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Anche le rose sanguinano
Ormai sono alcuni mesi che Anita Bo lavora come dattilografa nella casa editrice che pubblica la rivista di polizieschi “Saturnalia”. È felice del suo ruolo che, in un’occasione, è sfociato in qualcosa di ben più serio ed eccitante del battere alla macchina per scrivere le traduzioni dei gialli americani dettati dal suo capo Sebastiano Satta Ascona. Assieme a lui, infatti, ha indagato su un brutto omicidio e, una volta accertato come i fatti s’erano veramente svolti e che il colpevole era diventato un eroe del fascismo, ne avevano tratto un racconto di denuncia camuffato da storia proveniente dall’estero, per non irritare gli occhiuti censori del regime.
Ora siamo in pieno agosto e a Torino regna la calma, però – durante un ricevimento dei conti Pazzaglia a cui, per dovere di ruolo, partecipa pure Sebastiano con la fidanzata Mavì – viene scoperto il cadavere di una ragazza ai piedi del cancello d’ingresso. Si chiamava Gioia, era sordomuta ed era la madre naturale del bambino che i conti hanno appena adottato e per festeggiare il quale hanno dato il ricevimento. Perché la ragazza si trovava lì? Com’è morta? È stato un incidente causato dal tentativo maldestro di intrufolarsi nella festa? O non piuttosto un omicidio, tenuto anche conto dei tanti lividi che ne ricoprivano il povero corpo?
Anita, Sebastiano e Diana, l’amica di Gioia che assieme a lei era assistita dall’OMNI, l’organizzazione che si occupa (maldestramente) delle ragazze madri, propendono più per la seconda ipotesi, ma come fare ad accertarlo e, poi, come comportarsi per ristabilire un po’ di giustizia, nell’ipotesi in cui si sia trattato davvero di un omicidio, ma commesso da qualche personaggio “intoccabile”?
Seconda avventura per la procace e irruente ragazza torinese degli anni ’30. Questa volta, assieme al suo capo, contribuiranno a investigare sul caso anche la sua amica del cuore, Clara, e la sua ex professoressa Candida Fiorio, che, guarda caso, è patronessa dell’ONMI.
Il romanzo prosegue nei toni lievi già noti e, con garbata ironia e tocco gentile, racconta sia la vicenda gialla, non particolarmente aggrovigliata, sia, soprattutto, la vita e i sentimenti di Anita che si dibatte tra un blando antifascismo – dettato più da un senso generale di ribellione contro tutte le forzature e imposizioni (comprese quelle della sua tirannica madre Mariele) che da precise idee politiche – un, ormai tiepido, affetto per il suo fascistissimo fidanzato Corrado Leone, un’infatuazione faticosamente repressa per il suo capo, e l’eccitazione adrenalinica che le suscita il suo occasionale ruolo di investigatrice ombra e di autrice, a mezzadria, dei racconti-denuncia che Satta Ascona firma su Saturnalia con lo pseudonimo di John Dorcas Smith.
La lettura scorre veloce sino alla prevedibile conclusione strappando qualche risata e, in generale, donando momenti di distensivo divertimento. L’ambientazione è accurata e corretta, anche se, forse, accetta in modo un po’ pedissequo tutti i luoghi comuni legati al periodo. Tuttavia, non volendo essere un romanzo di critica storica o, comunque, impegnato, risulta è accettabile.
Lo stile, come detto, è fluido e leggero, ma non banale. Magari si potrebbero ridurre gli incisi tra parenesi, e lo dice uno che di suo sa di abusarne. L’ironia spesso è ben calibrata e coglie nel segno. Forse, alla lunga, possono risultare fastidiosi certi tormentoni a cui l’A. pare non aver voglia di rinunciare. Questi, inizialmente, risultano pure divertenti, ma vengono reiterati con eccessiva frequenza. Mi riferisco, ad esempio, all’abitudine di inserire paragoni paradossali o anacronistici giusto per fare umorismo (“Sembrerebbe un esperto di arti marziali, se lei o Anita sapessero qualcosa di arti marziali”; “Anche Diana sta guardando Anita con occhi tondi da tarsio (se almeno una delle tre ragazze nella stanza sapesse cos’è un tarsio". E così via…).
Però, ripeto, è un romanzo leggero, che sfrutta il momento storico solo come fondale davanti al quale ambientare le proprie rappresentazioni, quindi sono accettabili anche artifici retorici un po’ abusati.
L’unico timore è che la serie, per ora decisamente gradevole, continui sugli stessi toni anche in futuro, divenendo ripetitiva e monotona.