Il senso del dolore. L’inverno del commissario Ricciardi
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Il pagliaccio furente
Il commissario Ricciardi è un altro personaggio d’eccellenza di questo autore, che con questo libro inaugura una serie di noir italiani sicuramente di notevole pregio letterario. La vicenda si svolge a Napoli ed in particolare al Teatro San Carlo, nel mondo della lirica, ma anche nel mondo della Napoli ferita, dove le persone si barcamenano fra mille difficoltà economiche. La fame e l’amore sono i due principali moventi di questo delitto ed in questa vicenda in un qualche modo si fondono, perché ogni delitto è comunque la faccia oscura di un sentimento. Il commissario è un personaggio particolare, un’anima tormentata, un uomo apparentemente freddo ed inespressivo, che ha il dono e nello stesso tempo la dannazione di vedere i morti di morte violenta nei loro ultimi istanti di vita, li sente, percepisce i loro sentimenti ed il loro non detto e questo si rivela essere per lui un tormento in vita, perché la percezione quotidiana del dolore è per lui una vera dannazione. Eccellenti sono le sue doti investigative, perché crea uno schema, una geografia delle emozioni che incontra, non le rielabora, per non falsarle, le riascolta, le concatena. Con questo libro si apre una serie, di cui non voglio mancare alcuna puntata.
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Io vedo il dolore
Forse sono una delle poche che ha fatto il “percorso” inverso..infatti, ho conosciuto De Giovanni con la nuova serie “I Guardiani” e poi incuriosita dal suo stile, sono andata alla “caccia” del Commissario Ricciardi.
Siamo a Napoli durante il periodo fascista e quando molti cercano di dimostrare che “Nulla per la gente, soprattutto nulla per la stampa: la città fascista è pulita e sana, non conosce brutture. L'immagine del regime è granitica, il cittadino non deve avere nulla da temere; noi siamo i custodi della sicurezza”, c'è un uomo che invece vuole vederci chiaro e arrivare alla verità anche se questo può far storcere molti nasi.
Il caso che Ricciardi si trova fa le mani è molto importante, riguarda l'assassinio del famoso tenore Vezzi, un uomo stimato da Mussolini ma odiato da tantissimi altri. Come sempre il Commissario per risolvere il caso segue la sua prassi: “le sue indagini non avevano requie: una volta cominciate, finivano solo con la soluzione del caso. Né notte, né giorno, e neppure domenica, fino a quando il colpevole non era in galera. Come se, ogni volta, la vittima fosse un suo parente; come se l'avesse conosciuta personalmente”.
De Giovanni ha creato un personaggio davvero originale, un uomo che pur essendo nobile e ricco mette la sua vita al servizio della giustizia, con un carattere singolare, che pur essendo scorbutico ed evasivo, entra subito nelle simpatie del lettore, o almeno nella mie, soprattutto con i suoi “dialoghi” con Enrica e la tata e il suo amore per le sfogliatelle. Anche il suo vice e il medico legale Modo sono due personaggi davvero interessanti che fa piacere incontrare nella lettura.
Ho trovato un De Giovanni ovviamente più acerbo rispetto alla nuova serie (i dieci anni l'hanno fatto maturare) però ho ritrovato la sua passione anche qui per il soprannaturale. Nella nuova serie lo usa con troppa abbondanza, qui invece mi ha fatto un po' rivivere il film “Il sesto senso”:
“Io vedo il dolore. Vedo il rimpianto, la sofferenza. Sento l'eco dell'amore che scompare, gli artigli che si spezzano nell'ansia di trattenere l'ultimo lembo della vita che se ne va. Sento l'urlo che accompagna la caduta nell'abisso. Quello che sento è l'ultimo pezzo della vita, non il primo della morte. Dovresti saperlo”.
Un'ultima cosa, ho letto la versione Einaudi che include anche “Incontro con Ricciardi”, un bellissimo scambio di battute fra il protagonista e l'autore, davvero imperdibile.
Mi dedicherò anche agli altri libri della serie.
Buona lettura!
