni che riguardano una parte della propria esistenza.
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Una Lama di Luce che perfora l'anima
Ed eccomi immerso nella lettura di una delle indagini più complesse del nostro Commissario Montalbano. Tutto inizia con un sogno fatto dal Commissario che si ritrova in una campagna sperduta, dove poggiata nella terra vi è una bara contenente un cadevere coperto da una tela con ricamate delle iniziali. Nel sogno vi compare anche l'agente Catarella, che per chi non lo conoscesse è un personaggio grottesco creato dal Maestro Camilleri, che parla in latino e il proprietario dell'appezzamento di terra. Sarà questo sogno a turbare l'animo del commissario per l'intero arco del romanzo.
Non solo, viene messo in risalto anche la crisi personale che lo colpisce "sempre cchiù 'mmalincunutu, sempri cchiù acuta la sinsazioni d'aviri sbagliato ogni cosa della vita". Questa crisi nasce dal suo rapporto a distanza con Livia, ed anche l'aver conosciuto una gallerista Marian "beddra, auta, occhi granni, zigomi rilevati, capilli longhi e nìvuri come l'inca. A prima 'mprissioni, pariva na brasiliana. Anche Livia comunque vive un periodo turbato da un'angoscia continua ed assillante, che lei stessa non riesce a spiegare. Non riesce neanche ad alzarsi dal letto per andare a lavorare.
Le indagini di cui si occupa unitamente ai fedeli Mimì Augello e Fazio, sono una rapina a mano armata con violenza sessuale ai danni di una ragazza diciannovenne sposata, che sfocerà con un omicidio; un traffico d'armi da guerra, secretati in un casolare di campagna ad opera di ribelli tunisini opposti al regime del loro governo; ed infine un traffico d'opere d'arte trafugate.
Un romanzo articolato e molto complesso per come si dipanano le indagini, in cui Montalbano viene estromesso dalla Questura per quanto concerne quella sul traffico di armi. Ma lo stesso non demorde iniziando un'indagine parallela e sottobanco.
Il Maestro lascia sempre con il fiato in sospeso con molti colpi ad effetto. Indagini svolte minuziosamente senza lasciare nulla al caso, pesata ogni parola, ogni situazione, con descrizione di segnali corporei e stati d'animo delle persone coinvolte. E nei momenti di solitudine e lucidità che al Commissario vengono le idee su come districare la matassa, che coincidono quasi sempre dopo "una bella mangiata" con annessa passeggiata sul molo.
Il titolo del romanzo è una di quelle cose per cui io personalmente amo Camilleri e il suo stile enigmatico, originale, di come sa tessere le trame. Nulla è lasciato a caso. E quella stessa lama di luce che lega gli stati d'animo dei personaggi e che alla fine mi ha fatto commuovere lasciandomi l'amaro in bocca per la sua tragicità.
Dialoghi, descrizione dei personaggi e dei luoghi in rigoroso siciliano, a parer mio comprensibile a Tutti, ma dato che sono di parte, mi offro volontario in qualità di dizionario per qualsiasi traduzione e/o interpretazione per coloro i quali si cimenteranno nella lettura del romanzo.-
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La scure opprimente che oscilla fra Salvo e Livia
Avrei voluto iniziare dicendovi che questo romanzo è capitato 'per caso' nella libreria di casa mia, ma poi mi sono ricordato di Zafòn, della sua certezza che 'alla fine sono i libri a scegliere noi', e mi sono reso conto di quanto mi stessi sbagliando. Perchè non esiste il 'caso' quando si tratta delle nostre letture, e perchè avevo etichettato questo romanzo come un normale 'poliziesco', ed invece è stato molto di più.
Esaurisco questa premessa e passo al commento vero e proprio, confessandovi anzitutto che il 'primo impatto' non è stato dei migliori;
Nonostante le mie origini calabresi e la mia passione per i dialetti di un pò tutta Italia, inizialmente ho riscontrato notevoli difficoltà nella lettura di questo romanzo.
Camilleri scrive in dialetto siciliano, ma non sono tanto i termini specifici ad avermi ostacolato, bensì la costruzione delle proposizioni simile alla lingua latina - per la quale non nutro particolare simpatia -, dalla quale esso deriva.
