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Un viaggio a vuoto ...
Per il lettore, come il sottoscritto, che non fosse a conoscenza di tutte le vicende, anche di un lontano passato, del personaggio principale, il vicequestore Rocco Schiavone, non sarebbe facile comprendere il perché di questo misterioso viaggio alla ricerca di un amico scomparso: si intuisce pian piano che c'erano una volta quattro amici per la pelle, lo stesso Rocco, il suo valido aiuto Brizio, e poi Furio e Sebastiano, amicizia bruscamente interrotta da forti dissidi e tradimenti. Fatto sta che Sebastiano è sparito da tempo in Sudamerica e che Furio, dal passato poco limpido, si è messo sulle sue tracce covando una forse meritata vendetta. Ecco allora che Rocco Schiavone, quasi a fine carriera, e il fedele Brizio decidono di partire per impedire a Furio di fare follie e per scovare finalmente lo scomparso Sebastiano. I due, sulla base di qualche indizio, partono per Buenos Ayres ed iniziano a chiedere, a cercare: vanno da un amico comune, frequentano locali equivoci, corrono rischi, si trovano invischiati in ambienti malfamati, comunicando con cellulari prepagati, passando con disinvoltura dai bassifondi agli alberghi più stellati. Nuove informazioni li dirottano in Messico: arrivano nella megalopoli messicana, il contatto con la capitale li disorienta, ..."il rumore era devastante, continuo. Un rombo di motori, radio, macchinari, pareva una bestia gigantesca che ruminava mentre spolpava uomini e cose, carne e acciaio". Riescono a rintracciare Furio, che però sfugge loro e li anticipa all'ultima meta del viaggio, Costa Rica, dove pare si trovi lo scomparso Sebastiano.
Il finale è forse la parte più interessante del romanzo: anzi, un finale vero e proprio non c'è, i due "cacciatori" si accorgono con Furio che la vita può riservare sorprese inaspettate e che l'amicizia di un tempo è andata scomparendo. Con un pizzico di commozione, rientrano in Italia: un po' delusi, a dire il vero, anche perché, commenta alla fine il vicequestore Rocco "solo tre cojoni come noi arrivano al Mar dei Caraibi e non se ne fanno manco un bagno".
Che dire? Il tutto appare un o'ò sconclusionato ed assai poco verosimile: la vicenda vorrebbe avere il significato di ricomporre o almeno tentare di ricomporre una vecchia amicizia, ma si perde in particolari poco credibili, con battute che lasciano il tempo che trovano e situazioni a dir poco assurde. Per non parlare dei voli transoceanici descritti in modo caricaturale.
Un lampo di luce: Manzini inserisce ad un certo momento del racconto un ricordo d'infanzia di Rocco, quando con la sua banda di amici correva per i vicoli di Trastevere, un mondo tutto particolare, dove si delineavano caratteri e futuro e dove la fortuna avrebbe deciso chi sarebbe diventato poliziotto e chi ladro. Poche pagine che spiccano nel contesto, tutte da gustare riga per riga.
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Un personaggio che nasce tridimensionale col passare del tempo si schiaccia contro al muro diventando puro cartonato senza avere particoalri colpe, ma quasi a voler mantenere una serialità stanca.
Speravo in un miglioramento dei racconti successivi, ma mi sembra di capire che sarò delusa.