La regola dell'equilibrio
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Sapore di casa...
Forse non dovrei più scrivere i commenti ai libri di Carofiglio.
Perché alla fine per me non è più importante la storia che mi racconta, lui mi fa stare bene a prescindere...è il mio porto sicuro, è consolazione, è il rassicurante odore di qualcosa di familiare.
Nei suoi libri mi sento comoda come nella vecchia tuta che uso in casa.
So già che troverò determinate cose, e sono ben felice di trovarle: Bari e le sue strade di notte, i suoi quartieri, un sacco da boxe appeso in salotto, citazioni letterarie, riferimenti musicali...
E poi l'avvocato Guido Guerrieri è un mio vecchio amore letterario, di volta in volta lo ritrovo sempre più maturo, più stropicciato dalla vita, con quella sua vena ironica e un po' malinconica che lo rende maledettamente affascinante.
Un uomo pieno di dubbi, un uomo che si è scottato tante volte e adesso preferisce stare sempre un passo indietro.
Cauto, riflessivo...ma ancora vivo, pieno d'amore e d'energia.
Sempre in perfetto equilibrio tra tecnicismo e sentimento, sottilmente ironico, elegante...Carofiglio è, per me, una garanzia: so di trovare in lui pensieri che mi appartengono, questioni etiche e morali che portano a riflettere senza appesantire.
Carofiglio parla di ciò che sa, di quello che conosce bene...la giurisprudenza, ma lo fa in un modo così bello, così naturale, da coinvolgere anche chi, come me, dell'universo giudiziario non sa niente di niente.
Ma lui conosce bene anche un'altra cosa...le parole: sa dare loro il giusto significato, il giusto peso, sa usarle, collocarle esattamente al loro posto.
E questo sapiente uso delle parole ti accompagna dolcemente verso ragionamenti, concetti, idee...ideali, che poi sono i veri protagonisti dei suoi libri.
L'eterno duello fra giusto e ingiusto...
Alla fine la regola dell'equilibrio, quello "morale", risiede unicamente nella percezione dei propri errori, della propria fallibilità: riconoscere di sbagliare, cadere e rialzarsi, o comunque cadere...e sapere di trovarsi a terra, averne la consapevolezza.
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Dei giudici e degli avvocati
Tutte le professioni devono fare i conti con delle regole morali. Dal medico all’architetto, tutti devono attenersi ad un codice di comportamento. È la deontologia, che salvaguarda ad un tempo il professionista ma soprattutto coloro che del suo operato subiranno le conseguenze. E ciò è tanto più vero per quelle professioni particolarmente sensibili come quelle forensi. Il potere di decidere della libertà di un uomo o l’opportunità di difendere il colpevole di un delitto riprovevole sollevano una nebbia di problematiche e interrogativi nella quale sarebbe impossibile orientarsi senza i fari del codice deontologico. Tuttavia anche questi fari possono fare poca luce se ad essere messo in discussione è lo stesso sistema che ha prodotto quelle regole.
Quando un affermato giudice si rivolge all’avvocato Guido Guerrieri per essere difeso dall’accusa di corruzione in atti giudiziari ecco che il sistema comincia a scricchiolare. I dubbi che un incarico del genere produce sono molti. Guerrieri non è uno che giudica i suoi potenziali clienti, assume la loro difesa applicando le regole del gioco; solo per gli stupratori fa un’eccezione, perché quel genere di reati gli provoca un “eccesso di disagio” che non gli permetterebbe di garantire una difesa adeguata. Ma con un giudice le cose stanno diversamente; egli deve per forza essere innocente, perché «un giudice corrotto, non la sua esistenza, ma il fatto che sia tuo cliente, che il suo destino dipenda in parte da te – fa saltare il sistema, l’impalcatura, l’intero palcoscenico su cui finora hai interpretato il tuo personaggio». È in questo stare in bilico tra il dettame della deontologia e la morale personale che si dipana il dilemma di Guerrieri.
