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Il libeccio non porta nulla di buono
E’ incredibile come il libro in cui, più di tutti gli altri, il commissario Ricciardi sembra sereno e circondato da una bolla di gioia finisca in una delle più grandi tragedie della sua vita. In questo episodio infatti il commissario più malinconico del nostro panorama letterario si ritrova ad indagare su un omicidio che non è un evento qualsiasi e che lo segna, abbastanza profondamente, turbandolo e disturbandolo. Veniamo, come sempre, catapultati in una città dalla confusione multicolore, di cui impariamo a conoscere segreti ed ombre. Perché Napoli è una ragnatela e se muovi un filo, si muove tutto, così come, se sai interpretare il movimento, allora riesci a risalire a come stanno le cose. Veniamo travolti da fiumi di sentimenti intrecciati, fra passato e presente, da cui percepiamo ed assorbiamo la sensibilità profonda di tanti protagonisti di queste storie, il loro aspetto umano più magnifico. Ascoltiamo il mormorio dei venti ed impariamo a temere il libeccio, che non porta nullo di buono. Perché alla fine succede quanto non ti saresti mai aspettato, quanto non avrebbe mai dovuto succedere.