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Vanina, è vero che nel torbido si pesca meglio?
Una coppia di amici che ha deciso di passare la notte d’un fine settimana novembrino a pescare, con la tecnica della lampara, assiste a un fatto inquietante: un’auto, sulla strada costiera, si ferma vicino alla riva; ne scendono due uomini che si trascinano dietro, a fatica, una grossa valigia; la gettano a mare e, immediatamente dopo, ripartono sgommando.
Una telefonata anonima al numero diretto della Sezione reati contro la persona della Questura di Catania, denuncia l’uccisione di una ragazza, avvenuta la sera prima in una casa, in via Villini a Mare.
Su queste fragilissime basi parte la nuova inchiesta del vicequestore Vanina Guarrasi, che per molto tempo non saprà se cercare una donna scomparsa, magari volontariamente allontanatasi da Catania, o il suo cadavere. L’unica cosa certa è che la giovane donna si chiama Lorenza Iannino e svolge la professione di avvocato presso il prestigioso studio legale del prof. Elvio Ussaro. Però c’è pure da tener conto che nella valigia, ritrovata vuota sugli scogli battuti dai marosi, c’è una evidente macchia di sangue (di Lori?), come ce n’è una altrettanto chiara su una delle poltrone della villetta, dove pare si sia tenuta una festa sfrenata, a base di alcol, sesso e coca, cui hanno partecipato persone molto potenti della Catania bene.
Indagando sulla scomparsa, pian piano, emergono fatti sconcertanti sul prof. Ussaro. Come la lampara attira i pesci nella notte, così questa indagine sembra destinata a mettere in luce una sentina di corruttele e comportamenti mafiosi a carico dell’esimio cattedratico e della sua cerchia di più o meno illustri accoliti. Che fosse quello il fine ultimo della vicenda?
Secondo romanzo della, ormai lunga, serie di gialli con protagonista il vicequestore Guarrasi che, dopo aver dato per anni, a Palermo, la caccia ai mafiosi che le uccisero il padre, ora si concentra sulle vicende meno luride e schifose, ma altrettanto orrende e violente che insanguinano una Catania che ancora deve imparare a conoscere bene.
L’A. continua a sfruttare i collaudati personaggi già presentati nel romanzo d’esordio di cui va precisando le caratteristiche e le peculiarità. La narrazione prosegue attenta e scrupolosa, magari senza particolari guizzi creativi, ma fluida, concentrata soprattutto sulla vicenda poliziesca, concedendosi poche divagazioni in descrizioni d’ambiente o digressioni su sentimenti o pensieri che non siano quelli investigativi. Con cura, precisione e dovizia di particolari si viene messi a parte delle situazioni che si susseguono con buon rispetto dei tempi narrativi e delle loro cadenze.
L’enigma poliziesco in sé non è particolarmente complicato e il lettore attento già intuisce, verso la metà del volume, quale ne sarà l’epilogo o, almeno, quale ne dovrebbe essere l’epilogo se nuovi eventi non giungessero a scombinarne l’andamento. Tuttavia, anche se non ci vengono offerte molte sorprese e la soluzione finale è, più o meno, quella aspettata, la storia riesce ad appassionare ugualmente. Magari, a volte, per rendere la narrazione più scorrevole, sarebbe preferibile non incappare nel solito riassunto dei fatti precedenti questa vicenda (un lettore affezionato già dovrebbe ben conoscerli) o tornare a rimarcare questa o quella caratteristica dei personaggi. Poi, assodato che Vanina ha la passione per i film italiani degli anni dal ’50 al ’70, preferibilmente girati in Sicilia, ma è davvero necessario accoppiare a ogni nuovo personaggio che compare il suo sosia nello schermo? Una semplice descrizione somatica non sarebbe sufficiente?
Ma a parte questi peccati veniali, il libro risulta gradevole e divertente ambientato com’è in una Sicilia concretamente reale, dove il brutto (che si può trovare ovunque) è mischiato a cose stupende che lasciano senza fiato e gli attori del dramma sono credibili, come le scene che sono chiamati a impersonare. Insomma, un buon poliziesco che non fa certo alta letteratura, ma diletta e appassiona e convince per la verosimiglianza delle situazioni descritte.