Tuttavia, superati i primi capitoli 'di assestamento', sono riuscito sempre più a calarmi nello stile e nel linguaggio del romanzo, fino a scoprirne tutta la sua straordinarietà.
Se non si era già capito, è stata la prima volta che mi sono trovato a leggere un romanzo basato sulle avventure del Commissario Montalbano, e quindi non so se anche i capitoli precedenti siano stati strutturati alla medesima maniera, ma sicuramente posso dirvi che 'Una lama di luce' è ben diverso dagli altri romanzi gialli, perchè è articolato secondo due piani letterali tanto paralleli quanto reciprocamente dipendenti;
Il Commissario ha da risolvere due casi abbastanza spinosi, ma Camilleri vuole porre maggiore attenzione sul piano psicologico dei protagonisti. D di 'Repubblica' afferma giustamente come Montalbano sia 'vittima' de 'la crisi del diciottesimo anno', la quale crea qualche piccola crepa nella relazione fra lui stesso e la fidanzata Livia. Sarà proprio quest'ultima a subirne le peggiori conseguenze, portandosi dietro un alone di disagio e di malessere che influenzerà indirettamente anche l'intero intreccio del romanzo dalla prima all'ultima pagina.
Fino a quando, non entrerà in scena quella stessa 'lama di luce', già presente nel titolo del romanzo, che diraderà tutte le tenebre che circondano la vicenda ed i personaggi, lasciandoci in eredità un finale tagliente, drammatico e nondimeno enigmatico.
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Camilleri in grande spolvero!
Un Camilleri in grande spolvero che in questo romanzo si sofferma in particolare sul suo protagonista conducendo un'indagine psicologica del commissario, fino ad analizzare nel profondo il suo rapporto con Livia.
E' un Moltalbano più umano, più intimo, che riesce a risolvere i casi grazie a dei sogni premonitori.
Mi ha colpito molto, anche commosso, l'entrata in scena nel finale di un personaggio che credevamo scomparso e che ci fa capire l'importanza di Livia nella vita del commissario.
Non vi dico niente per non rovinarvi la sorpresa!
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Una lama di luce
Bellissimo, sicuramente uno dei più bei libri della serie. La descrizione dell' uomo risulta veritiera e commovente. Camilleri dona alla sua creatura Montalbano uno spessore e un' umanità fuori da ogni stereotipo. Il caso poliziesco è ben strutturato e fa da giusto contraltare alle elucubrazioni del nostro commissario sul suo rapporto con Livia.
Il coupe de teatre finale mi ha commosso fino alle lacrime.
Imperdibile per chi ama Montalbano.
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Verso il tramonto
Montalbano è stanco e si vede. Si fa ingabbiare dalla maliarda di turno alla ricerca della gioventù perduta, come un uomo qualsiasi, confermandosi anti-eroe per definizione. L'avventura con Marian fa da sfondo a questa doppia indagine, una legata a una storia di corna e un'altra al terrorismo internazionale; il finale drammatico rompe la bolla dell'incantesimo prodotta dall'infatuazione per la bella Marian restituendo al Commissario una prospettiva sulla sua vita e sui suoi affetti. Camilleri al top per quella che verosimilmente sarà una delle ultime avventure del nostro Salvo.
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Presagio e premonizione
In questo nuovo romanzo, ancora più evidente del solito è l'io interiore di Montalbano. Domina la scena, ripensa alle scelte del passato ed a come disegnano il presente e cerca di rispondere alle domande sulla correttezza delle decisioni intraprese, in primis, analizzando il rapporto con Livia.
Sono i presagi e le premonizioni, gli artefizi che Camilleri usa, per aiutare Montalbano a sciogliere tutti i nodi, sia personali (Livia o non Livia?!?) che professionali (tre casi felicemente risolti).
In conclusione, se il dialetto siciliano non spaventa, una Lama di Luce è un libro da leggere tutto di un fiato, perché ricco di personaggi dalle mille sfaccettature che evolvono come persone reali (invecchiano, crescono, imparano) in un ambiente ben descritto che non prende mai il sopravvento sulla trama.
Ottimo lavoro!
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Un Montalbano diverso
Ho deciso di leggere un altro libro di Camilleri che tratta le storie del Commissario Montalbano.
