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La rabbia di Pietro
«E fu a questo punto, pensando agli eserciti, che Pietro d’improvviso, come gli accadeva da qualche tempo, fu preso dalla rabbia. La sentì montare come un toro infuriato dentro di sé e dovette serrare la mascella e stringere i denti e le mani dentro le tasche per reggerne l’urto. Socchiuse gli occhi velati da un manto scuro, respirò, e i dannati contorti, gli olivi neri del campo, divennero un mare di fanti morenti che urlavano e lo chiamavano.»
Siamo a Firenze, 1937. Pietro è rapito dalla musica. La sta ascoltando con occhi socchiusi. È il suo compleanno e stanno festeggiando così. Questo è il regalo del Conte che ben sa quanto il contadino ami l’opera. Ma né Pietro né il suo ormai caro commissario Vitaliano Draghi, immaginano cosa si sia perpetrato sulle colline della Certosa del Galluzzo. La neve imbianca i suoli e i cieli, un illustre ospite viene rinvenuto privo di vita e di lì a poco anche il Priore. Che si tratti di una coincidenza? Che i due fatti siano tra loro collegati? Che le circostanze siano condotte da un filo invisibile? Un jolly nella mano destra del Priore complica ancor più le carte così come la reticenza posta da parte del personale. Che ruolo hanno, ancora, i fiammiferi rinvenuti nella tasca del primo morto e che rimandano alla casa di appuntamenti di Madame Saffo? E se una giovane vergine fosse stata preparata a un futuro innegabile e inevitabile? Cosa lega, ancora, un convento di certosini al bordello?
Ed è da queste brevi premesse che ha inizio “La rabbia del lupo” ultima fatica di Fabrizio Silei, autore già noto al pubblico dei più piccoli e che ha fatto il suo esordio anche nella narrativa giallo-storica per adulti con “Trappola per volpi”, Giunti, opera che anticipa appunto le vicende di cui allo scritto odierno. La narrazione scorre rapida e non deve spaventare la mole. Le pagine si susseguono con un ritmo ben cadenzato che alterna ricostruzione storica con il mistero da risolvere. Tra le pagine non vi è però soltanto un giallo perché il Lupo ha una rabbia sopita che torna qui ad emergere tra ingiustizie e periodo storico infausto che purtroppo tutti conosciamo.
Ecco perché il romanzo si lascia letteralmente divorare. Dimostra uno sviluppo e una maggiore maturazione rispetto al precedente e non delude le aspettative. Al contrario. I personaggi sono ben caratterizzati ed entrano subito in sintonia ed empatia con chi legge. Un elaborato da gustare e di grande piacevolezza.
«Il suo non farcela più a sopportare, a pazientare, a stare al proprio posto come aveva fatto esemplarmente tutta la vita e avevano fatto generazioni di contadini prima di lui chinando la testa di fronte a padroni e generali, al potere e all’ingiustizia, dicendo sempre Sissignore.»