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Un cadavere in carrozza.
I tre giorni di festa in onore di Sant’Agata stanno per finire. Siamo a Catania, primi di febbraio, due studentesse francesi iscritte ad un corso Erasmus dell’università entrano per curiosità nel Palazzo degli Elefanti, sede del Comune, e scoprono all’interno di un’antica carrozza (detta “ del Senato”), parcheggiata nell’androne, il cadavere di un uomo con la gola tagliata. Con le urla delle ragazze inizia il thriller ed entra in scena l’équipe investigativa guidata dal brillante vicequestore Giovanna Guerrasi, la Vanina di una serie ben collaudata: l’esperta poliziotta è ben nota per le sue capacità, ha un carattere difficile, è benvoluta dai suoi e ammirata dal suo capo, Tito Macchia, un omone grande e grosso che dirige la squadra Mobile. Il nome della vittima, Vasco Nocera, amplia le ricerche a parenti vicini e lontani e approfondisce le ricerche sulla vittima, un anziano sfaccendato, implicato in compravendite di immobili e altri traffici, separato dalla moglie ma immischiato in avventure galanti. Le indagini sospettano una vendetta amorosa, anche perché vengono alla luce validi motivi che potrebbero suffragare un delitto per gelosia, ma la nostra Vanina, che ama scavare in profondità valutando anche i riscontri apparentemente meno significativi, riesce a individuare un filone ben lontano dalle evidenze, una storia legata addirittura alla seconda guerra mondiale e ad una serie di ingiustizie, truffe ed eventi anche delittuosi. Assicurato alla giustizia il vero colpevole, Vanina non tralascia un’altra ricerca che le sta a cuore: rintracciare, grazie all’aiuto dei colleghi di Palermo, l’ultimo latitante della banda che uccise suo padre vent’anni prima. Ne conseguono diversi viaggi a Palermo, la sua amata Palermo, dove c’è anche qualcuno che, ricambiato, le vuole bene.
Il personaggio di Vanina si impone con naturalezza: fossimo in ambiente cinematografico, si direbbe che buca lo schermo, con i suoi pregi e le sue abitudini, in primis l’abuso di Gauloises, la passione per la buona cucina e gli spuntini disseminati qua e là. La scrittrice è riuscita a creare una figura di poliziotta che entra subito nelle simpatie del lettore, dura e burbera quando occorre con i sottoposti, fragile e stizzita quando, ad esempio, percorre la Catania-Palermo, una delle autostrade più disastrate d’Italia, a gran velocità. Il lavoro è la sua priorità, un lavoro ossessivo e minuzioso, che rende insonni le sue notti, con la speranza, afferma che “… a un certo punto della vita la priorità è scialarsela il più possibile e come meglio si crede”. Neppure lei sa quando questo “certo punto” si presenterà.
Lo stile narrativo è puntuale ed essenziale. Nei colloqui è ben dosata l’espressione dialettale. Una Sicilia invernale fa da sfondo naturale alla vicenda; non è una Sicilia da cartolina, ma è quella in cui opera la nostra poliziotta, caratterizzata da una città, Catania, ricca anche di locali alla moda, ristoranti etnici, ritrovi festaioli. Del resto la scrittrice stessa afferma in un’intervista alla Gazzetta del Sud di sentire la Sicilia come “un vero e proprio personaggio dei suoi libri, capace di essere una grande attrattiva sui lettori”.
Un thriller consigliabile, anche per l’abilità dell’autrice di far convergere l’attenzione su un determinato filone di indagini per poi spiazzare il lettore con un colpo di scena magistrale, a coronamento di una serie di indizi raccolti pazientemente nei capitoli finali.