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Una lametta tra i denti
Il mio primo De Giovanni, senza dubbio l'ultimo.
La domanda che per tutto il libro mi ha invaso la mente è stata: perchè uomini cresciuti in una cultura patriarcale si intestardiscono a scrivere di cosa provano le donne?
Stereotipi privi di autoironia sono presenti in ogni pagina, ma non è neanche la parte più fastidiosa del libro.
L'unico piano di lettura che si riesce ad analizzare è quello narrativo, una trama lineare a cui manca la caratteristica più importante per una storia: la verosomiglianza.
Sappiamo bene che a volte la realtà supera la più fantasiosa delle finzioni, ma una narrazione dovrebbe cercare di evitare il più possibile le svolte forzate, come è facile intuire non avviene in questo titolo.
Ripeto non è neanche questa la parte più fastidiosa del libro.
I personaggi che si incontrato appaiono monodimensionali, privi di un qualunque spessore, approfondimento o evoluzione psicologica, sagome di cartone scolorite dal sole, incapaci di interagire in modo credibile tra di loro, immobilizzati dagli stereotipi di cui sono composti.
I personaggi femminili appaiono così stereotipati che se non fosse per la totale mancanza di ironia si potrebbe pensare di essere davanti ad una parodia: come un uomo, che crede di capire le donne, descrive i sentimenti delle donne.
Leggere questo libro dà la stessa sensazione dell'ascoltare “Quello che le donne non dicono” della Mannoia: qualcosa di simile al masticare una lametta affilata.
Ma ancora non è la cosa più fastidiosa del libro, sapete qual è questa cosa?
I dialoghi, conversazioni che mai avverrebbero nella vita reale, spesso con informazioni che per forza i personaggi devono conoscere inserite in una conversazione per introdurre situazioni che il lettore non può conoscere e che lo scrittore, evidentemente non riesce a trasmettere attraverso un uso sapiente delle parole.
Il lessico utilizzato è semplice e lineare, qualche parola ricercata che forse ci vuol avvisare che, volendo, si potrebbe anche fare di più, ma che non è necessario.
Non riuscirò mai a capire perché certi libri devono essere scritti, quale molla possa spingere a raccontare storie in cui gli spunti di riflessione annegano nella banalità, in cui la storia non permette di vivere un'altra vita, in cui le scelte o le azioni dei personaggi non hanno motivazione, ma sembrano solo vagoni posizionati a caso su un binario morto.
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