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Dolore
Due occhi verdissimi, quasi trasparenti, malinconici e impenetrabili. Due occhi speciali, capaci di vedere qualcosa impossibile da captare attraverso retina e cristallino, qualcosa di percepibile solo nell’anima. La morte, feroce e violenta, non cancella tutto ma lascia una scia persistente di emozioni che si aggrappano con le unghie agli ultimi lembi di esistenza. Sofferenza, rabbia, sorpresa, odio. Persino amore.
Il Commissario Ricciardi ha la capacità di vedere gli ultimi istanti di vita delle vittime, di coglierne i sentimenti, di ascoltarne le ultime parole. È il suo dono, ciò che gli consente di indagare seguendo piste non convenzionali, fiutando la traccia delle passioni umane. Ma è anche la sua condanna, una cicatrice sull’anima. Perché non è facile vivere quando il dolore ti logora il presente e ti ruba la speranza, ogni giorno. Tutto ciò che ti rimane è una solitaria, silenziosa, ostinata ricerca dei colpevoli e delle loro ragioni. E un amore solo sognato, di dolci sguardi malinconici e palpebre timidamente abbassate, dietro il vetro di una finestra.
“Il dolore viene dopo le piaghe e i lamenti e ammorba l’aria che respiri. Lascia un tanfo dolciastro che ti rimane nel naso. La putrefazione dell'anima”.
È una sera d’inverno quella in cui Ricciardi entra per la prima volta al Teatro San Carlo, nel camerino del grande tenore Arnaldo Vezzi. Lì c’è il corpo esanime dell’artista. Il volto truccato da pagliaccio, pronto per la rappresentazione, e la gola squarciata da un frammento di specchio. Ma per Ricciardi c’è anche il tenore ancora in piedi, con la mano protesa in una posa di scena e la voce melodiosa a cantare un’ultima aria “Io sangue voglio, all’ira mi abbandono, in odio tutto l’amor mio finì...”. Sta al commissario ora indagare per scoprire il significato racchiuso in queste ultime gocce di vita.
Con una penna fluente e vivace, Maurizio De Giovanni ci regala un romanzo davvero intenso e coinvolgente, la cui bellezza, come spesso accade, non sta tanto nella trama investigativa quanto nelle atmosfere e nei personaggi descritti. Nelle affascinanti fotografie color seppia di una Napoli degli Anni Trenta, illuminata da una luce soffusa e sferzata da un gelido vento. Nelle passioni e nei segreti di un’umanità complessa, tra le cui pieghe ricercare instancabilmente un senso al dolore. Negli occhi, profondi e intelligenti, di un uomo solitario e misterioso, eroe e vittima della propria sensibilità.
Una nota. Il punto in meno alla piacevolezza è dovuto al finale, per gusto personale.
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Nel vento e nel mare
Come spesso mi capita, arrivo a scoprire un autore di successo soltanto anni dopo il picco massimo di diffusione e popolarità di cui ha goduto.
Preferisco prendermi il mio tempo, cercare di essere il meno influenzato possibile, vedere se il successo e la qualità di una serie si sono mantenuti negli anni prima di affrontarne il primo capitolo.
Ed è così che recentemente ho scoperto Maurizio De Giovanni e la celebre figura del commissario Ricciardi, ben undici anni dopo la sua prima comparsa.
Un bel tipo, questo trentunenne commissario di pubblica sicurezza presso la squadra mobile della regia questura di Napoli in piena epoca fascista.
Ad una prima occhiata si potrebbe affermare che tale Luigi Alfredo Ricciardi non goda tuttavia di particolare originalità bensì di caratteristiche ricorrenti che hanno fatto la fortuna del genere.
Prova ne sono il tipico carattere ostinatamente solitario e tenebroso che tuttavia non lascia indifferenti le donne che ne fanno la conoscenza, lo sguardo doloroso e trasparente, la pettinatura ribelle, l’ atteggiamento sarcastico nei confronti dei superiori ed una scelta professionale in contrasto con l’ ambiente familiare in cui è cresciuto.
