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Un salvataggio in extremis
Teresa Pandolfi non lavora più sul campo, è diventata capo di un’Unità operativa dei servizi segreti che si occupa di intercettazioni non autorizzate e raccolta di documenti compromettenti: il suo sequestro non viene subito capito, ma interpretato come un’assenza dal lavoro per malattia, ne fa fede un certificato compilato ad arte da chi all’interno del servizio agisce per conto di potenti e pericolosi trafficanti. Teresa è prigioniera di una organizzazione criminale che ha diramazioni in Paesi dell’Est e lucra su trasporti di rifiuti tossici e materiale radioattivo: Teresa sa troppo, ha carte riservate che potrebbero portare alla luce affari criminosi, coinvolgendo politici, finanzieri, industriali e uomini d’affari, con il supporto dei consueti onnipresenti boss mafiosi.
Questo è l’inizio dell’intrigante romanzo di Maurizio De Giovanni. Del gruppo di Teresa fa parte Sara, l’amica del cuore, caratterialmente molto diversa: Teresa è frenetica, entusiasta, sportiva, Sara è pigra, introversa, solitaria, eppure un legame forte, indissolubile le unisce, quasi fossero sorelle. Intanto Teresa, sedata e ridotta all’impotenza, è trasferita, grazie alla complicità di un alto prelato, in un convento con la scusa di una malattia psichiatrica, interrogata dal sequestratore, minacciata di morte e di ritorsioni verso collaboratori e amici se non rivelerà il contenuto di certi documenti compromettenti. Teresa sa che verrà comunque eliminata, ma non sarà così: il finale è incalzante, Sara ed i suoi riusciranno a liberare l’ostaggio, chi l’ha sequestrata pagherà con la vita, la mafia non tollera errori che compromettono loschi traffici.
L’autore ambienta l’azione negli ultimi anni del secolo scorso: l’Italia vive anni non facili, devastata da una crescente delinquenza, terrorismo e crimine organizzato, prosperano traffici illeciti, complici organizzazioni criminali, nel caso narrato, di Paesi dell’Est, mafia e servizi dello Stato deviati. Ottima la caratterizzazione delle due protagoniste, Sara e Teresa, con una attenzione particolare alle vicende familiari ed ai numerosi personaggi di contorno: qualche curiosa forzatura (quel gigantesco cane, Boris, Bovaro del Bernese, che si arrampica sulle piante!) nulla toglie all’intensità ed alla drammaticità del racconto, che si legge d’un fiato e che senz’altro consiglio.