Devo ammettere che all’inizio non mi aveva molto entusiasmato, ma poi con il passare del tempo e delle pagine ho trovato il giusto “colpo di coda” che mi ha incoraggiata a proseguirlo e finirlo il prima possibile.
In questo libro troviamo tre storie, che scorrono su tre binari paralleli per poi sul finale congiungersi e terminare tutte assieme.
Montalbano dovrà trovare i colpevoli di: un’aggressione a mano armata con violenza carnale, traffico d’armi e commercio di opere d’arte rubate.
Il Commissario in quest’opera è pieno di sogni premonitori e si sente oppresso anche se non sa bene il perché.
Anche all’interno di questa storia troviamo una donna che riesce a fargli perdere la testa, si tratta di Mariam, una gallerista.
Mentre si legge questa nuova vicenda il lettore percepisce il senso di solitudine e i continui tormenti del Commissario anche se non si intuisce il perché di queste sensazioni.
Livia “la sentiamo” solo per telefono ed anche lei è stranamente oppressa, ma non si capisce bene da cosa e perché fino a quando non si arriva al finale.
Il libro è intriso di premonizioni, di sogni anticipatori e di strane sensazioni.
Lo stile è quello di sempre, scorrevole ed unico anche se scritto in dialetto siculo il lettore non avrà problemi di comprensione.
Un libro che ti coinvolge e sconvolge.
Buona lettura!
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MONTALBANO INVECCHIA E NON CI STANCA MAI
Da qualche tempo Camilleri riflette sulla vecchiaia e i suoi inghippi, sulle debolezze che gli anni portano con sè, così simili a quelle adolescenziali.
Con quest'ultimo libro, però, arriva a un bivio e dalla caduta nel buio della perdizione giungerà una grande svolta personale per il nostro Commissario Montalbano.
Dispiace dirlo, ma lo stile di Camilleri è dieci metri sopra il cielo rispetto a quello di altri giallisti come Marco Malvaldi che, pure anch'egli edito da Sellerio, ci svela troppo spesso l'artificio del pensiero e della scrittura.
Camilleri no: da anni ci intrattiene con i suoi personaggi di siciliana loquela, e da anni non ci annoia perchè quei personaggi sono reali, e riescono a seguire i cambiamenti dell'autore senza farcelo troppo notare.
E "Una lama di luce" ne è bellissima conferma.
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Un grande Camilleri
Un altro libro del commissario Montalbano che anche questa volta non delude i suoi lettori grazie a un misto di ironia, (dovuta alla presenza dei simpaticissimi colleghi Fazio e Augello e le saltuarie comparse del segretario Catarella) intrigo e passione.
In questo romanzo troviamo un Montalbano solo, lontano dalla sua metà, ma anche stanco della solita routine di coppia. Una routine che si spezzerà con la comparsa di una nuova fiamma che risveglierà l'orso che si nasconde nel "nostro" commissario.
Ma a mettere un certo movimento nel racconto, sono presenti 3 casi di cui Montalbano dovrà occuparsi con molta attenzione, una pensata rapina che sfocerà in un omicidio e un caso di commercio d' armi con la Tunisia in fase di ribellione e sovversione del govero.
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Da leggere d'un fiato
Camilleri e Montalbano non deludono mai. Stavolta i casi che coinvolgono il commissario sono tre, contemporanei ma indipendenti: una storia “vigatese” ricca di passioni e intrighi; una vicenda di traffico d’armi, nobilitata – se così si può dire – dall’obiettivo rivoluzionario in Tunisia e con un colpo di scena finale sconvolgente per Montalbano; uno “sbandamento” romantico del commissario, che gli permette di subodorare (con un ritardo notevole rispetto al lettore, non accecato come lui dalla passione) e poi di sventare un commercio illecito. Consueto mix di umorismo, avventura, introspezione, dramma, sentimento, che soddisfa pienamente. Da leggere d’un fiato.