C’ è però spazio per una trovata letteraria peculiare in grado di renderlo differente da qualsiasi altro personaggio, ovvero il Fatto. Ricciardi vede i morti, le anime lontane dai rispettivi cadaveri a reclamare attenzione, la loro immagine ed espressione nell’ attimo prima della fine. Sente le loro emozioni e le ultime parole ripetute nell’ ansia di trattenere l’ ultimo lembo di esistenza che scivola via.
Una capacità con cui ha imparato a convivere sin da bambino. Una condanna, una dannazione per un’ anima destinata all’ inquietudine. Quella stessa inquietudine che lo spinge a tenere sempre in movimento le mani piccole e nervose, a nasconderle nelle tasche per non rivelare la propria tensione, e a non dare un minimo di confidenza a nessuno al di fuori della devota e premurosa tata Rosa, del brigadiere Maione e del medico legale Modo.
Ed è così che ha imparato ad indagare sfruttando la conoscenza delle emozioni umane più che le parole dei testimoni. E affidandosi al fatto che i peccati originari di ogni infamia capaci di scatenare qualsiasi tipo di violenza sono la fame e l’ amore.
E proprio grazie al Fatto Ricciardi cerca di districare l’ intricata matassa dell’ omicidio di Arnaldo Vezzi, il più grande tenore del mondo la cui bravura è pari solo alla propria arroganza. Uno smacco per il regime e per il questore, che ama ripetere quanto la città sia sana e pulita.
La riuscita del romanzo sussiste nell’ eleganza dello stile di De Giovanni, abile a tracciare un giallo raffinato insolitamente attento al lato emotivo dei personaggi più che all’ azione e insuperabile nel delineare il profilo di una Napoli ventosa, contraddittoria e affascinante. Sono i notevoli pregi che ho riscontrato in questo ottimo esordio, ancora più rimarchevoli a mio avviso di un personaggio comunque interessante e intenso come Ricciardi che credo abbia espresso tutto il suo potenziale nelle successive opere.
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Il giallo italiano tra realtà e fantasia
“Il senso del dolore” è un piacevolissimo romanzo di Maurizio De Giovanni, ambientato a Napoli, negli anni trenta, all’epoca del fascismo. Il protagonista, il commissario Ricciardi, è un personaggio dotato di intuito, buonsenso e grande umanità. Insieme con Maione, fedelissimo collaboratore, affronta e risolve casi difficili e delicati. Lo schema del capo e del suo assistente non è certo nuovo nella storia della letteratura, basti pensare a Sherlock Holmes e Watson, a Nero Wolfe e Archie Goodwin, per citare i più famosi: si tratta di un espediente che anima e amplia lo scambio dialettico tra i personaggi, al fine di delinearne meglio il carattere e le peculiarità.
Ciò che più interessa in questo romanzo, al di là della trama che si dipana attorno a un omicidio avvenuto nello splendido teatro San Carlo, è la descrizione dei luoghi, delle strade di una Napoli degli anni trenta, da cui emerge povertà e benessere in una sorta di dolorosa convivenza, priva tuttavia di quell’odio feroce al quale la cronaca contemporanea ci ha abituato. È una Napoli che tenta di celare umiliazione, sopraffazione e inganno ora per paura, ora per rassegnazione. È in questa prospettiva che si comprendono personaggi come Vezzi, egoista, egocentrico e sprezzante dei sentimenti altrui, e, all’opposto, Michele, giovane innamorato e generoso oltre ogni limite e Maddalena, vittima del suo status sociale e dunque facile preda del disonesto.
Ricciardi, dunque, si trova ad agire in questo ambiente e lungi dall’applicare la legge in maniera vessatoria, viene incontro e si immedesima nei problemi e nei drammi personali degli indagati. Non esita, a questo fine, a venire in contrasto con i superiori, incurante di eventuali vantaggi che potrebbero derivargli dal farsi acritico servo del potere. In questo non dissimile dal popolarissimo Montalbano di Camilleri.
Ed è in questa dimensione umana, io credo, che risiede il vero successo di questo genere, il giallo italiano.Al lettore spesso piace scoprire nei protagonisti un po' di se stesso, ritrovarsi nelle loro debolezze e nei loro limiti e pensare di poterli superare con altrettanto impegno e volontà. Al lettore, in breve, piace spesso ritrovare nel protagonista quell’antieroe che alberga in sé.