Di delitti efferati o crimini mafiosi in questo romanzo non ce ne sono. È un viaggio nell’universo del processo penale, fin nei suoi angoli più nascosti. Carofiglio introduce il lettore nelle aule di giustizia, suggerendogli le tracce di una decadenza che fa traballare il meccanismo della più sacra delle istituzioni. È pur vero, però, che a raccontare tutto è lo stesso Guerrieri, un uomo in piena crisi di mezza età, molto propenso a mettere in discussione tutto ciò che lo circonda faticando a trovare nuovi riferimenti.
Lo stile di Carofiglio fa scorrere velocemente le pagine, sulle quali si sviluppa una vicenda accattivante benché priva di azione. Un po’ di movimento è dato dalle vicende collaterali, dalle parentesi – talvolta divertenti - con Annapaola, l’investigatrice che collabora con Guerrieri. Forse lasciano appena un poco perplessi alcuni riferimenti gastronomici o le ricorrenti citazioni letterarie e cinematografiche, che ad occhi malevoli potrebbero apparire vagamente radical-chic.
A parte ciò un romanzo certamente piacevole, consigliato a che si lascia appassionare dall’universo giudiziario e dalle figure che lo abitano.
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Un difficile equilibrio tra etica e regole
Nel quinto “legal triller” di Carofiglio con protagonista l’avvocato Guido Guerrieri, la parte dedicata agli aspetti giudiziari è nettamente predominante sulla parte investigativa. Non vi sono omicidi su cui indagare né episodi di criminalità organizzata da affrontare, ma la trama è completamente interna all'ambiente giudiziario, alle sue procedure, agli atteggiamenti di una casta alla quale Carofiglio toglie ogni manto di sacrale rispetto, presentandone senza remore debolezze, volgarità ed anche la parte ignobile. Comportamenti forse inevitabili in un consorzio umano, dominato dall'avidità, ma troppo spesso accuratamente celati all'immagine pubblica perché non si perda la speranza nella Giustizia terrena.
Un libro che può non essere gradito a chi preferisce trame d’azione o la dimostrazione della capacità deduttiva del personaggio centrale; l’ampio spazio dedicato ai passaggi giudiziari, alle sottigliezze procedurali può risultare gravoso per la lettura. Tuttavia questo romanzo ci porta in quel mondo giudiziario che i non addetti ai lavori guardano con diffidenza o quanto meno con distacco, anche se richiederebbe più attenzione dato il suo ruolo centrale per la corretta convivenza sociale. Un mondo che Carofiglio conosce molto bene, con un’esperienza professionale preziosa per poterci mostrare quanto sia complesso il percorso per la ricerca di una giustizia non solo formale e quanto sia difficile garantire la ricerca di un punto di sintesi, di equilibrio nel rispetto rigoroso delle regole processuali da parte di tutti gli attori: avvocati, inquirenti e giudici. Il capitolo con l’intervento oratorio tenuto dal giudice Larocca alla scuola forense sul tema “Etica e ruoli nel processo penale” è una brillante sintesi di tali regole e dei principi etici il cui rispetto è essenziale per avvicinarsi alla garanzia di una giustizia sostanziale. Mi chiedo però: se il Carofiglio ex magistrato si identifica, come può sembrare al lettore, nell'avvocato Guerrieri e nel suo rigoroso codice deontologico, il Guerrieri che applaude una relazione che esprime il “Carofiglio pensiero” non è un atto narcisistico?
La figura di Guido Guerrieri riconferma le caratteristiche del personaggio già descritte nei romanzi precedenti: un avvocato che svolge con rigore il proprio ruolo, cercando di evitare contaminazioni con assistiti e con reati non compatibili con una deontologia che talvolta risulta difficile coniugare con le esigenze di bilancio dello studio professionale. Un rigore che sarà messo alla prova con la richiesta di assistenza di un giudice sottoposto ad indagine perché accusato di corruzione, in una vicenda che richiederà doti di equilibrismo per essere risolta nel rispetto delle regole.