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I rimorsi del commissario Montalbano
Il buon commissario Salvo Montalbano non arriva mai alla pensione ( Andrea Camilleri gli allunga la vita smisuratamente), ma i segni dell’incipiente vecchiaia arrivano, di romanzo in romanzo, sempre più puntuali. Non è che incidano più di tanto sull’attività investigativa, che, anzi, si affina di volta in volta, portandolo a risolvere con sagacia e formidabile intuito casi complicati come quello trattato nel romanzo in oggetto : un traffico illegale di armi, un atto di violenza sulla giovane moglie di un imprenditore, un assassinio di stampo mafioso (o forse no). Il nostro commissario , con l’aiuto dei soliti immancabili Fazio e Mimì Augello e gli interventi quasi surreali dell’altrettanto immancabile Catarella, si districa nella rete dei sospettati, indaga, interroga, si consulta con i collaboratori e infine risolve l’intricata matassa con il solito acume. Dove il nostro protagonista perde colpi è sul versante sentimentale : qui, più che in altri recenti romanzi, perde letteralmente la testa per un’affascinante gallerista, a sua volta di lui innamorata. La compagna di sempre, Livia, è quasi dimenticata, confinata nella lontana Liguria ad aspettare sempre rodendosi il fegato. Il commissario sembra non curarsene più, la fedeltà ed i buoni princìpi sembrano dimenticati, le telefonate sono più rade e fredde, finchè…..Non starò a rivelare il colpo di scena : dirò solo che è collegato ad un figlio adottivo di Salvo e Livia, un ventenne da tempo scomparso, che riappare alla fine del romanzo e che, risvegliando la coscienza ed i mai sopiti buoni sentimenti di Montalbano, lo indurrà, vinto dai rimorsi, ad abbandonare la sua fiamma del momento ed a partire immediatamente per Boccadasse ove lo attende la fedele Livia. Un romanzo che si svolge dunque su due piani : l’attività investigativa e quella sentimentale. Nella prima c’è il Montalbano di sempre, nella seconda l’età incipiente incide non poco sulla rettitudine morale del commissario che però, alla fine, si riscatta alla grande facendo trarre agli affezionatissimi lettori un gran sospiro di sollievo.
Vedremo nel prossimo romanzo se il riavvicinamento tra Salvo e Livia sarà duraturo : chissà se il grande Camilleri ha in mente un possibile matrimonio con trasferimento di Livia a Vigata. Si aprirebbero nuove e intriganti prospettive.
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E' un Montalbano
"E' un Montalbano"questa è la risposta che ho imparato a dare
ai miei clienti quando in arrivo in libreria c'è il nuovo romanzo
di Andrea Camilleri e i più accaniti lettori del commissario desiderano sapere se sia un testo dedicato a qualche avvenimeto storico, alla biografia
di qualche artista, vedi i testi editi da Skira, o un nuovo giallo che ha
per protagonista il mitico poliziotto. Senza niente togliere alla ormai
vastissima produzione di Camilleri, "un Montalbano" è sempre speciale.
Come quando si va in un'enoteca e ti servono il principe dei vini siciliani,il
Nero d'Avola,dal primo sorso ti sembra di assaporare quelle colline
arse dal sole africano che una leggera brezza che sale dal mare mitiga
rendendo l'uva che producono meravigliosa. Così Camilleri intreccia due casi come
la vite che noi in Campania maritiamo all pioppo, da una parte
c'è il caso di una giovane donna sposata con un vecchio gioielliere, rapinata
e forse stuprata,ma allora perchè raccontare farfantariate insieme alla sua migliore amica a Montalbano?, dall'altra parte c'è un rudere abbandonato dove il proprietario
trova porte e finestre ed addirittura una catena a sbarrargli l'ingresso
senza che lui sappia niente:che c'era nascosto fino a poco prima dell'arrivo dei poliziotti di Vigata?
Ci sono gli acini d'uva da spiluccare vale a dire: le gag con Catarella, con Augello e con Fazio, c'è lo stordimento del vino quello rosso come le labbra della bella Marian che finisce a letto con Montalbano, e Livia?
