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Tre avventure per Bordelli
Torna Marco Vichi con il suo protagonista d’eccellenza, il commissario Bordelli, nell’antologia intitolata La casa di tolleranza. Il libro raccoglie tre avventure con questo protagonista: una, la prima, che conferisce il titolo al libro, la seconda intitolata Morto due volte, e l’ultima Natale in guerra.
La prima è ambientata a Firenze nel 1949. La guerra è appena finita e i suoi echi tragici si sentono ancora. Bordelli è un vice commissario, quando riceve l’ordine di recarsi per un controllo alla “casa di tolleranza” gestita da Madame Fedora. Lì incontra una donna bellissima, che quando non esercita il suo mestiere fa la maglia, e si chiama Rosa, ed è destinata ad avere un posto centrale nella vita di Franco Bordelli. Lei è una
“bella ragazza bionda, aveva l’aria da adolescente ingenua che vede passare accanto a lei il peggio della vita senza soffrirlo, come se il Male fosse una fortezza volante che scaricava le sue bombe sempre da un’altra parte.”
Rosa sa fare degli splendidi ed utili massaggi alla schiena un po’ martoriata del vicecommissario, ed è per questo molto apprezzata da lui. Ma un giorno lei gli rivela di un ambiguo dirimpettaio, che è solito uscire di casa travestendosi. Perché lo fa? Chi è in realtà costui? Un inizio brillante, prodromo di una carriera molto promettente.
Nel secondo racconto, intitolato Morto due volte, gli ingredienti salaci sono:
“Due tombe con lo stesso nome, un ebreo deportato, una bara vuota in cui non c’era mai stato il morto”.
Avvincente e potente!
Nell’ultimo, intitolato Natale di guerra,
“Era la vigilia di Natale, mancava poco a mezzanotte”,
e siamo a Firenze nel 1966. Bordelli ricorda con nostalgia la notte di Natale del 1943 quando in Abruzzo si è trovato in compagnia di due sconosciuti, di cui uno si chiama Curzio Malaparte. Per passare il tempo i tre si raccontano vicendevolmente delle storie: per il commissario Bordelli, una, tenera e commovente, che riporta alla sua infanzia, e per Malaparte, invece, una cinica e tragica. La migliore?
Su tutta la narrazione incombe il dipinto mutevole di una città come Firenze, che:
“Era una bellissima città, da vedere. Le chiese, le torri, i colori dei tetti, le colline che si alzavano morbide verso il cielo, davano una bella sensazione. Ma viverci era tutta un’altra cosa. I fiorentini erano infidi e diffidenti, incapaci di vivere serenamente i propri sentimenti e di accogliere i forestieri.”
L’antologia scorre via veloce, e per chi non lo conosce, è una occasione proficua per conoscere meglio il commissario Franco Bordelli. Per gli altri, altre nuove, avvincenti, avventure. Nel complesso un buon libro, una trama solida, personaggi ben delineati, ne costituiscono il prodromo per una lettura di qualità che avvince il lettore, amante di questo tipo di narrazione.