Al di fuori della professione un’esistenza solitaria, in cui trova il conforto di Mr. Sacco, su cui può scaricare le proprie tensioni, della vecchia amicizia con il poliziotto Tancredi e di quella più recente con Annapaola Doria, investigatrice: due figure che saranno preziose per districarsi nella soluzione del nuovo caso.
Lo stile è sempre impeccabile, la narrazione ha spesso digressioni per incontri occasionali, piacevoli o rudi, spunti gastronomici, ritorni al passato, malinconie esistenziali, ironiche riflessioni su temi vari ( gustose quelle sul gergo legale, spesso orribile, da usare comunque per essere riconosciuti come membri di una corporazione), con citazioni che vanno da Hanna Arendt a Linus. Tutti spunti che sono utili per rendere più scorrevole la lettura e per aprire delle parentesi nella parte cospicua dedicata a dibattiti giudiziari, vischiosità procedurali, tattiche legali.
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Non è mai tardi x essere chi saresti potuto essere
Ritrovo Carmelo Tancredi, vecchia e simpatica conoscenza, e mi sento già a casa, da amici di cui non ho notizie da un po’, ma che sono rimasti fermi nel mio cuore.
Faccio amicizia con Consuelo Favia, avvocato socio dello studio Guerrieri “uno dei pochi penalisti da cui accetterei di farmi difendere.”
Scrittura sempre invitante alla lettura grazie al suo inconfondibile stile, dove i momenti di cronaca e racconto sono alternati a momenti di ironia e forte simpatia.
Pur tuttavia questo Carofiglio lo trovo più superficiale, come di passaggio tra ciò che ha già detto e ciò che vuole ancora raccontarci.
Ci fa riflettere sulle giustificazioni che ciascuno da’ del proprio operato. Interessante capire il modo in cui l’avvocato le smonta una ad una.
Il tema sono le dichiarazioni che un pentito ha reso ai magistrati dell’antimafia di Bari, dichiarazioni accusatorie a carico del Giudice Larocca, presidente del tribunale della libertà. Il reato è corruzione in atti giudiziari: avrebbe preso soldi in cambio di provvedimenti favorevoli per scarcerazioni.
Questa volta Guerrieri non sa che fare, è combattuto, non sa se sia davvero giusto assumere la difesa dell’amico magistrato.
La soluzione dell’intricato caso alla fine non è solo giuridica, in gioco c’è sempre anche il nostro Guido, i suoi sentimenti e le sue convinzioni, le sue perplessità e i suoi numerosi dubbi. Una passeggiata in bici in una fredda e ventosa giornata può aiutarlo a diventare più consapevole.
Ed entra in gioco l’etica.
“La mia storpiatura preferita era quella di chi, preso dall’ansia della situazione, si faceva ripetere la formula e poi giurava che avrebbe detto tutt’altro che la verità.”
Accanto ai fatti pratici da capire e risolvere c'è l'aspetto umano, le relazioni sociali e non solo.
Le nuove amicizie, i nuovi...problemi?...“Stavi facendo jogging o sentirmi ti turba molto?”
E poi le estemporanee simpaticissime battute che tanto mi fanno ridere. "Era convinta che fare stupide imprudenze in preda agli effetti della cannabis e ridere soddisfatta mentre io la pregavo di smetterla fosse un’efficace tecnica di seduzione. Com’era inevitabile finimmo in una scarpata. Per fortuna nessuno dei due si fece troppo male, ma la moto andò distrutta."
E poi c'è la poesia...Nello studio c’è un manifesto che ritrae due bimbi palestinesi seduti per terra tra le macerie con una frase di Bertolt Brecht che recita: “Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.”
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Toga, sacco e pasticciotti
Legal thriller anzi giallo giudiziario. Apparentemente sono la stessa cosa ma oggi voglio concedermi un briciolo di campanilismo. E' sempre bello leggere un romanzo di un autore italiano. I luoghi, le sensazioni i paradossi all'italiana sono molto più vicini a me rispetto ad un romanzo straniero, anche se pur valido.
