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Un delitto incompiuto.
Messi da parte il vicequestore Rocco Schiavone e le sue indagini, Antonio Manzini affronta in questo nuovo giallo il tema della legge e del suo rapporto con la giustizia. Perché, come si evince dal racconto, legge e giustizia non sempre vanno d'accordo: la legge ha le sue norme scritte, i suoi articoli ben definiti, mentre la giustizia, che dovrebbe applicare la legge, è gestita dagli uomini, che spesso la stravolgono, la adattano ai propri convincimenti, alle pressioni esterne, a legami più o meno stretti politici e sociali. Tutto questo non va giù ad uno dei protagonisti, il dottor Carlo Cappai, un solitario ex poliziotto, ora relegato, per una menomazione fisica, nell'archivio sotterraneo della questura di Bologna. In gioventù Cappai aveva assistito all'uccisione, in uno scontro tra manifestanti, di una ragazza, Giada, suo primo, indimenticato e unico amore. L'assassino ,Luigi Sesti, figlio di famiglia altolocata, se l'era cavata con un'assoluzione, suscitando in Cappai un sordo rancore ed una meticolosa ricerca, negli anni successivi, di tutto quanto poteva riguardare il Sesti. meditando anno dopo anno di farsi giustizia da sé. Non solo Sesti, anche altre ingiuste assoluzioni turbavano Cappai: quella di un giovane che aveva ucciso soffocandoli i genitori, rei di non dargli abbastanza soldi, ed ancora quella di un trafficante di droga, che aveva fatto fuori la moglie. Assoluzioni che Cappai non riesce a sopportare, perché "non siamo bravi ad osservare, non guardiamo con attenzione, prendiamo sotto gamba dettagli e virgole che invece sono essenziali, fondanti, risolutivi ...". Il nostro si trasforma in giustiziere, ma quando finalmente riesce ad avvicinare il suo bersaglio vero, l'assassino della sua amatissima Giada, ecco il colpo di scena architettato da Manzini, un colpo di scena che lascia interdetti e che condizionerà l'esito finale del giallo.
Altro protagonista è Walter Andretti, l'opposto di Cappai: tanto l'ex poliziotto è scorbutico, solitario, depresso, quanto Andretti, cronista sportivo passato alla cronaca nera di una piccola testata bolognese, è gioviale, socievole, attivo, sempre pronto a curiosare, indagare. Le storie di Cappai e Andretti si intrecciano, quest'ultimo intuisce le manovre di Cappai, indaga su certi delitti, si avvicina suo malgrado alla verità, sa ma non vorrebbe sapere. Tiene un diario meticoloso, sul quale annota tutto, i suoi pezzi giornalistici sono molto apprezzati, anche se la verità sembra sfuggirgli e le cose, come spesso accade, non sono come appaiono.
Manzini ha scritto un bel giallo, pieno di sorprese, teso, sempre sospeso tra verità e dubbi. Magistrale la sua descrizione particolareggiata dell'andamento di un processo: le sedute si trascinano stancamente, gli interventi di avvocati e giudici si perdono in questioni di nessuna importanza, domande poco attinenti, risposte risentite, perdite di tempo, faldoni impolverati che riempiono gli archivi, una giustizia degli uomini che sembra prendersi gioco delle leggi. Questo è il tema fondante di tutto il racconto, questa purtroppo la verità che spinge Cappai, l'incompreso protagonista, a farsi giustizia con le proprie mani.