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I killer dei secoli che furono
In molti, ormai, si sono cimentati nell’impresa di ambientare un romanzo giallo, nello stile delle moderne indagini poliziesche deduttive, in epoche più o meno lontane. I risultati sono stati alterni e si è passati da capolavori come “Il nome della Rosa” a operine improbabili, magari con protagonisti grandi personaggi del passato che vestono, loro malgrado, gli scomodi panni degli Sherlock Holmes di turno.
In questo volume sono stati riuniti racconti più o meno brevi che, a partire dall’epoca romana sino all’Ottocento, inseriscono crimini violenti entro il normale fluire di eventi storici reali o verisimili. Abbiamo, perciò, Valerio Massimo Manfredi che ci narra la sua versione dell’incredibile sparizione dell’oro di Antioco di Siria che causò la caduta in disgrazia dei Cornelii Scipiones. Danila Comastri Montanari ambienta il suo giallo in epoca imperiale, tra ex gladiatori e postriboli. Alfredo Colitto, in una Bologna medievale, investe il rinomato patologo Mondino de’ Liuzzi del compito di sbrogliare un truce episodio di uccisioni rituali. Giulio Leoni tira in ballo Leonardo da Vinci e Carlo Martigli ci mostra le sbracate avventure di Pietro l’Aretino in giro per l’Italia. Scilla Bonfiglioli ci riporta in una Bologna squassata da lotte intestine all’indomani della caduta dei Bentivoglio. Da ultimo abbiamo la truculenta fine di Albrecht von Wallenstein durante le guerre di religione in Germania (narrata da Alan Altieri) e, a cura di Lorenzo Fontana, un omicidio nell’Italia pre-unitaria, a Firenze, durante una piena dell’Arno.
È difficile dare una valutazione complessiva a un’opera cosi variegata il cui unico elemento d’unione deriva dal fatto che siamo riportati indietro nel tempo, ma che mischia storie, epoche e autori diversi, ognuno con il suo peculiare stile.
La sensazione complessiva è che il breve spazio concesso sacrifichi troppo la trattazione della vicenda gialla, che, di per sé, dovrebbe essere sempre articolata e intricata, e, così la soffochi e deprima, sintetizzandola. Ovviamente, però, molto dipende dalla capacità di sintesi del singolo A. e dal tema scelto: l’episodio narrato da Manfredi, ad esempio, è abbastanza noto e non particolarmente contorto, quindi regge abbastanza bene i limiti di lunghezza imposti. Semmai appare poco “poliziesco” nel senso che non ci sono molti enigmi da risolvere, ma si tratta solo dell’interpretazione di un fatto storicamente ben noto. Per contrasto il racconto di Colitto è meglio armonicamente sviluppato nel romanzo tratto dalla medesima storia (“Il segreto dell’alchimista”). Qui, invece, la narrazione appare affrettata e incompleta, lasciandoci più domande che risposte. Si prova un po’ di tenerezza per Leonardo, continuamente “tirato per la tunica” a giocare i più variegati ruoli per aver avuto la sola colpa d’essere un genio. Carino il viaggio per l’Italia di Pietro l’Aretino, anche se di “vicende poliziesche” se ne intravedono poche. L’investigazione nella Firenze del 1844 è ben congegnata, ma forse, anche in questo caso, un libro di 200 pagine avrebbe reso più giustizia di un racconto di una dozzina solo.
Comunque gli episodi sono generalmente gradevoli e la quota di maggior interesse va alla parte strettamente storica, che ha il merito di richiamare alla mente un’ambientazione o un episodio realmente avvenuto.
Anche lo stile narrativo, pur nella mutevolezza degli AA., in genere è scorrevole e piacevole. Fa eccezione, in negativo, Altieri che usa una tecnica di scrittura smozzicata e affannata, spesso priva di verbo reggente, caotica e arruffata al punto da divenire a tratti un pappone difficilmente digeribile.
In conclusione questa antologia è, comunque, un piacevole intermezzo rilassante e, con tutti i limiti della finzione romanzata, pure istruttivo. La brevità dei racconti, se, come detto, può essere considerato un limite per certe storie, d'altro canto aiuta una lettura agile e, magari, solo occasionale, fatta nei ritagli di tempo, per nostro puro svago.