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Alla ricerca di Popov
«Il dolore, disse fra sé la dona alla finestra, quando è immagine non si condivide. Che sciocchezza illudersi di trovare conforto nella compagnia, che idiozia il detto “mal comune, mezzo gaudio”.»
Nuovo capitolo dedicato alle avventure di Sara Morozzi è “Gli occhi di Sara”, opera classe 2021 che riprende le fila dal punto in cui si erano concluse le vicende in “Una lettera per Sara” e più precisamente porta il lettore a scontrarsi con la malattia del piccolo nipote della protagonista che in queste pagine appare in fin di vita a causa di un tumore di ben dieci centimetri per sei che il suo corpo da dodici chili e ottantaquattro centimetri in alcun modo può vincere.
Al contempo, nel mentre che Sara e Pardo, all’insaputa all’inizio di Viola, cercano in un medico russo la speranza di quell’intervento risolutore che lui e lui soltanto è in grado di porre in essere in quanto alcun altro mai si arrischierebbe a prendere in carico un bambino così piccolo e con una situazione così disperata al punto da considerarne già scritte le sorti, torniamo indietro nel tempo ed esattamente torniamo al 1990 dove un gruppo di studenti fuorisede di origine rumena e dell’est Europa assiste agli sconvolgimenti dettati dalla caduta del comunismo e da un clima sempre più complesso e difficoltoso per gli anni che furono. Come possono assistere in silenzio a quello che sta accadendo? Come possono tollerare le sorti dei loro stessi cari vittime di quel sistema ora volto a condannarli senza remore?
Presente e passato si coniugheranno tra loro; le storie dell’oggi, cioè, troveranno un collegamento con quelle dello ieri sino a far congiungere i vari tasselli e sino quindi a ricomporre quel puzzle più grande ideato dalla penna di De Giovanni.
Il titolo si legge con grande rapidità, è uno scritto leggero ma piacevole, che non si prefigge di essere indimenticabile. Durante lo scorrimento il lettore riesce a più riprese a intuire come si svilupperanno le vicende e dove le medesime ci porteranno, riesce in più occasioni ad anticipare i fatti e al contempo si aspetta quel finale che diverso non poteva essere. Perde di ritmo e rischia a più riprese di diventare farraginosa proprio per questo. Si aspetta, ancora, un nuovo capitolo della serie e per quanto possa aver preferito “Gli occhi di Sara” al precedente “Una lettera per Sara” fatica a restarne completamente convinto perché allo scritto manca quel quid in più tale da renderlo veramente coinvolgente e appagante. La lettura scorre, fluida e rapida ma non entusiasma. È fiacca, supponibile, prevedibile.
«Il destino magari esiste: ma si scrive all’indietro.»
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