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"La mente è più potente della coscienza"
Otto mesi dopo il ritrovamento, nei boschi del Mugello nei pressi di Firenze, di una vecchia Panda abbandonata, utilizzata come rifugio e con una gomma forata, viene scoperto nei pressi, da parte di una anziana donna addestratrice di cavalli, un bambino (si conoscerà in seguito il nome, Nico), adagiato tra i cespugli, in buone condizioni, ben vestito, apparentemente muto e privo di reazioni. La donna lo conduce alla sua cascina, lo rifocilla e lo consegna all’autorità giudiziaria, che, per capirci qualcosa, lo affida ad un esperto psicologo ed ipnotista, Pietro Gerber, il protagonista degli ultimi due romanzi dell’autore. Costui, specialista in psicoterapia dell’infanzia, separato dalla moglie per incompatibilità di carattere, tenta con l’ipnosi di entrare nella mente del ragazzo, che, opportunamente stimolato, si esprime con una voce che non gli appartiene, raccontando fatti che inducono un giudice ad accusarlo di matricidio e successivamente portando alla luce una storia non sua, eventi di circa vent’anni prima, allorquando ad un ragazzo della sua età un misterioso ed inquietante sconosciuto fa credere di essere stato abbandonato dai genitori, scomparsi dopo la sua irruzione in casa. Questi, definito “orco” o “affabulatore”, non solo riesce a entrare nella mente del ragazzo, ma disorienta anche l’ipnotista, con strani messaggi, depistaggi, condizionamenti psicologici. L’ipnosi mette in luce verità nascoste, le certezze dello psicologo sembrano svanire, preda di eventi che sembrano imporre altre verità: il ruolo di carnefice e vittima sembrano alternarsi, in un abisso in cui la mente umana sembra ingannare sé stessa, facendo apparire vero ciò che non lo è e falso ciò di cui si ha certezza.
Seguire l’evolversi della vicenda non è facile, anche perché vi appaiono riferimenti al precedente romanzo della serie di Pietro Gerber (“La casa delle voci” del 2019). Le vicende dell’ipnotista e delle sue sensazioni fanno riflettere sulle potenzialità della mente umana e sulle capacità dell’ipnosi di alterarla, facendo emergere, con opportune metodiche, fatti sepolti nel passato e apparentemente dimenticati. Il romanzo pone inoltre molti interrogativi su fatti non ben comprensibili o irrisolti. Ad esempio: si scoprirà l’identità del famigerato “orco”, le cui iniziali A.D.V. appaiono misteriosamente incise sul muro della cascina dell’addestratrice di cavalli e successivamente sono individuate sulla camicia di un misterioso personaggio con cicatrici da ustione che riapparirà nel finale? Che fine hanno fatto Nico e sua madre? Il dodicenne della storia è o non è un assassino? L’episodio del penultimo capitolo, quello del bambino portoghese scomparso nel parco, totalmente isolato dal contesto del romanzo, avrà un seguito in un eventuale terzo capitolo del ciclo di Pietro Gerber? Anche se lo stile narrativo di Carrisi è sempre affascinante e coinvolgente, la materia trattata ed i suoi risvolti sembrano frenare le emozioni e rendono la lettura non sempre agevole e comprensibile. Un plauso comunque all’autore, che sembra ben padroneggiare gli argomenti esposti, avvalendosi anche del contributo e della disponibilità di due valenti ipnotisti, citati in una nota finale.
Da sfondo, una Firenze con i suoi palazzi rinascimentali, le sue vie ed i suoi ritrovi caratteristici: l’ambientazione quasi sempre notturna del romanzo ed un clima umido e piovoso sembrano quasi renderla complice di misteri ancora irrisolti.