Un discorso a parte richiederebbe la valutazione di quanto proficuo sia per un autore, dal punto di vista del mercato, incontrare l’interesse del pubblico, l’unico che sia in grado realmente di decretare il successo di un’opera. Certamente con Fruttero e Lucentini, con Faletti e Lucarelli, come con De Giovanni e Camilleri, la letteratura italiana si è arricchita di un genere che non è solo intrattenimento o evasione, è anche ritratto di un’epoca, fonte di ispirazione per cinema e televisione.
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Quant'è bello Gigino!!
Non sono un'accanita lettrice di "gialli", ma complice una settimana libera da impegni di lettura, ho deciso di leggere 4 famosi giallisti e i primi casi dei loro altrettanto famosi detective.
Gli autori sono Nesbo, De Giovanni, Manzini e Colin Dexter.
I detective sono Hole, Ricciardi, Schiavone e Morse.
Parto con De Giovanni e Ricciardi.
De Giovanni con il suo Commissario Luigi Ricciardi ci porta a Napoli nel 1931. Vicenda gialla ambientata nel mondo dell'opera lirica e quindi ci son andata a nozze.
Ricciardi ha – come da copione – il suo fido Watson (Maione) è giovane, belloccio e tanto tanto tormentato. Cosa manca? Ha gli occhioni verdi, un superiore incapace e un amore segreto. È burbero, ma ha il cuore d'oro. Si trascura e la governante si preoccupa. Passeggia sul lungo mare avvolto nel suo pesante cappotto e rimugina sul fatto che alla base di ogni delitto ci siano o l'amore o la fame.
La vicenda gialla si dipana bene, anche se lo scioglimento finale è un po' macchinoso, secondo me.
Meno molesto e "concentrato" di Hole nel raccontarci i casi suoi, De Giovanni non è comunque immune da quella che definirei "la sindrome di Fabio Montale" (primo protagonista di gialli/noir di quest'anno in cui l'ho riscontrata, l'autore è Izzo) e che è caratterizzata da personaggi che ti tediano (ed a volte ti ammorbano) con i fatti loro mettendo da parte la storia.
Insomma, l'impressione è che anche Ricciardi, di tanto in tanto, si sbirci nelle vetrine per vedere quanto è bello e tenebroso. Poi la trama scorre e la vicenda è ben caratterizzata, ma non so.
Considerando che è il primo capitolo aspetto a sbilanciarmi.
Però diciamo che i gialli che amo sono più "show don't tell" e più centrati sulla trama che sullo charme del detective.
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l'inverno di ricciardi
si tratta del primo libro che leggo dello scrittore de giovanni. ne avevo sentito parlare bene da amici, così, spinto dalla curiosità l'ho letto. la prima cosa che mi ha colpito è la grande scorrevolezza nella lettura e, ancor di più, la descrizione di una napoli incredibile, un mix di miseria e nobiltà, zone malfamate e quartieri ricchi. si svolge il tutto negli anni 30 , con sullo sfondo la presenza del duce e delle camice nere. ho trovato questa indagine, che prende spunto dall'uccisione di un cantante lirico in teatro, veramente ben fatta. lo consiglio e leggerò sicuramente altri libri di questo bravo scrittore.
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il battito del giallo
Esterno giorno, inverno… anno 1931. Siamo in piena era fascista quando, nella Napoli della lirica, si compie un efferato omicidio. Il teatro San Carlo è testimone della morte del più grande tenore che il mondo abbia conosciuto. Amico del Duce, donnaiolo impenitente odiato dalla maggior parte degli astanti grazia ad un carattere di una arroganza pari alla sua grandezza, Vezzi, viene ritrovato con la gola tagliata nel suo camerino.
Questo è il cuore del libro Il senso del dolore. L’inverno del commissario Ricciardi [2007 Fandango] di Maurizio De Giovanni. Ma un cuore senza il sangue non potrebbe funzionare, così serve un fluido personaggio che dia il giusto impulso alla storia: questo è il caso del commissario Ricciardi che, con il suo carico di mistero e professionalità, riesce a far correre la storia sul filo del rasoio e, anche se il finale rimane un po’ scontato, lascia sempre il lettore in trepidante attesa del colpo di scena che, anche se non è un “botto” finale, diciamo viene racchiuso in tanti battiti riuscendo, in questo caso, a far pulsare il cuore della storia.
