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Nel bosco una scoperta agghiacciante.
Il protagonista è il vicequestore Rocco Schiavone, ben noto ai lettori che seguono da anni le vicende del personaggio, scorbutico e leale, apparentemente stanco della vita e del lavoro che fa ma sempre determinato a condurre le indagini cui è preposto con abnegazione, sagacia e profonda determinazione, anche litigando con i superiori e non di rado infischiandosene dei regolamenti. E’ un solitario il nostro Schiavone, ha perso la moglie per colpa di una banda armata guidata da un dirigente di polizia, Mastrodomenico, dedito al traffico di droga, ed ha come unica fedele compagna un’ affettuosa cagnona, Lupa, incinta e prossima al parto. Ed ecco il fatto che sconvolge le attività di Rocco e dei suoi: in un bosco dell’aostano vengono alla luce alcune ossa, ossa di un bimbo sepolto anni prima dopo essere stato ucciso (si saprà poi) per strangolamento. Si mette in moto la macchina investigativa, si cerca in zona, si interrogano (dopo aver accertato l’identità della vittima) parenti, maestri, negozianti della zona, si visionano i filmati delle telecamere prossime alla scuola, si controllano i percorsi di auto sospette, senza tralasciare esplorazioni nelle aree più nascoste della rete, dark e deep web. Emergono messaggi e immagini agghiaccianti, il cerchio si stringe su un gruppo di pedofili, se ne scoprono le relazioni ed i soprannomi. Sulle povere ossa lavorano intanto l’anatomopatologo, coadiuvato da un antropologo, un archeologo forense ed una botanica, di grande aiuto per scoprire, dall’esame degli arbusti trovati nella fossa, l’anno del seppellimento. Le indagini proseguono per poco più di una settimana, alacremente e quasi ininterrottamente, giungendo, tra delusioni, depistaggi e speranze, ad un’amara conclusione: si scopre un insospettabile colpevole, vicinissimo alla madre del bimbo, un vero e proprio colpo di scena.
La storia coinvolge emotivamente, per l’argomento trattato e per l’infaticabile azione investigativa condotta dal vicequestore Schiavone e dai suoi collaboratori. Proprio il vicequestore è magistralmente pennellato dall’autore: un personaggio abituato per il lavoro che svolge ad agire in collaborazione con altri poliziotti, ma che, di natura sua, è un solitario, introverso e scorbutico, forse timido, incapace dopo la tragica morte della moglie di coltivare altri rapporti amorosi, nonostante una giornalista amica cerchi di dimostrargli attenzioni e affetto. Ma il ricordo di Marina, la moglie adorata, non l’abbandona mai: nei sogni e nei soliloqui, la rivede vicino, le chiede consigli, la rimpiange, rivelandosi ancora perdutamente innamorato. E rivelando la sua profonda umanità. Memorabili sono alcune frasi che Manzini fa pronunciare a Schiavone, ad esempio sui figli (“ i figli ti trasformano in una persona che implora l’amore”), sull’esistenza (“ i binari dell’esistenza si incontrano e si dividono, senza lasciare traccia del loro coincidere”), sulla fede (“…credere nella natura. Ma quella ha regole troppo dure per gli esseri umani, ecco perché dobbiamo dare la colpa a qualcuno di averla creata”).
Pure sui cosiddetti “social media”, Schiavone esprime un parere lapidario, che condivido appieno: “..nessuno ascolta i pareri delle persone colte. C’è Facebook per le opinioni”. Quanta saggezza!
Lo stile narrativo di Manzini è, anche in questo diciottesimo episodio della serie di Rocco Schiavone, semplice, stringato, colloquiale, caratterizzato da due punti cruciali: all’inizio, quando viene scoperta la fossa con i resti del bimbo ucciso, e alla fine quando inaspettatamente viene individuato il colpevole, non particolarmente sospettato. Nel mezzo, la trama delle indagini, complesse e ben guidate dal vicequestore, aiutato dai suoi storici collaboratori, ognuno ben descritto con i suoi punti di forza ed i suoi limiti: colpi di scena e sospettati ad ogni capitolo, con pause di riflessione su vita, rimpianti e nostalgie del protagonista.
E infine c’è Lupa, la consolazione di quell’anima tormentata di Rocco: i suoi tre cuccioli, che nascono alla fine del romanzo, saranno subito adottati dai seguaci del vicequestore.
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