Quando il romanzo è scritto da Gianrico Carofiglio allora le sensazioni si moltiplicano. Chi mi conosce sa che sono di parte perché anch'io, come lui, sono Pugliese. Sarà che nel leggere ho sentito il profumo dei pasticciotti, sarà che adoro il primitivo - e non dovrei farne un vanto - , ma sono stato rapito e catapultato nella storia sin dalla prima pagina.
Il romanzo è breve ma ben strutturato. Per nulla prolisso arriva man mano alla conclusione nel punto in cui ci si aspetta, senza quindi allungarlo inutilmente, mantenendo sempre la giusta attenzione e in diversi punti un briciolo di tensione. E' abbastanza tecnico dato l'argomento ma ad ogni modo resta del tutto comprensibile poiché, per bocca del personaggio Guerrieri, ogni tecnicismo è spiegato molto bene anche per i non addetti ai lavori.
Il romanzo fa riflettere molto dal punto di vista etico e morale specie nel finale che lascia l'amaro in bocca. Non poteva finire diversamente, stiamo pur sempre in Italia.
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Deontologia umana
La rettitudine dovrebbe essere di casa ai piani alti della società. La giustizia è un meccanismo difettoso, si inceppa e funziona a strappi, nonostante i restauri e i cambi strategici, il difetto di produzione è così subdolo e saldo da risultare irrisolvibile. La corruzione è radicata e diffusa anche tra la casta dei giusti. Il soggetto intrappolato tra gli ingranaggi ripone la sua fiducia nei Giudici, è dalla loro bocca che escono i verdetti finali, sono le loro mani che impugnano l’assoluzione o la condanna.
L’avvocato Guido Guerrieri lo sa bene, una vita spesa nelle aule dei Tribunali, tra vincite e sconfitte. Un nuovo caso penale lo terrà occupato, lo butterà nel baratro, lo obbligherà a interrogarsi sulla coscienza, sulla moralità, sul significato della parola giustizia.
Un Guerrieri nostalgico, in preda ad una velata crisi di mezza età, impegnato in una lotta interiore estenuante con la bilancia della giustizia. Il disprezzo verso la professione e verso l’ambiente che lo circonda lo rendono triste e disilluso. Ci sono nel corso della narrazione battute d’arresto, l’avvocato si perde tra i ricordi, tra rimpianti e rimorsi, gli anni passano e anche l’entusiasmo iniziale.
Vi è molto di diritto penale e di deontologia forense/umana, Carofiglio ci catapulta nelle aule della facoltà di giurisprudenza, non serve prende diligentemente appunti perché il professore è in gamba e spiega nei dettagli, forse non a tutti potrebbe attrarre particolarmente la materia trattata. Il caso specifico, di per sé, non è tra i più interessanti.
Concludendo, consiglio la lettura di questo romanzo a chi si è affezionato all’avv. Guerrieri nelle precedenti puntate.
“Il gergo dei giuristi è la lingua straniera che imparano – che impariamo – sin dall’università per essere ammessi nella corporazione. È una lingua tanto più apprezzata quanto più è capace di escludere i non addetti ai lavori dalla comprensione di quello che avviene nelle aule di giustizia e di quello che si scrive negli atti giudiziari. Una lingua sacerdotale e stracciona al tempo stesso, in cui formule misteriose e ridicole si accompagnano a violazioni sistematiche della grammatica e della sintassi.”