Il personaggio Ricciardi è costruito appositamente come un eroe al quale è impossibile non affezionarsi: solo, contro i leccapiedi, professionale, accattivante, romantico, antifascista e con quel suo dono di poter ri-leggere, negli occhi delle persone morte, il dolore che pervade i luoghi dove morirono e ascoltare, quasi in loop, le loro ultime parole appena dopo morte che aiutano, in molti casi, il commissario a prendere la strada giusta per risolvere i complicati casi.
Alla fine, De Giovanni, riesce a fare quello che, per me e a me, Faletti non ha fatto! Farmi appassionare senza arrivare al punto di dover leggere millemila pagine prima di rompermi i cocobongi rimanendo nell’ambito del “piccolo” facendoti entrare in una storia dove i personaggi hanno un’anima semplice ma capace di rapirti portandoti, con un impulso caldo, all’interno del cuore del racconto rendendolo vivo.
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L'erba verde del commissario Ricciardi
Napoli, corre l'anno 1931 ed il bavero alzato di un cappotto, con la complicita' del vento salmastro, rivela parsimonioso solo un tratto del suo volto. Un ciuffo ribelle di capelli scuri come uno scoglio spezza l'onda del mare verde di quello sguardo deciso, vitreo, impassibile, sofferente, irresistibile : Alfredo Ricciardi, commissario della Squadra Mobile di Napoli.
Giovane,intraprendente, caparbio, introverso, fascinoso, diverso. Diverso da ogni altro collega , un pesante fardello ne fa una persona unica , Ricciardi percepisce il dolore dei morti. Li vede, sente la loro anima, le loro ultime parole, l'amore, la sofferenza, il dolore. Il senso del dolore.
Al Real Teatro il tenore di fama mondiale Arnaldo Vezzi viene rinvenuto cadavere nel camerino, perfettamente truccato nel suo volto di pagliaccio, la gola squarciata da una grossa scheggia di vetro.
Vezzi dal talento sublime e dal carattere indecente, Vezzi amico del duce : la questura e' in costante stato di nevrosi, vogliono il colpevole, subito. Ricciardi non sorride mai, procede deciso, lui il colpevole lo vuole sempre, a prescindere dal potere che esercitava la vittima.
E intanto il pagliaccio canta un pezzo tragico, lacrime rigano il volto imbellettato e le mani si allungano protese in avanti.
Primo romanzo della serie di De Giovanni, l'autore scrive con una penna pulita, fresca, stimolante, fortemente emotiva un giallo che da qualsiasi prospettiva lo osserviate e' una vera bellezza, si rassegnino le male lingue.
L'autore crea un'atmosfera palpabile, leggere questo libro significa riempirsi la casa del vento e del mare di Napoli, anche avendo le imposte chiuse. Significa affacciarsi alla finestra e osservare il brulicare della gente , ascoltare dalla trattoria un cantante che con voce potente crea l'osmosi perfetta di aria, note e malinconia. Significa spiare dietro le tende una manina di ragazza che cuce, percepire il fremito leggero di un amore delicato e commovente.
Significa appoggiare la guancia nell'incavo della sua spalla, chiudere gli occhi e sentirsi al sicuro.
Questo girotondo di parole per dire che non solo e' un buon giallo, ma e' soprattutto uno splendido libro che potra' accogliere il consenso di tutti, amanti del giallo e non solo. Rigorosamente italiano, cio' dimostra a noi che spesso cerchiamo altrove che, bruca di qua, bruca di lá, l'erba migliore si trova sempre nel giardino di casa nostra.
Cio' detto, non mi resta che procurarmi tutti gli altri volumi e augurare a voi una buona lettura.
