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Il commissario piemontese
Bartolomeo Rebaudengo, dal nome originale e altisonante, è il commissario di Alassio, amena cittadina della riviera Ligure.
Il commissario però è piemontese e non ama il mare e tutto ciò che gli appartiene, lui ama la sua terra, le montagne, i boschi e la cucina dei luoghi natii.
Questa è la prima prova per Rebaudengo di mostrare il suo intuito e il suo metodo di investigazione.
Nella narrazione viene infatti denunciata, dalla moglie, la scomparsa di un professore di filosofia e pochi giorni dopo viene rinvenuto il corpo di una ragazza, nuda in un cerchio di candele scure, palesemente strangolata.
La soluzione del caso ruota tutta intorno al commissario, ed anche se si avvale di validi collaboratori sarà solo grazie alla sua tenacia e ostinazione che si arriverà a svelare l’assassino.
Il giallo non è molto originale, anche se ben scritto, con dettagliate descrizioni dei panorami, degli usi e costumi liguri e piemontesi, con sprazzi qua è la anche dell’uso dei dialetti locali.
Il commissario è una bella figura, imponente, quanto il suo nome, belloccio e piacente senza alcun vanto.
E già da questo romanzo nasce infatti una liason tra lui e il medico legale, la dottoressa Ardelia, anche lei con un nome molto impegnativo! E non si può dire che l’autrice non si sia sforzata nel cercare un po’ di originalità se non altro in questo. Perché il resto risulta un po’ banale.
Il finale è abbastanza scontato, e, secondo me, anche questo, un po’ forzato, proprio per dare un tocco di peculiarità e di modernità, scostandolo volutamente, un po’ dai ruoli classici. Ma mi è sembrato poco convincente e soprattutto poco coinvolgente.