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La coscienza dell'Avvocato
Sarà il fatto che svolgo la professione di avvocato, o forse il fatto di essere in ambito amoroso "sfigato" come il protagonista, oppure perchè è descritto nella sua umanità più intima o, ancora, perchè semplicemente l'Avvocato Guerrieri è uno di noi...ma ogni volta che mi accingo a leggere una storia con lui protagonista entro in perfetta empatia con la storia al punto da sentirmi parte della stessa.... Proprio come se un amico, che fa la stessa mia professione, si raccontasse nel suo lato più fragile e debole. I romanzi dell'Avvocato Guerrieri non sono mai stati basati principalmente sull'aspetto investigativo/giudiziario, a favore di una narrazione più introspettiva... In questo capolavoro, in verità, l'introspezione prende quasi del tutto il sopravento sul lato giudiziario. Tuttavia il lato processuale, laddove presente, non manca di sottili strategie difensive che possono essere apprezzate da chi - come me - ha nozioni di procedura penale. Come già accennato, però, quello che più inchioda il lettore fino all'ultima pagina è leggere 'cosa passa per la testa' dell'avvocato che, come sempre, si racconta in prima persona. Ed allora verrete a conoscenza dei suoi monologhi, delle sue paure, delle sue malinconie, dei suoi dilemmi e soprattutto del suo dibattito morale sul sistema chiamato "giustizia". Non voglio anticipare altro: è un romanzo che non va letto, ma vissuto insieme al protagonista! Lo stile narrativo è lo stesso di sempre: frasi brevi dal ritmo sincopato, un linguaggio semplice (non semplicistico) ma molto curato, infarcito di dotte citazioni riprese da vari autori... Leggetelo e rileggetelo senza alcuna riserva!!!!
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il punto di equilibrio tra verità e menzogna
Ok adoro Carofiglio! Ma si era già capito!
Come ho iniziato a leggere questo libro, mi sono sentita subito a disagio, spaesata: di botto si entra in un mondo, che se non si è legali o delinquenti, poco si conosce, e ancor meno se ne conosce il linguaggio, giuridico. E ci vuole qualche pagina perchè ci si cominci ad orientare. Infatti qui Carofiglio, oltre alla sua maestria di scrittore,unisce anche quella di magistrato: è il suo mondo, e lui si muove con sicurezza, senza passi falsi!
Superato questo piccolo ostacolo, se così lo vogliamo chiamare, il libro ti trascina pagina dopo pagina in una serie di riflessioni, sulla vita, sulla verità sulla menzogna, sulla giustizia e sull'etica.
Qual è quella sottile linea che separa la morale dell'uomo da quella dell'avvocato? Anche i colpevoli hanno diritto ad essere difesi, ma dov'è il limite che l'uomo o l'avvocato non può valicare, senza mettere in crisi la propria etica?
La trama pur ben congegnata, secondo me, è solo una scusa per parlare di quello che gli sta a cuore: la giustizia e la verità, che non viaggiano quasi mai di pari passo, purtroppo, come invece dovrebbero, specialmente in quelle aule di tribunale, nelle quali queste due profonde parole vengono invece sempre ostentate!
La consapevolezza che la verità viene risucchiata dal sistema giudiziario corrotto, mettono in crisi la moralità dell'uomo e dell'avvocato. Il dialogo interiore del Guerrieri in bicicletta è un colpo di genio, dove le sue riflessioni, mettono in discussione tutto il sitema giudiziario, nessuno escluso.
" Il potere – ogni forma di potere – è una cosa accettabile solo se è trasparente, pulito, se è esercitato in modo uguale per tutti"
Pura illusione!
E la regola dell'equilibrio? è un punto preciso tra verità e menzogna, un limite che non si può oltrepassare! Se non a costo di perdere se stessi!
" Pensare di dovere – e di potere – dire sempre la verità è un’allucinazione da dementi. In parte hai ragione. Mentire al prossimo spesso è etico, e sano, e sovente l’eccesso di sincerità nasconde – o esibisce? – le peggiori intenzioni. Mentire a sé stessi, però, è tutta un’altra cosa. Può capitare, a volte è necessario per sopravvivere, però se diventa una regola è solo un modo per divorziare dalla realtà, per proteggersi dal mondo, per non farsi raggiungere. Ma tanto il mondo e la realtà prima o poi ti raggiungono."
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Il sottile confine tra moralità ed immoralità.
Guido Guerrieri, quarantottenne avvocato penalista di Bari, ha da poche ore concluso un soddisfacente controesame in materia di reati sessuali quando viene contattato dal Dott. Pierluigi Larocca.