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L'inverno di Ricciardi
Alfredo Luigi Ricciardi avrebbe potuto vivere di reddita, viste le sue origini benestanti. Ma un Fatto lo perseguita da quando, in tenera età è rimasto orfano con la sola tata Rosa a prendersi cura, prima del giovane studente Ricciardi, poi del commissario di polizia della Napoli del primo Fascismo. Il commissario Ricciardi vede i morti, o meglio vede le vittime di omicidi e barbarie, che gli ripetono le ultime frasi lasciate a questo mondo. Questo lo ha portato a risolvere innumervoli casi, nonostante il suo carattere chiuso e scontroso che non riesce a creare relazioni sociali.
Uno tra i pochi a non avere timore dei bruschi modi e del carattere del commissario é il brigadiere Raffaele Maione, che dopo la morte sul lavoro del figlio Luca, promettente apprendista poliziotto, del quale proprio il cupo Ricciardi ha riportato le ultime parole, senza fare domande ne è diventato la spalla.
Il dottor Modo è un chirurgo abile e rispettato, forse l'unica persona che riesce a scherzare con il chiuso Ricciardi. Diffidente dall'emergente politca Fascista, da una visione medica alle deduzioni del commissario.
Arnaldo Vezzi è il tenore con la voce più apprezzata del momento, perfino il Duce in persona ne tesse le lodi. In una serata di fine inverno però, il suo cadavere vine ritrovato sgozzato prima di entrare in scena presso il teatro Regio San Carlo di Napoli.
La sua superbia ed i suoi modi di fare irrispettosi alimentano molti nomi che potrebbero aver messo fine in questo modo alla sua vita.
Negli ultimi giorni mi é capitato di vedere su questo sito molte critiche ai nuovi scrittori italiani di thriller e gialli, accusandoli di essere troppo confusionari, di seguire l'ondata americana di azione mista a sangue piuttosto che i rigorosi schemi del buon "libro giallo".
Beh, a questi consiglio De Giovanni, questo libro è una sinfonia, profuma del Golfo di Napoli, porta alla luce una figura affascinate e geniale come il commissario Ricciardi.
Questo è il primo volume della serie "le stagioni", quattro libri con protagonista Ricciardi appunto.
Un solo omicidio e molti sospettati, moventi plausibili e continui colpi di scena.
Chi crede che il giallo sia finito con Christie, beh, provi De Giovanni, una delle penne più geniali del panorama giallistico italiano, e forse non solo!
Ora scusatemi, ho una primavera che mi attende sul comodino! Buona lettura
Consigliatissimo!!!!
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Fame, amore e gelosia
Si potrebbe dire che oramai è difficile trovare delitti ben congegnati compiuti in una stanza chiusa, che la soluzione del mistero è spesso banale o troppo articolata, ma questa volta non è la cosa più importante, perché De Giovanni riesce a subito distoglierti dal giallo trasportandoti verso un’indagine sulla degenerazione dell’animo umano, spinto irreversibilmente dalla fame e dall’amore.
L’autore trova per fare questo un meraviglioso pretesto: la capacità del protagonista, il commissario Ricciardi, di vedere i morti nel loro ultimo anelito di vita, mentre ridono, oppure piangono, mentre imprecano o implorano perdono. Immagini impresse che prima di sbiadire riecheggiano nella mente del nostro investigatore, lasciandogli segnali e voci da interpretare, da ricombinare come puzzle sparsi per terra e privi di diverse tessere.
“Io sangue voglio, all’ira mi abbandono, in odio tutto l’amor mio finì…”
L’ambientazione, poi, è fantastica. La Napoli del 1931, com’era? Ne vediamo alcuni scorci, il Real Teatro di San Carlo, la Via Toledo, i quartieri alti in costruzione verso il Vomero. Per non dimenticare che siamo in pieno regime fascista, con i suoi questurini e i gerarchi, anche se in questa Napoli (milionaria?) tutto viene triturato e fagocitato tra le viuzze dei quartieri spagnoli, brulicanti di scugnizzi e battuta dai carretti degli ambulanti. La Napoli del 1931 è una babele di sentimenti ed emozioni, sa trovare spazio per la solidarietà e per la pietà umana, rimane distante anni luce dalle metropoli di oggi.
