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Scusa, ficus, mi spieghi com’è la vita?
Una polo rossa che precipita al suolo dal quinto piano. Poco male se dentro non ci fosse un povero ragazzo di trentaquattro anni… Così comincia il romanzo d’esordio di Sarah Savioli; un inizio shoccante, ma, tutto sommato, convenzionale: un omicidio (è assai probabile infatti che lo sia) è il cardine centrale attorno a cui far girare un romanzo che vorrebbe essere (anche) poliziesco. Ma “Gli insospettabili” è tutto fuorché convenzionale.
Ce lo fa capire subito Anna, la protagonista-narratrice della storia. Anna è una investigatrice per caso: aveva un lavoro normale, da impiegata, prima del fallimento della società per cui lavorava Poi, un giorno, mentre si disperava perché non riusciva a trovare un nuovo impiego, un grido angosciato d’aiuto la riscosse: il suo ficus l’implorava di annaffiarlo, altrimenti sarebbe morto. Pazzia improvvisa? Allucinazioni? No, dopo qualche analisi clinica Anna scoprì che un aneurisma cerebrale le era scoppiato in testa causando un piccolo edema in una zona del cervello che, fortunatamente, serve a poco. Agli altri, forse! Perché ora Anna, per colpa di quell’edema, capisce e risponde a piante e animali in un dialogo a volte semplicemente salottiero, ma spesso profondo, acutamente analitico. E questa insospettata abilità le ha fatto pure trovare un lavoro.
Cantoni, ex poliziotto divenuto investigatore privato, l’ha assunta per interrogare quei testimoni oculari che nessun avvocato potrebbe citare in aula, ma che vedono tutto e capiscono come e più degli umani. Così Anna si trova a dialogare con piccioni filosofi con vocazioni autodistruttive, asinelli sardi che preparano la rivoluzione contro la dittatura dei cavalli, tartarughe palustri un po’ fuori di senno, preoccupate perché temono che la palma di plastica del loro terrario stia seccando, e con l’olmo che s’è visto precipitare tra le radici il corpo del povero Armando Piazza.
Infatti, proprio sulla morte di Armando è stato incaricato di investigare Cantoni dalla povera madre, ancora incredula. Il giovane aveva avuto un burrascoso passato fatto di droga, arresti per spaccio e ricovero in comunità di recupero. Però sembrava che si stesse rimettendo sulla strada giusta… fino a quel tragico volo dalla finestra. Così, mentre il suo capo, assieme a Tonino, l’altro investigatore dell’agenzia, si occupa di parlare con “gli umani” che conoscevano la vittima, Anna si apparta a interrogare gli altri, quelli che non hanno voce, almeno per noi bipedi. E saranno proprio loro, con indizi a volte smozzicati, a volte acuti, ma tutti da interpretare, che aiuteranno a ricomporre il complicato mosaico di quella morte. Ne uscirà una storia dolorosa e toccante, fatta di emarginazione, incomprensione, sordidi interessi e tradimenti.
Mi domando: mentre si cammina su un sentiero, calciando distrattamente i ciottoli che lo ricoprono, è possibile che si possa scoprire che uno di essi è un diamante grezzo? Penso che sia un’ipotesi oltremodo rara. Io però, sono incappato in questo volumetto proprio per caso. Alcuni mesi fa mi era stato regalato un altro romanzo della Savioli, ma, lette le prime pagine, che mi avevano piacevolmente stupito, ho scoperto che si trattava di un seguito. Così, per poter inquadrare meglio i personaggi, mi sono messo in caccia dell’incipit (questo libro) e l’ho trovato stupendo.
Le premesse, in realtà, possono lasciare perplessi: come sarebbe a dire una donna che parla con bestie e piante? Sarà sicuramente una sciocchezza, una roba che, al massimo, va bene per i bambini, una favolona. E invece no. Più ci si addentra nella lettura e più le analisi si fanno profonde e meditate. Magari alcuni dialoghi umano-animaleschi sono sin troppo scherzosi e fantasiosi, ma il più delle volte, proprio attraverso gli occhi degli animali, ci viene offerta una analisi attenta del nostro essere.
Come già altre volte m’è capitato di constatare, sembra che sia più facile esprimere una critica attenta, centrata ai nostri costumi, ai nostri difetti se riusciamo a metterla in bocca (o nel becco) di rappresentanti di altre specie animali; come se un giudice esterno risultasse più obiettivo e acuto nell’osservarci.
Così, mentre condividiamo la vita di Anna, madre di famiglia, presa tra la cura del piccolo Luca, del marito e delle mille faccende che presidiano costantemente la nostra esistenza quotidiana, ci viene impartita una lezione semiseria su cosa potrebbero pensare gli animali di noi. Il personaggio di Anna è deliziosamente concreto e lo stile con cui lei si racconta è fluido e fresco. Anche i comprimari bipedi (Cantoni burbero, ma bonario, Tonino omone buono come il pane, Luca, bimbetto con la battuta sempre pronta, Lavinia la sorella perennemente incasinata con fidanzati inaffidabili) e no (Otto, l’alano pavido, Banzai, il pragmatico gatto di casa, Baby, il criceto dei vicini, divoratore di telecomandi, etc.) sono godibilissimi e se pure per alcune personalizzazioni l’A. s’è evidentemente ispirata un po’ in giro che male c’è? Soprattutto perché la trama principale ci racconta di fatti dolorosamente reali e, senza volerli sdrammatizzare, ce li offre filtrati da una visione delicata e amorevole.
In definitiva “Gli insospettabili” è un bel romanzo dove si ride, si pensa, ci si commuove e ci si fa trascinare da una vicenda poliziesca che non è priva dei suoi bei colpi di scena. Insomma un romanzo tutto da leggere e godere che fornisce un’ulteriore conferma che il filone narrativo del giallo italiano, declinato al femminile, è quanto mai prolifico e vitale.
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Adesso, per evitare una overdose, ho messo in standby il secondo romanzo ("Un testimone chiave"), ma conto di riprenderlo in mano quanto prima perché promette bene: risate e riflessioni in un bel mix.
Per ora auguro a te e a tutti i "qlibristi" un buon agosto.
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