E se già la telefonata era riuscita a cogliere di sorpresa il noto legale, la richiesta dell’uomo laureato in legge a soli 22 anni e divenuto magistrato a 24 di incontrarlo presso il suo studio con la massima urgenza, riservatezza e discrezione, lo lascia letteralmente basito. Non è cosa di tutti i giorni che un magistrato, seppur tuo coetaneo ex compagno di studi – ma nulla più di un conoscente – , ti domandi di essere ricevuto nel tuo ufficio per poi travolgerti con notizie tanto personali quanto incriminanti e giungere infine a conferirti l’incarico per la sua difesa. Inizia così quest’ultimo lavoro di Gianrico Carofiglio, il Dott. Larocca è penalmente perseguito per i reati di cui agli artt. 319, 319 ter cp, accuse di corruzione estremamente gravi per un funzionario del suo calibro al comando della sezione del riesame, illazioni che potrebbero non solo precludergli ogni possibilità di essere eletto presidente del Tribunale ma anche marchiare irrimediabilmente la sua brillante carriera.
Le indagini dell’avvocato Guerrieri prendono campo con la preparazione di una difesa solida capace di reggere (e spiazzare l’agguerrito PM di turno) al controesame del collaboratore di giustizia Capodacqua, mafioso pentito autore delle dichiarazioni incriminanti Larocca. In tal senso fondamentale è l’aiuto offerto da Annapaola Doria, ex giornalista ad oggi investigatrice privata, capace di fiutare una traccia a chilometri di distanza e di seguirla come un segugio. Riuscirà Guido a sbrigliare la matassa? Sarà in grado di mantenere la sua lucidità nonché integrità anche quando i confini con l’immorale saranno sottilissimi e pronti a rompere le barriere di un uomo da sempre dedito alla giustizia e dalla integra rettitudine?
Guido Guerrieri è un personaggio che si distingue per professionalità e eticità. E’ costruito con grande maestria e le sue caratteristiche lo rendono una personalità affascinante e carismatica. Il lettore, sia che conosca sia che si trovi al primo incontro, con questo legale ne resta immediatamente incantato calandosi senza difficoltà nei suoi panni. Vive come se fossero sue le problematicità intellettuali da questo incontrate, si associa ai suoi ragionamenti, condivide il suo fastidio dinanzi comportamenti moralmente discutibili e si ritrova a porre in essere le sue stesse riflessioni. La caratteristica principale di questo componimento non è tanto l’aspetto giuridico chiaramente presente nel testo ed esaustivamente argomentato (si presta sia alla lettura degli addetti ai lavori che ai non per questo profilo) bensì quello interiore. Il concetto di moralità è il perno dello scritto, fulcro a cui si affianca la sfera affettiva, la riscoperta della magia dell’amore.
In questo capitolo ci troviamo dinanzi ad un Guido maturo e riflessivo, un individuo che vive il presente con la consapevolezza del passato e del futuro, a tratti malinconico ma sempre rigorosamente autoironico. Di gran piacere sono i dialoghi con il proprio io, con Mr. Sacco, con Ignazio nonché le citazioni appropriatamente riportate. Una perla di rara bellezza è il capitolo dedicato alla Giustizia di cui vi riporto un brevissimo incipit su cui – a mio modesto giudizio – tutti dovremmo interrogarci: « Su quale terreno si collocano queste due possibili, problematiche sfere di liceità etica? Su quale terreno si colloca l’unica idea di giustizia che possiamo condividere senza essere influenzati dalla diversità dei nostri punti di vista morali? ». O ancora, sempre su quest’ultimo tema, la nota citazione di Hannah Arendt asserente che « l’azione morale nasce dal dialogo interiore, e proprio l’assenza, l’incapacità di questo dialogo trasforma le persone banali in agenti del male».
Appare dunque di tutta evidenza come l’autore voglia far riflettere il lettore su quella che è la regola dell’equilibrio; e cioè il cadere, il rialzarsi nella consapevolezza della propria responsabilità morale. Per Carofiglio, e qui mi limito a riportare un pensiero da questo espresso durante una delle tante presentazioni del romanzo, la morale è “la percezione dolorosa del fatto che le regole verranno violate, che tutti sbagliamo e sbaglieremo”. E preso atto di questo, al singolo la libertà di scelta, la riflessione.
