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Il passato è un morto senza cadavere
 
Il passato è un morto senza cadavere 2024-11-17 17:08:38 cesare giardini
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    17 Novembre, 2024
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Schiavone impegnato su due fronti.

Mi preme subito dire che si tratta di un giallo appassionante,, ben strutturato, avvincente sino all'ultima pagina, forse uno dei migliori di Antonio Manzini. E poi il suo protagonista, il vicequestore Rocco Schiavone, romano de Roma, trapiantato suo malgrado ad Aosta emerge a tutto tondo con il suo formidabile intuito e le sfaccettature di un carattere ombroso, non certo facile, tormentato da ricordi e delusioni di un passato tribolato.
Le storie raccontate sono due : quella di Paolo Sanna, un cinquantenne che vive di rendita, solitario, fratello di un medico proprietario di una clinica privata ad Ancona, giramondo, ciclista dilettante, e quella di Sandra Buccellato, giornalista, già legata sentimentalmente a Schiavone. La trama narrativa principale riguarda Sanna che, un brutto giorno, viene investito intenzionalmente, così chiariscono gli indizi trovati sulla macchina, mentre , pedalava su una strada di montagna e scaraventato in un burrone. Il delitto è palese, Schiavone ed i suoi (i ben noti agli affezionati lettori di gialli Deruta, D'Intino, Casella e il viceispettore Scipioni) iniziano le indagini, spulciando cellulare e agende del defunto. Dalle indagini sui dati emersi, si scopre che da tempo il ciclista investito viveva nel timore costante di un imminente pericolo e che altri amici di Sanna risultavano deceduti negli anni passati in circostanze mai chiarite, e che tutti, guarda caso, avevano prestato servizio militare in Friuli nel 1989: un filo lega le loro scomparse improvvise, su cosa capitò realmente in quel lontano anno Schiavone e i suoi iniziano ad indagare minuziosamente viaggiando per mezza Italia, incontrando risposte evasive, muri di silenzio, omertà anche ad alti livelli. Sapranno alla fine dipanare l'intricata matassa, portando alla luce colpevoli e moventi.
Il caso che riguarda invece la giornalista costringe Schiavone a perlustrare ben altri ambienti. Sandra è scomparsa da tempo, non dà notizie di sè, la famiglia, altolocata, non riesce o non può dare precise indicazioni, sembrando sotto ricatto. Schiavone scopre contatti di Sandra con un noto criminale, ex terrorista. Le speranze di ritrovare la giornalista sembrano affievolirsi, ma Schiavone saprà agire da par suo, questa volta con metodi più spicci e inconsueti, fino alla conclusione della vicenda, che lascia la povera Sandra sospesa tra la vita e la morte e porta alla luce segreti familiari insospettabili.
Dalla trama narrativa emerge, questa volta forse più di altre, il personaggio di Rocco Schiavone, figura enigmatica, tutta luci e ombre. Ad Aosta, dopo la scomparsa di Marina, vive solo, intristito dai ricordi, con la sola compagnia della fedelissima "cagnolona" Lupa, di pacchetti di sigarette e di qualche canna nei momenti più difficili. Se non ci fossero i colleghi, che lo stimano, e soprattutto il lavoro, sarebbe un uomo disperato, preda di ricordi non sempre cancellabili e di un passato denso di ombre e rimpianti. Al lavoro di indagine dedica caparbiamente tutto sè stesso, quasi fosse ogni volta l'ultima spiaggia, con il suo intuito formidabile che lo porta, quasi fosse un segugio, a stanare la preda con ogni mezzo, lecito o, talvolta, anche illecito, usando, quando occorre, metodi sbrigativi. Manzini ha creato un personaggio unico: capace anche di tenerezze commoventi, quando, in soliloqui disseminati nel romanzo, si confida con Marina, l'amore scomparso, traendone conforto e coraggio.
C'è anche altro, nelle pieghe della trama: riflessioni sulla condizione umana, sulle lacune della giustizia umana, su certi movimenti di ribellione giovanile che, pur originando da presupposti condivisibili, non di rado degenerano in atti violenti.
E il nostro Schiavone, con la sua filosofia di vita, della vita ha capito molte cose, dandone una definizione illuminante. "La vita" afferma "è un insegnante terribile: prima te fa l'esame, poi te spiega la lezione". Sembra proprio così: si è sempre impreparati agli eventi che la vita ci pone sul cammino, solo alla fine si riesce a capire (non sempre) il senso di tutto.



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