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L'assassino che non ti aspetti
Carlo Lucarelli, scrittore, giornalista, saggista, fumettista, noto anche come figlio dell’ematologo Guido e addirittura pronipote del famoso inventore Antonio Meucci, propone con questo nuovo romanzo un’avventura di uno dei suoi personaggi preferiti, l’ispettore bolognese Grazia Nigro. La poliziotta è in una fase difficile e delicata della vita, ha appena partorito due gemelle ed è stata anche responsabile dell’arresto di un feroce serial killer, detto “l’iguana”: lei ha paura per le bimbe e per sé, anche per il non trascurabile motivo che il criminale è riuscito a fuggire dall’ospedale psichiatrico dove era ricoverato e dove vengono trovati due cadaveri in una vasca da bagno, in una pozza di sangue. Queste le premesse. I personaggi sono molti e variegati: Simone, un ragazzo cieco tutto dedito al culturismo, che ha aiutato la Negro, con la quale ha avuto teneri rapporti, a catturare il folle, poi uno psichiatra, altri questurini, tutti all’erta nell’attesa che il “mostro” ( eh, sì, perché Grazia è l’esperta della caccia ai “mostri”) commetta qualche errore o caschi in qualche tranello. Così il romanzo prosegue, con qualche ben studiato colpo di scena: trovato l’Iguana, ecco che compare un altro possibile criminale, fermato grazie all’intraprendenza di un solerte tassista bolognese. C’è una certa difficoltà nel seguire la trama, forse con troppi personaggi che si affollano sulle scene dei crimini e una certa discontinuità nella trama narrativa. Ma è il colpo di scena finale che intriga e sorprende il lettore: c’è un altro “mostro” in circolazione, apparentemente inoffensivo, nessuno lo teme, sembra uno dei “nostri”, ma riesce a mimetizzarsi astutamente, recitando il ruolo di innocente al di sopra di ogni sospetto. Ha i dentini di un topo, le movenze aggraziate e rapide di un astuto roditore, e, nel contempo, cerca disperatamente un “amore” (“amami” sussurra ripetutamene nel romanzo) impossibile da raggiungere. Ed è proprio questo inatteso personaggio il vero “mostro”, che del “mostro”, al contrario dei primi due, non sembra avere nessuna caratteristica.
Il romanzo non è diviso classicamente in capitoli, ma consta di tre parti, tante quanti sono i killer che le caratterizzano. Inframmezzate, poi, vi sono pagine ( non mi va di dire che sono la parte meglio riuscita del racconto, ma quasi quasi…) intitolate “Bologna 5”, dedicate ad un tassista bolognese al quale tocca trasportare gli assassini o presunti tali: vi sono descritte le sue esitazioni, le paure nel far salire i sinistri figuri, il senso di liberazione nel riuscire ad incastrarne uno con l’aiuto di un’auto civetta della polizia. E’ un personaggio speciale, tipico bolognese, innamorato della sua città e dell’aria che vi si respira e che ispira sentimenti di amore e rancore, di rassegnazione e speranza: una figura speciale, che rompe a tratti l’atmosfera tumultuosa e cupa dell’intera storia.
Lo stile narrativo è altalenante, ora colloquiale e diretto, ora più elaborato, con citazioni ripetute da una canzone giapponese di pochi anni fa (“Lost umbrella”), dal significato piuttosto controverso ma che una recente traduzione inglese propone così : “l’ombrello rappresenta i sentimenti di una ragazza, che lo usa per proteggersi quando è in difficoltà per la pioggia: ma appena la pioggia cessa, lo stesso ombrello viene gettato e dimenticato”. I versi della canzone si adattano bene al personaggio che emerge alla fine del romanzo.