Dettagli Recensione
Il passato siamo noi
Nulla si distrugge, specie nel passato. Il passato è scritto, ma non sepolto, anzi riemerge inesorabile dai racconti dei personaggi di Marco Vichi. Ognuno di loro è segnato, con ferite ancora fresche, dall’ultima guerra, con tutto il cambiamento che ha prodotto nelle loro vite e nella loro personalità. (va ricordato che l’ambientazione di questi romanzi è tra gli anni sessanta e settanta dello scorso secolo). Più che un giallo (che è proprio a margine, e che per questo neanche menziono) è un racconto corale, questo, sfaccettato da varie angolature, a seconda del narratore di turno, che riesce a dare l’insieme di uno spaccato di un’epoca vissuta. Una memoria che non si perde, e che non deve perdersi, perchè ciò che siamo oggi è frutto del nostro passato, della nostra esperienza e inevitabilmente oggi non siamo più gli stessi di allora. Bordelli, il protagonista, ex commissario in pensione, sente fortemente il peso degli anni che passano, e si aggrappa al passato e a una donna che ha la metà dei suoi anni.
“Fuggiva via con una velocità sconfortante… Com’è bella giovinezza…Si…Com’è bella giovinezza…”
Non è un nostalgico, perchè non si percepisce in lui quel senso, caratteristico, di inadeguatezza al presente, è più un modo di perdonarsi, il suo. Perchè è vero che la narrazione di una storia presuppone un pubblico, e infatti le cene conviviali di Bordelli e i suoi amici ne sono un esempio palese, ma comunque essendo quasi sempre storie intime e personali diventano una specie di confessione agli altri ma soprattutto a se stessi con un implicito desiderio di perdono, per atti commessi, spesso perchè costretti. C‘è inoltre la convinzione che ogni storia meriti di essere raccontata e non persa per sempre, perchè se non c’è più chi racconta non c’è più memoria, non c’è più storia di noi e del nostro paese.
I pensieri di Bordelli ci invitano a riflessioni profonde, anche sul senso di giustizia, che per lui significa soprattutto seguire la sua coscienza, e la sua morale, quella di uomo e non solo di uomo di legge. “Caro povero Franchino non sai cosa ti perdi, non immagini quanto sia bello perdonare, quanta beatitudine entra nel cuore quando si riesce a perdonare…Ed è ancora più bello quando si perdona l’imperdonabile…” Ed è vero Bordelli non sempre perdona.
Inoltre sempre più preponderante in Vichi è la passione per la lettura e per la musica. Nel romanzo intermezza e cita brani interi di libri di altri autori, Alba De Cespedes la sua preferita, Bassani, Malaparte, Flaiano…e attraverso la sua lettura invita il lettore a scoprirli o a rileggerli, tale è l’entusiasmo.
C’è molto di autobiografico nei suoi libri, ma in questo è narrato un episodio molto intimo che riguarda sua mamma, Paola Cannas, che alla veneranda età di 84 anni, per avere una sua opinione, fa leggere a suo figlio, un po’ prevenuto, alcune sue poesie; Lui invece le trova molto belle, tanto da mandarle ad un editore che poi le pubblicherà.
Questa è una delle poesie di sua mamma riportata fedelmente nel suo libro.
I vivi ormai
più non ti stanno accanto
e non ti fanno compagnia;
invano cerchi di fermare
il loro sguardo su di te,
stringere la loro mano nella tua.
I loro occhi volgono altrove,
si chiudono le dita su se stesse,
la fretta allontana i loro passi.
Ma ecco sulla sponda del tuo letto,
siedono, sorridendo, i morti,
che pazienti ascoltano ogni voce del cuore.
Dolce è la compagnia di chi non ha più fretta.
Insomma c’è tanta letteratura in Vichi, e tanta passione; c’è onestà di pensiero, e di sentimenti; c’è tanta etica e profondo rispetto e credo per l’amicizia; c’è la Memoria e la Storia; tanti principi e valori che oggi sono un po’ sbiaditi dal tempo, un tempo che purtroppo li ha persi di vista, ma che sono i fondamenti della nostra natura di esseri umani.
..