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Omicidio premeditato o legittima difesa?
L'avvocato Guido Guerrieri è uno stimato penalista di Bari. Vive da solo, un'esperienza matrimoniale finita, un nuovo amore sparito nel tempo, una donna, l'ultima, che lo lascia rivelando un inopinato lato oscuro della sua vita. Guerrieri ama le buone letture, la musica, il lavoro, e, nel contempo, non riesce a superare paure ed incertezze che lo turbano e lo costringono ad affidarsi alle cure di un amico psicoterapeuta, il dottor Carnelutti, che, in sedute periodiche, cerca di aiutarlo scavando nei suoi ricordi d'infanzia ed in certi sogni ricorrenti.
Il lavoro, intanto, lo impegna a fondo, da professionista serio e capace quale si è sempre dimostrato. L'ultimo caso, quello trattato nel romanzo, riguarda una donna, Elvira Castell, che, in un momento di rabbia incontrollata ha ucciso con un colpo di pistola il compagno della sorella gemella Elena, suicidatasi qualche mese prima. La poveretta aveva subito per anni le angherie dell'uomo, un violento, truffatore e profittatore, che, dopo la morte della convivente, aveva occupato da padrone l'appartamento rifiutando ogni tentativo di accordo. Si era giunti così ad un colloquio definitivo, Elvira armata, lui (così pare) con un coccio di bottiglia in mano, pronto a sfregiarla: era "esploso" un colpo di pistola, lui morto colpito al cuore, lei arrestata e raccomandata, per la difesa, a Guerrieri. Negata la richiesta di libertà provvisoria e rifiutato il rito abbreviato, comincia così il processo in corte d'assise. Come Pubblico Ministero, una giovane e battagliera avvocatessa punterà sulla premeditazione e sul fatto criminoso , Guerrieri, da difensore, sosterrà la non colpevolezza di Elvira, costretta a reagire per legittima difesa e per difendersi dall'energumeno. Il verdetto, che ovviamente non riferisco, pur previsto da Guerrieri, non lo accontenterà e lo costringerà ad amare riflessioni sulla giustizia in genere e sulla sua stessa professione, di cui sente, ormai stanco, il peso e le scarse soddisfazioni, tanto da indurlo a concludere che "il mondo dei processi è uno dei più imponderabili che esistano, accade di tutto e fare previsioni è una pessima idea".
Guerrieri si sente, quasi, costretto a vivere in un mondo che non ama ed in cui non si trova a suo agio. Nelle sedute da Carnelutti rivive la sua infanzia, ricorda i suoi genitori, i momenti belli della scuola, i primi entusiasmi e le prime sconfitte, la sua passione per il pugilato, il conforto che trae dai discorsi che rivolge a Mister Sacco, il punching ball personale, al quale confida sogni e paure. E' un'anima candida, Guido Guerrieri: ama le passeggiate solitarie nei quartieri più amati della sua Bari, la compagnia dell'amico Osvaldo, titolare dell'Osteria del Caffelatte, una libreria notturna, aperta dalle 22 alle 6 del mattino, i libri e la musica, i viaggi improvvisati, in solitudine, uno zainetto e via, magari in Irlanda ... E si incanta, e si commuove, aprendo uno scatolone trovato in soffitta dal quale emergono come in un sogno lettere, fotografie di lui bambino in braccio alla mamma, diplomi scolastici e universitari. A volte, non riesce a trattenere il pianto, ricordando un passato che non c'è più e rattristandosi per quelle speranze giovanili che non si sono mai avverate e per l'attività professionale alla quale ha pur dedicato tutta la sua vita ma che non lo soddisfa più perché, afferma, "nei processi tutti vogliono vincere e della verità, della giustizia non importa niente a nessuno ".
Nelle ultime pagine del romanzo si apre forse uno spiraglio, una luce, in quell'orizzonte della notte, indistinguibile perché è tutto buio: un incontro inaspettato, una donna provata dalla vita e da una lunga malattia, un ricordo di tempi lontani. In quel "Come ti chiami?" che chiude il libro l'avvocato Guerrieri attende una risposta che può cambiargli la vita.
Lo stile narrativo è preciso, misurato, elegante, ricco di riflessioni profonde e di citazioni dotte. Guido Guerrieri è in grado di citare a memoria una lunga poesia di Nelson Mandela, e, addirittura, l'incipit di Finnegan Wake, di Joyce, opera leggibile con difficoltà ma, per i comuni mortali, straordinariamente incomprensibile.
Comprensibile è invece la lapidaria massima di Confucio: " La categoricità è sinonimo di mediocrità", che Guerrieri confida al suo psicoanalista, e che mi trova pienamente d'accordo.
Da leggere con calma, perché c'è molto su cui riflettere.