L'illusione ottica della giustizia
Le sue sono sempre storie di un certo spessore, gravitano attorno al tema della giustizia, che è il mondo che l’autore conosce meglio ed anche in questo libro emerge prepotentemente l’amore che Carofiglio ha per il mondo dei tribunali. Al di là della storia in sé, che vede protagonista l’avvocato Guerrieri in una vicenda comunque complicata, che però io ho vissuto sempre in secondo piano, è l’ambientazione che colpisce ed il linguaggio, nonché gli spunti di riflessione che scaturiscono dalla lettura. In particolare ho molto apprezzato la parte in cui viene spiegato, come se fosse una lezione universitaria vera e propria, il punto di compatibilità etica della professione di avvocato penalista e quello del lavoro del giudice, i conflitti di coscienza cui possono andare incontro nell’esercizio quotidiano della loro professione. Sono domande che mi sono spesso posta ed in queste pagine ho trovato un punto di vista di una persona che vive questo mondo dal di dentro. Perché se è vero che un giudice dispone della libertà delle persone, è anche vero che l’unico modo per fare giustizia è il rispetto delle regole di procedura del sistema legislativo. Punto di vista estremamente interessante e molto ben spiegato, anche con tutte le sfumature di liceità etica che sono caratteristiche delle figure professionali che ruotano attorno ad un tribunale. La lettura va affrontata con tranquillità, perché più che in altri suoi libri, in questo il linguaggio utilizzato è molto tecnico ed il gergo dei giuristi si può tranquillamente equiparare ad una lingua straniera.
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Corruzione a Palazzo di Giustizia
Dopo “Le perfezioni provvisorie”, ecco di nuovo in questo romanzo ( zeppo di riferimenti processuali talora di ardua comprensione per i non addetti ai lavori) il personaggio più amato da Gianrico Carofiglio, l’avvocato Guerrieri. Non so quanto di autobiografico ci sia nelle vicende narrate, ma l’analisi del protagonista proposta dall’Autore è minuziosa, profonda . La narrazione divaga spesso dalla vicenda professionale indugiando sulla vita privata del protagonista : momenti di nostalgia della passata gioventù, ricordi degli studi di giurisprudenza, commoventi rievocazione dei genitori da anni scomparsi. L’avvocato, in cui il fantasma ormai debellato di una grave malattia ha lasciato nell’anima dubbi e incertezze, vive nella quotidiana attività professionale esperienze difficili che sottolineano quanto siano irte di dubbi le decisioni da prendere, sempre oscillanti tra l’osservanza ineludibile della legge e l’applicazione di criteri di un più accettabile buon senso. E quando gli capita il caso di un giudice, suo amico, che gli chiede di difenderlo da un’infamante accusa di corruzione, l’avvocato Guerrieri accetta di buon grado, confidando nell’assoluta innocenza del collega. Ecco però emergere un’altra verità, scoperta da una singolare e intrigante investigatrice, Annapaola Doria : il giudice non è così adamantino come sembra, accetta disinvoltamente regali compromettenti, giustificando per di più tale comportamento che, a suo dire, non danneggia sostanzialmente l’iter della giustizia. L’etica professionale dell’avvocato Guerrieri prevale, mettendo a dura prova un equilibrio sempre precario tra attività professionale e un senso innato e profondo dei principi morali. Un giudice non deve essere corruttibile : Guerrieri rinuncia all’incarico di difensore, il giudice lo insulta volgarmente e minaccia vendetta. Mi è molto caro questo personaggio creato da Gianrico Carofiglio : è un uomo profondamente buono e onesto, amante della letteratura e della buona musica, un uomo che cerca, dilaniato da dubbi, una collocazione in un mondo, quello delle aule di tribunale, dei giudici e degli avvocati, in cui spesso emergono interessi personali, favoritismi, manovre sottobanco. Solo la bella e misteriosa Annapaola saprà forse comprenderlo, cercando di alleviare con la sua amicizia le amarezze di una vita professionale piena di ostacoli e perplessità.
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