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Vanina e Sant'Agata
Catania dal 3 febbraio, e per tre giorni, è tutta concentrata sulle festività per sant’Agata, la patrona della città. Però nel fatale febbraio 2016, le cerimonie sono funestate da un fatto gravissimo. All’interno di una delle carrozze del Senato – usate nella processione iniziale e provvisoriamente parcheggiate all’interno del palazzo degli elefanti, sede del Comune – è ritrovato un cadavere, quasi sgozzato.
Dopo una breve indagine il morto viene identificato come Vasco Nocera, ricco possidente catanese. Il vice-questore Vanina Guarrasi è incaricata delle indagini, ma gli indizi, da principio, sono pochi e inconcludenti. Sono più le domande senza risposte che i punti chiari della vicenda: che ci faceva Vasco in quella carrozza, lui, così devoto a Sant'Agata da seguire passo passo le funzioni durante tutti i tre giorni? Come ha fatto a entrare senza essere notato dalle guardie municipali? A chi aveva pestato i piedi in modo da causare tanta violenza?
L’unica che, forse, potrebbe chiarire la fattispecie è una certa Sergia Vannina, ex fidanzata di Giordano Nocera, figlio della vittima, e, probabilmente, attuale amante di quest’ultima. Ma la ragazza è più sfuggente della Primula Rossa: sempre un passo avanti alla polizia, passa da un albergo di lusso all’altro, dileguandosi senza pagare i conti con rigatini degni del miglior Conte Mascetti di “Amici miei”.
Nel frattempo Vanina è chiamata pure a collaborare con la squadra Catturandi di Palermo, alla ricerca di un pericoloso latitante mafioso, l’unico, tra coloro che le uccisero il padre, ancora a piede libero. Così si vede costretta a spostarsi avanti e indietro tra Catania e Palermo, in un frenetico andirivieni che le riporta alla memoria pure dolorosi ricordi che disperatamente ha cercato di seppellire.
Lo stile della Cassar Scalia è ormai ben noto: scorrevole e godibile. Le storie sono graziose, ben organizzate e agili: più che romanzi gialli intesi come enigmi investigativi da sciogliere, sono racconti di una indagine di polizia, con il puntuale e diligente resoconto delle risultanze istruttorie man mano che vengono all’evidenza. Quindi non c’è da aspettarsi soverchie sorprese o colpi di scena, quanto il dipanarsi di scoperte in vicende a volte ingarbugliate e contorte, ma più spesso banalmente lineari com’è di solito la vita.
Proprio perché l’A. si concentra soprattutto sull’indagine di polizia, difficilmente ci vengono riferiti quelli che i personaggi definirebbero curtigghi (chiacchiere da cortile, pettegolezzi). Peccato che i curtigghi e le notazioni di colore collaterali darebbero spessore ai personaggi, soprattutto a quelli di contorno, che spesso risultano un po’ piatti e incolori, meri nomi per popolare il fondale della scena. Anche la squadra della Guarrasi è popolata soprattutto da nomi, simpatici e fonte, talvolta, di scambi di battute divertenti, ma in generale poco definiti, se si escludono il corpulento capo Tito Macchia con la sua “zita” Marta Bonazzoli, o il commissario in pensione Patanè deus ex machina della risoluzione di parecchi casi. Anche questi ultimi, per vero, sono solo tratteggiati dalle loro piccole manie e peculiarità, ma la loro vita personale raramente ci è riferita, e, comunque, in modo rapido senza darci l’opportunità di averne una visione più completa e tridimensionale.
Resta, poi, la spiacevole sensazione che la Vanina Guarrasi di Cristina Cassar Scalia sia la reinterpretazione della Lolita Lobosco di Gabriella Genisi che s'è spostata in Sicilia (con squadra annessa) e s’è messa a parlare come Montalbano & C. di Camilleri. È pur vero che le situazioni e le vicende sono diverse, ma è difficile ignorare che i punti di contatto e somiglianza sono tanti e particolarmente rilevanti. E il sentore che l’A. si sia ispirata un po’ troppo a questi due archetipi disturba lievemente, soprattutto perché questi godono di una maggiore visibilità grazie alle trasposizioni televisive ed è difficile non pensare a Vanina con la fisionomia di Luisa Ranieri o all’ispettore capo Carmelo Spanò con un viso diverso da quello dell’attore Giovanni Ludeno.
Se si riescono a dimenticare queste suggestioni, però, e si prende come un libro di mero svago rimane una lettura gradevole e distensiva.