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I conti con il passato di un professore di liceo.
Il vicequestore aggiunto Giovanna Guarrasi, detta Vanina, il personaggio protagonista della fortunata serie di Cristina Cassar Scalia, è in pericolo: il proiettile trovato sul tavolo di casa sua è una velata minaccia mafiosa, che costringe la Mobile di Catania ad assegnarle una scorta giorno e notte. Un nuovo caso viene alla luce: nella grotta di un pub sotterraneo si scopre il cadavere di un vecchio professore di filosofia, Vincenzo La Barbera, accoltellato a morte. E’ uno strano personaggio: di famiglia benestante, in rotta con un padre autoritario e vecchio stampo, aveva abbandonato casa sua frequentando una comunità hippy ed adeguandosi per un certo periodo alla loro vita disordinata, droghe di ogni genere comprese. Cambiando vita, si era poi dedicato al recupero di tossicodipendenti ed all’insegnamento di filosofia al liceo classico, fino alla pensione, guadagnandosi la stima di alunni e colleghi, ma non del padre che non l’aveva mai perdonato per i suoi atteggiamenti spregiudicati, giungendo addirittura a diseredarlo. Il professore, una volta in pensione, aveva scelto come dimora una barca a vela bene attrezzata, cedutagli da un lontano parente. Le indagini brancolano nel buio, la vita del professore viene analizzata a fondo, sono interrogati amici, conoscenti e la compagna della vittima, risalendo anche ai frequentatori della vecchia comunità. Viene presa in considerazione l’ipotesi di una vendetta mafiosa da parte di spacciatori, che non vedevano di buon occhio la benemerita attività del professore nel recupero dei tossicodipendenti. Non viene neppure trascurata un’altra pista, l’intenzione cioè della vittima di rivelare finalmente, dopo tanti anni, segreti sulla scomparsa dalla comunità, trentacinque anni prima, di tre ragazzi eroinomani, ritrovati poi sepolti un una fossa.
Ma, come ormai è consuetudine nei thriller dell’autrice, la verità viene a galla solo alla fine: il colpevole va cercato in un ambito completamente diverso, che solo l’abilità e la pazienza della bravissima Vanina riesce a scoprire, scavando come sempre nel passato.
Devo dire che il thriller ha qualche lungaggine di troppo e una miriade di sospettati: un intreccio apparentemente inestricabile, che non sempre riesce a convincere e coinvolgere il lettore. Il ritmo non è quello solito, le indagini sembrano andare troppo a rilento, manca il consueto brio presente negli altri thriller della serie. Lo stile narrativo però è sempre incisivo e brillante, soprattutto nei siparietti ove regna apparentemente la calma: Vanina ha sempre con sé la scorta, non può frequentare bar e ristoranti, ed è costretta a godersi i cibi preferiti sulla scrivania, cibi che “spazzola” sempre da vera golosa, accompagnati da una quantità industriale di cioccolato, che conserva nei cassetti, e dalle immancabili sigarette. Riesce anche a godersi i manicaretti che le prepara Bettina, la padrona di casa, a ristabilire un rapporto affettuoso con il patrigno, a tentare di riallacciare un rapporto durevole con l’eterno fidanzato Paolo Amalfitano, a beccarsi una solenne ramanzina dal burbero e imponente capo della Mobile, Tito Macchia, per essere una sola volta, da incosciente, sfuggita al controllo della scorta.
Il gruppo investigativo è sempre quello, da Spanò e Lo Faro (paragonabili per caratteristiche rispettivamente a Fazio e Catarella del commissario Montalbano di Camilleri) , via via fino all’intramontabile ex commissario Biagio Patanè, al quale non par vero di dare un determinante contributo alle indagini della Guarrasi.
Alla fine dell’ultimo capitolo, il solito colpo di scena riguardante Paolo Amalfitano: cosa accadrà in seguito? Lo sapremo in uno dei prossimi romanzi.
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