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Fame.
«C’è un punto oltre il quale non si può andare. Forse, dopo aver pianto tante lacrime, un po’ ci stanchiamo del dolore. È come un’ombra che ormai ti ha gelato l’anima, ti accadono le cose e tu te ne resti sempre un po’ fuori, le guardi da lontano, non sono più tue.»
La fame. La fame con la F maiuscola, la fame che va oltre ogni morale, confine e ragione. La fame che ti prende dentro e che non vede frontiere e che è deve essere appagata, nonostante tutto e tutti. Anche a costo di dover assaggiare tua madre, anche a costo di perdere quella tua umanità, sino a essere tu stesso una bestia.
Bastiano e la sua famiglia vivono nella povertà più totale in quella Grande Guerra che porta all’avvio della vicenda narrata da Sacha Naspini. La guerra è ovunque e a loro non resta altro che quel nascondiglio, con quella lancia di fortuna e quel sopravvivere tra animali di passaggio e quel bosco che tutto circonda. Bastiano è la voce portante che ci accompagna con la sua filosofia spiccia e il suo essere cresciuto e vissuto in simbiosi con la natura. Questo lo porta a un bisogno di sopravvivenza a ogni costo in quella sinergia completa con l’ambiente circostante spietato, malvagio, cattivo, crudo. Non esistono sentimenti, non c’è spazio per il perdono, non vi è spazio per la morale.
«Io non lo so se hai mai provato la fame quella brutta, quella che neanche ti fa dormire e se per caso ci riesci non fai che sognare quello: di mangiare. La fame quella che ti fa impazzire, tanto che cominci a guardare il secchio dei bisogni, o scavi con un dito per terra, in mezzo a una fessura delle tavole, alle volte ti capitasse un baco tra le mani. Giuro che ti metteresti in bocca di tutto, se piangi non fai che leccarti le mani per sentire il sapore. Inutile succhiare le radici che ci sono d’inverno, non sono per la gente, se lo fai rigetti liquido e stai anche peggio. Io non lo so se hai mai provato quella fame lì. Quella che a un certo punto, una volta, ha fatto dire al babbo: “Ora mi levo dal mondo e mangiate me”.»
La Maremma rurale, le credenze popolari, il confine tra il bene e il male sono gli elementi che ancora ci accompagnano. Bastiano cresce, è costretto a separarsi dal padre, la madre viene a mancare dopo lunghi periodi di malattia, è sottoposto alla galera, è mandato in quella nuova guerra, è preso nei campi di prigionia, finisce con l’essere catturato da un nemico di cui ancora una volta non comprende la lingua ma dal quale deve difendersi. Scopre di un torto subito sin dalla nascita e che lo ha visto detentore di un destino infame a differenza di quell’altra persona prediletta a cui il fato ha riserbato il meglio. Ma sino a che punto è lecito spingersi per raggiungere i propri obiettivi? Sino a quando il fine può giustificare i mezzi? Può quella fame trovare appagamento? Essere saziata? Oppure, semplicemente, questa è costante guida di ogni scelta e di ogni decisione, di ogni gesto e di ogni barbaria?
Un viaggio che nulla risparmia al lettore è “I Cariolanti” di Sacha Naspini. Uno scritto che tocca anche le più ataviche delle convinzioni e che le mette in discussione oltre ogni dubbio e certezza. E quante le domande che vengono sollevate dall’autore, e quante le risposte cercate e bramate. Al tutto si somma una scrittura autentica, concreta, cruda, che nulla risparmia e nulla cela al conoscitore. Una trama, ancora, solida per una storia evocativa, di gran contenuto, che non si dimentica e che conquista pagina dopo pagina.