Non vi racconterò più nulla, è un Montalbano va servito a temperatura
ambiente anche sotto l'ombrellone.
di Luigi De Rosa
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Una lama di luce di Andrea Camilleri
Il 19° libro su Montalbano ricalca tutti gli altri romanzi imperniati sulle inchieste del commissario letterario più amato dagli Italiani. L’incipit che preannuncia una mattinata volubile e crapicciosa epperciò per contagio, macari il comportamento di Salvo sarebbe stato instabili. L’artificio onirico come presago di fatti imminenti che confondono il lettore e il protagonista stesso tra realtà e sogno. L’intrecciarsi di due storie parallele che poi si biforcano in due tronconi e alla fine si riuniscono come naturale epilogo della vicenda. In realtà la combinazione ha tre diramazioni: un commercio illegale di quadri, esportazione di opere d’arte rubate, un traffico d’armi di tre tunisini che rifugiati politici preparano un piano d’attacco nella loro patria dove è in corso la lotta di liberazione e una rapina con bacio rubato quanto mai singolare e misteriosa con conseguente morto ammazzato, direbbe Catarella. Venire a capo dell’intricata vicenda diventa un punto d’onore per Montalbano, colpi di genio, intuizioni, piste più o meno ortodosse contrassegnano la tattica investigativa. La conclusione delle indagini rimette tutto secondo un ordine prestabilito, ma un’amara e sofferente sorpresa si presenta a Salvo: la lama di luci che l’aviva pigliato nell’occhi…e prifiriva che l’urtimo contatto ristassi quella lama di luci che per una frazioni di secunno l’aviva ligati ‘nzemmula. E questo uno dei tanti momenti del romanzo in cui l’animo di Montalbano è sviscerato da Camilleri e le pieghe del dolore e del rimpianto scavano rivoli di lacrime segrete. Secondo un copione ben costruito il nostro autore sa miscelare toni umoristici, (grande Catarella quando storpia nomi, parole e suscita l’ilarità di chi legge) e toni anche melodrammatici, quando quel senso greve della solitudine assuglia il commissario, spesso, questo stato d’animo inquieto e pernicioso aleggia intorno alla sua persona e investe anche quelli che gli stanno attorno. Montalbano non è solo indagini poliziesche, anzi quelle si muovono con calma, senza ritmi di action movie, è anche e soprattutto riflessioni esistenziali, come quelle che rivolge al granchio di mare che lo aspetta al molo nei suoi quotidiani soliloqui, come quel male di vivere che crea tensione ed adesione al personaggio montalbaniano, c’è un senso riflesso del male del mondo che non si traduce in nichilismo, ma muove verso un umanismo pietoso o verso una giustizia umanitaria, mai vendicativa. Le figure femminili illuminano la scena come altrettante lame di luce: la sofisticata e pur carnale gallerista Marian, che offusca i sensi di Salvo, salvo poi alla fine respingerne gli assalti erotici: Livia è sempre al bivio che da sola voce telefonica, epperò impera nella mente di Montalbano e forse sradicarsi da lei è vana follia. (Noi sadicamente ci avevamo sperato, ma Camilleri questo sazio non ce lo concede). In questo frangente Livia è in preda ad un’angoscia opprimente, oscura, un peso insopportabile la cui causa lo avvincerà e lo terrà legato a lei. Loredana bellezza fresca e turbativa, Valeria gran fimmina, dotata di sangue freddo eccezionale, femme fatal che, come un pesce nella rete, cade nella trappola tesale dal commissario. Il linguaggio simbolico e cifrato con cui la mafia comunica e con cui Montalbano ricambia sono tutti segni del barcamenarsi entro strettoie convenzionali e codificate che rispecchiano equilibri malcelati e di cui spesso ci si serve, vedi Pasquale, il pregiudicato figlio di Adelina, per scopi necessari. Il fine giustifica i mezzi, qualche volta con una certa disinvoltura Montalbano bypassa le rette direzionali della giustizia perché le vie della verità non sono mai unilaterali. Il Montalbano di Una lama di luce è goffo, impacciato in campo sentimentale, stenta a discernere l’attrazione dal sentimento amoroso, con le donne, tutto il contrario di Mimì, non ha tattiche né strategie, a volte, è disarmante e disarmato e si lascia cogliere alla sprovvista; nei sentimenti è fragile e quasi spaventato. Quanto invece il suo civireddro funziona nel mettere in campo fini stratagemmi e nel concatenare i fatti che si presentano!
In questo libro, c’è tutto il Montalbano che ci piace con le sue ubbie, le sue contraddizioni, gli inafferrabili umori così neri e protervi. Un misantropo dal cuore d’oro, un personaggio di carta, certo, ma così ormai familiare da sentirlo vivere tra le pagine. Incommensurabile Camilleri, con quale padronanza linguistica e misurata ironia il suo estro narrativo ci convince e ci avvince.
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