E’ l’inverno la prima stagione del commissario Ricciardi, ma siamo a marzo, perché è un inverno che non finisce mai, tra la pioggia battente e il vento che ulula incessante scompigliandoti i capelli, ti penetra nella pelle, ti fredda la mente congelandoti i pensieri e le emozioni. Questo inverno finirà dopo che il commissario avrà scoperto chi ha ucciso il grande tenore Arnaldo Vezzi?
Caro De Giovanni hai scritto davvero un bel libro, ma quanti autori ci sono come te? Pubblicati da piccole case editoriali gestite da professionisti appassionati, diffusi grazie ai passaparola dei lettori più incalliti e affezionati.
Voglio trovare anch'io la chiave per aprire lo scrigno che custodisce queste perle nere e rare.
“Sempre e comunque, la fame e l’amore. Li trovavi in ogni delitto, una volta semplificato all’estremo, eliminati gli orpelli dell’apparenza: la fame o l’amore, o entrambi, e il dolore che generano”
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Il senso del dolore
"Sentiva l'emozione, più di tutto: coglieva di volta in volta il dolore, la sorpresa, la rabbia, la malinconia, Perfino l'amore."
Questa è la quarta di copertina ed il riferimento è al protagonista assoluto dell'opera, il Commissario Ricciardi, la cui sensibilità è pari solo alla sua professionalità e bravura come investigatore. L'opera è ambientata in una Napoli, fascista, del Regno d'Italia dei primi del '900...non ci crederete ed il paragone potrebbe essere definito anche troppo ardito ma questo autore, Maurizio De Giovanni, da come scrive mi ha ricordato un De Filippo del giallo, troppo intrigante, commovente, ilare, verace come la Napoli d'ambientazione con il suo Teatro Regio San Carlo.
Per descrivere l'essenza della trama citerò un passaggio del libro: "La verità non è quella che sembra, a volte. Anzi non lo è quasi mai. E' un po' come la strana luce di questi lampioni, illumina una volta qua ed una volta là. Mai tutto insieme. Allora lo si deve immaginare quello che non si vede. Lo si deve intuire da una parola detta o non detta, un'orma, un'impronta. Una nota, a volte."
Grande De Giovanni, davvero un ottimo scritto, comprerò anche gli altri e valuterò le evoluzioni del protagonista e se lo stile, estremamente raffinato, rimarrà costante, così è vincente.
Buona lettura.
Syd
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Il senso del dolore
Un inverno che non sembra voler finire, una città spaccata in due tra ricchezza e miseria, un'illustre vittima di un omicidio e un commissario di polizia dotato di un particolare "talento":vedere l'ultimo istante di vita dei caduti per morte violenta... Questi sono gli ingredienti del primo libro di De Giovanni, ambientato nella Napoli fascista, di cui l'autore ci regala una bella descrizione attraverso gli occhi del commissario protagonista... I fantasmi che Ricciardi vede ad ogni angolo rendono il racconto struggente, la fame e la miseria a cui lui imputa l'origine di ogni delitto sono ben descritte e vivide, gli ingranaggi del giallo "girano" nel modo giusto, e l'incontro con la figura del commissario tanto malinconica quanto romantica è assolutamente piacevole... consigliato!
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La prima stagione del commissario Ricciardi
Il senso del dolore e' il primo romanzo di una quadrilogia delle stagioni che l'autore ha dedicato alle indagini del commissario Luigi Alfredo Ricciardi. In una Napoli di fine marzo 1931 spazzata da un vento gelido e tutt'altro che promettente, il giovane commissario viene chiamato a risolvere un complicato omicidio di un celebre tenore avvenuto nel Real Teatro di San Carlo poco prima dell'anteprima della rappresentazione de "I Pagliacci".
Schivo e asociale, malvisto dai superiori spesso inetti e raccomandati, Ricciardi e' dotato di un'abilita' fuori dal comune che lo rende indispensabile nella soluzione dei casi piu' complicati.
Il giovane poliziotto e' infatti in grado di interpretare, di percepire gli ultimi attimi di vita delle vittime di morti violente, e questo dono spesso lo aiuta nella soluzione dei casi piu' complessi.
