Dettagli Recensione
Il giustiziere
Apprezzo molto Manzini e il suo genere, interessante è risultato il suo ultimo scritto.
Tutti i particolari in cronaca, ruota attorno alle vicende di Carlo Cappai e del giornalista Walter Andretti. Il primo, magistrato mancato, ex poliziotto, ora impiegato presso l’archivio del Tribunale, di cui conosce molti dei casi contenuti in quei faldoni, soprattutto quelli conclusi con un’assoluzione, poiché gli imputati non sono stati ritenuti responsabili. Il secondo è il giornalista di una testata di second’ordine, trasferito dalla sezione sport alla cronaca, in cui non ha alcuna esperienza e dovrà imparare a familiarizzare con quel “nuovo mondo” inesplorato. In città si verificano degli omicidi, che in qualche modo interesseranno i protagonisti sino a far intrecciare le loro storie.
L’autore affronta, attraverso una semplificazione romanzata, una delle questioni più spinose per gli addetti ai lavori, ossia, il rapporto tra giustizia e legalità. Questi due concetti, è risaputo, non sono perfettamente coincidenti e la legalità molto spesso non collima affatto con la giustizia. Cappai spiega che esiste una giustizia con la G maiuscola e una con la G minuscola. L’applicazione delle procedure previste dalla legge, non sempre sono orientate a fare giustizia, garantiscono la legalità ma non la giustizia. L’archivista, infatti, persona sola, che non ha mai dimenticato il suo primo e unico amore, Giada, rimasta uccisa diversi anni prima, conosce bene quei processi conclusisi con l’assoluzione “per non aver commesso il fatto”. Quegli imputati non erano innocenti, ma per la legge risultano tali. Se per la legge, quindi, molti di questi imputati sono innocenti, lo stesso non può dirsi per Carlo Cappai che ha trascorso la propria vita a studiare questi casi sino a creare un sistema di giustizia parallelo.
Uno scollamento, ci dice il protagonista, esiste tra l’innocenza e la colpevolezza, essere ritenuti non colpevoli non significa essere innocenti, anche solo l’intenzione di commettere un crimine, la ferma volontà, non ci rende innocenti. Semmai ci rende non colpevoli, così come ci rende tali il ragionevole dubbio instillato in un’aula di tribunale, a prescindere dalla commissione di un fatto criminoso. Innocenza allora è altra cosa: è totale purezza d’animo ed è lì verosimilmente che regna la giustizia.
In breve, quali le considerazioni e sensazioni suscitate in chi scrive: ho trovato di notevole interesse la tematica e anche la modalità con cui è affrontata, intrecciata nel racconto criminoso che coinvolge i protagonisti.
Emerge anche l’importanza dei sentimenti, quelli veri, che non sbiadiscono al trascorrere del tempo e che posso condizionarne l’esistenza, anche negativamente. La tematica è certamente complessa, la giustizia è qualcosa di importante e forse di trascendentale. La legge cerca in qualche modo di collocarsi nel solco della giustizia, ma soltanto in parte ci riesce, facendo coincidere le due cose.
Probabilmente essa, non appartiene del tutto agli uomini che cercano di controllarla, ma che spesso si rivelano incapaci e rispondono alle ingiustizie con altre ingiustizie. La vendetta potremmo domandarci, è uno strumento riparatore, che rende giustizia?
Sul finale il protagonista si accorge probabilmente della contraddizione, si rende conto di essersi considerato al di sopra degli altri, di aver cercato di impartire la propria di giustizia. Commettere un efferato delitto è giusto? Certamente no, risponderemmo. Ma è giusto rispondere a quel delitto con altro delitto? Possiamo considerarla giustizia? La risposta è altrettanto negativa e ciò prescindendo dal dato legale, da quella verità processuale, che spesso non coincide con la realtà.