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Dalle nove a mezzanotte
 
Dalle nove a mezzanotte 2022-09-23 13:26:30 Bruno Izzo
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    23 Settembre, 2022
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Crazy love

Questo romanzo è un sequel: spesso accade che il seguito di una storia sia in qualche modo meno attraente dal precedente, di cui rimarca ambiente e protagonisti principali.
A mio parere, invece, stavolta è il contrario, questo testo è forse meglio definito, ugualmente ben scritto, ma con una marcia in più, uno step qualitativo superiore rispetto a “Brisa”, nome proprio della protagonista e insieme titolo del lavoro precedente a questo, ambedue a firma di Paola Rambaldi.
Tuttavia, è un testo a se stante, non è indispensabile aver letto il libro precedente.
Brisa non è un soprannome, anche se nel dialetto in uso nei luoghi in cui si dipanano le sue avventure significa “non farlo”, è davvero il nome di battesimo di una giovane ragazza sui generis della provincia emiliana dei primi anni Sessanta. Una persona decisamente particolare, non tanto per le sembianze comuni e quasi banali, ma per un tocco diciamo così esoterico, se non paranormale.
La giovane infatti possiede un qualche fortunato talento nell’indovinare con esattezza il sesso dei nascituri, imponendo le mani, anche se con somma riluttanza, sul ventre delle partorienti, vi lascio immaginare come fosse una pratica assai richiesta in un’epoca in cui le ecografie erano ancora di lì a venire, ben lontane dall’essere prassi primaria in una gravidanza come oggi. Non solo; in particolare Brisa, suo malgrado provvista di accessori ad hoc per il ruolo di indovina, o di “stria”, che sta per strega, le invidie non mancano mai per qualsiasi cosa; le adorna il capo, infatti, una lunga treccia nera, e soprattutto spicca una innocua anomalia genetica, per cui ha un occhio con iride di colore diverso dall’altro. Il suo tocco magico, comunque esagerato dalle dicerie paesane, più spesso è anche una maledizione: certamente è provvista di una qualche spiccata sensibilità, realmente la giovane si accorge di provare delle sensazioni, o come altro si possono definire una serie di premonizioni, flash, immagini fuggenti e mai perfettamente delineate, sulla sorte di soggetti scomparsi, ritratti in fotografia, allorché in qualche modo non solo le immagini ma anche oggetti personali di pertinenza degli scomparsi sono sottoposti alla sua attenzione fisica e visiva. C’è da rimarcare che Brisa non è una sensitiva o un fenomeno da baraccone, lo diventa per vox populi ignorante ed interessato, questo ricorrere alle sue pretese arti magiche è un evento sporadico non replicabile a comando, ne incorre spesso per caso, talora anche dopo una spiacevole coercizione a cui deve prestarsi se non a forza, comunque contro la sua volontà. Va da sé che ad un simile talento consegua quasi motu proprio la pratica di indagini su misteri, scomparse, fatti delittuosi, inghippi e raggiri. Tuttavia, sia nel primo volume che in questo secondo che la vede protagonista, non si tratta di gialli propriamente detti, o almeno non sono solo thriller, sono invece bei racconti, in particolare questo che abbiamo tra le mani è ricco, articolato, incisivo, la sua caratteristica peculiare è che tutto è eccetto che un tranquillo mistery, un racconto pacato e misterioso. Questa è una storia frenetica, briosa e intelligente, non è un ricordare altri tempi e altri costumi, e un descriverli a brevi linee, questo è un testo in cui si nota la cura, l’impegno, la fatica e l’attenzione dell’autrice, è un piacevole tourbillon di luoghi e situazioni, di uccisioni e tentati omicidi, di nefandezze dell’animo umano e di amori tanto teneri quanto aggrovigliati, di deliri e passioni. Inizia su un traghetto che porta in vacanza sull’Isola d’Elba una sorta di compagnucci della parrocchietta, si dipana per l’assortita provincia emiliana tra amori, amorucci, violenze e prevaricazioni, trovando il suo epilogo, triste, inaspettato e sconcertante, a Bologna. Dalle nove a mezzanotte, dall’alba al tramonto, nella luce e nel buio sia dei luoghi che dei cuori, Paola Rambaldi non dà tregua al suo lettore, lo rapisce, lo avvince, lo trascina a rotta di collo nel dipanarsi dei fatti, sa farsi leggere, seguire con spasmodica attenzione, è autrice scorrevole, frizzante, drammatica, comica, deliziosa, racconta con pari incisività amori e tragedie, la passione in tutte le sue sfaccettature, da quelli più semplici a quelli esasperati, da quelli romantici al crazy love che ti fa andare fuori di testa, e poi ancora persone splendide e lestofanti della peggiore specie, canzoni e canzonette, Little Tony e Elvis Presley, fatti storici e storiche catastrofi. Il tutto è un fiume in piena, scorre rapidamente tra anse, rocce emerse e spuntoni nascosti. Direi di più, i meriti di Paola Rambaldi non si esauriscono qui, la scrittrice bolognese offre il meglio di sé quando, con sensibilità e struggente tenerezza, indugia sui suoi soggetti preferiti, donne e bambini. La Rambaldi senza tanti fronzoli spiega qui, in maniera quanto mai chiara incisiva ed esauriente, quali fossero per esempio le difficili condizioni d’essere all’epoca di donne e bambini, gli anelli più deboli nell’ arcaico contesto sociale dell’Italia del boom economico, bacchettona e perbenista, misogina e patriarcale, permeata di illusioni e ipocrisie. Sottolinea esplicitamente quanto doveva essere problematica la vita sentimentale e passionale delle giovani in quegli anni e in quei luoghi, in cui la parità tra i sessi, il diritto di scegliere, la rivoluzione sessuale erano ancora lungi dal venire, gli anticoncezionali una chimera sconosciuta o proibita, il perbenismo bigotto imperante, e l’irresponsabilità ed il menefreghismo dei giovani maschi un modo d’essere abituale di cui vantarsi pure. In un ambiente simile, difficile a viversi per i motivi più svariati, spesso anche i bambini sono vittime, un malinteso senso di inadeguatezza porta a trascurare i piccoli, a non seguirli, ascoltarli, accudirli, prestargli la necessaria attenzione perché di cosa altro possono preoccuparsi più che giochi, giostre e balocchi, è comodo e pretestuoso presumerli sempre innocenti, spensierati e fortunati e in qualche modo salvaguardati dalle miserie della vita per il fatto stesso di essere bambini. Con le conseguenze del caso, spesso tragiche, se non stupefacenti. Tutto questo narrato in fretta, tutto di corsa, Paola Rambaldi non concede requie, la colonna sonora, il leit motiv di “Dalle nove a mezzanotte” è un rock and roll, il ritmo proprio di quel tempo; un ritmo che scandisce in fretta il passaggio tra la miseria dei tempi di guerra e del dopoguerra, ed i fasti e le promesse dei favolosi anni Sessanta. Che tanto fantastici non devono proprio essere se tanti, troppi, ricorrono a delitti, al buio, allo scuro, si affannano in questo dalle nove a mezzanotte. Paola Rambaldi lo afferma invece chiaro, la luce giusta invece è Bianca, e ha le sembianze di una ghiandaia. Concordiamo con lei, il cielo più spesso è in una stanza, non in una dimora grande e buia.



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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Consigliato a tutti, anche a chi non ha letto il precedente "Brisa" a firma della stessa autrice.
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