Giallo coinvolgente con accuratissima ambientazione storica, che si tinge di fantasy e soprannaturale (una sorta di "sesto senso" letteraio, molto di moda ora al cinema dopo l'omonimo film di Shyamalan di qualche anno fa e ora con l'ultimo Eastwood - Hereafter e l'Inarritu di Biutiful, ma molto meno scontato in un romanzo storico), quest'opera prima risulta a mio parere coinvolgente e narrativamente molto convincente, anche nel finale, nota dolente di molti romanzi di genere di autori ben piu' noti e celebrati. Non resta che proseguire nella lettura delle altre tre stagioni, che fanno molto ben sperare nella fortuna di un personaggio che ha tutte le carte in regola per rivaleggiare ad armi pari con il (per ora) piu' noto (e contemporaneo) commissario Montalbano.
Soffia anche una piacevole aria cinematografica che fa pensare (o sperare) in future trasposizioni sul grande schermo.
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Io sangue voglio...
Le passioni degli uomini, le loro invidie, la loro mediocrità,le loro meschinità li conducono inesorabilmente nelle braccia della morte. Il commissario è solo. Solo osserva il dolore, solo scopre coloro che lo procurano agli altri credendo così di potersene liberare. Ma il dolore è lì accanto a loro.
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Il dolore del distacco
Ci sono romanzi gialli e romanzi gialli e in particolare ce n’è uno che, prendendo a pretesto una trama che prevede un delitto e la classica ricerca del colpevole, si rivela opera di elevato livello, con una descrizione memorabile dell’atmosfera dominante nel ventennio.
Maurizio de Giovanni ci presenta una Napoli crepuscolare, quasi tenebrosa, con una immediatezza tale da far pensare che lui sia vissuto in quel periodo e invece all’epoca era ben lungi dal nascere.
Più che la vicenda, contano le caratterizzazioni dei personaggi, le descrizioni dei luoghi, gli istinti amorosi, traboccanti, oppure pudici, quasi timorosi.
La rappresentazione al Teatro San Carlo, per esempio, è raccontata nello stato emotivo di uno che l’ha vissuta, come se quella Cavalleria rusticana fosse stata rappresentata il giorno prima, con l’autore seduto in uno dei primi posti e al tempo stesso assente quel tanto da far avvertire solo una discreta presenza.
E’ un gioco di equilibri, dove de Giovanni è il funambolo che si esibisce su una corda con straordinaria abilità: un’accentuazione della caratteristica del commissario Ricciardi nel vedere i morti nel loro ultimo atto di vita, avvertendone il dolore del distacco, e tutto il romanzo potrebbe precipitare in un banale horror, o, addirittura, franare fra le risate dei lettori.
E invece no, questo proprio non accade, perché l’autore nel commissario identifica un’umanità tradita, un essere che riassume in sé tutti i dolori del mondo, sotto un apparente distacco che cela invece un uomo che, senza pretendere di giudicare, colloca la giustizia in una sfera asettica, non dimenticando tuttavia che ci sono vittime e vittime, e colpevoli e colpevoli.
E’ quasi un automa Ricciardi e si muove fra gli ostacoli dell’indagine puntando sempre e solo sulla ricerca della verità, ma il Ricciardi uomo, in un mondo di prede e predatori, incappucciato nel cielo di piombo di un regime dispotico, riesce anche a sperare, grazie a un rapporto d’amore muto, mai dichiarato, ma intenso, due finestre una davanti all’altra e due cuori che battono e che sognano, separati solo da una via e da quel dolore che lui si porta dentro e che non può rendere partecipe ad altri.
Vento gelido, imposte che sbattono, carta che svolazza, bambini a piedi nudi che si rincorrono, cadaveri agli angoli di strade che ripetono le loro ultime parole a un commissario che, stringendo i denti, lotta ogni giorno, ogni ora per cercare una verità che non è solo quella del crimine, ma è anche lo stato di abulia, di abbandono e, al tempo stesso, di opprimente torpore di un regime che si avvia allo sfacelo.
E’ un romanzo molto bello, che fa riflettere e che ti resta dentro.
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