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"La Stagione dei Ragni" di Barbara Baraldi
Torino, 1988. La città è scossa da qualche mese dagli efferati omicidi di alcune giovani coppie, trovate brutalmente uccise in luoghi isolati, freddate da qualcuno che pare trarre un malsano piacere dal suo macabro operato. C’è qualcosa che non va, si è insediato un componente fuori posto nella vita – altrimenti tranquilla – del capoluogo piemontese; sembra che l’urbe sia pregna di energia maligna, che ne avvelena le strade, gli umori, gli abitanti. La Natura stessa sceglie di palesare il suo malessere in maniera anomala, dando luogo ad un evento tanto prodigioso quanto ripugnante: il ponte Vittorio Emanuele I, nel giro di una notte, diventa il regno di una colonia di ragni dalle considerevoli dimensioni. Una coincidenza bizzarra, apparentemente insignificante, ma che si rivelerà fondamentale nella risoluzione del più terribile caso di cronaca nera che la città abbia mai visto.
Baraldi ha imbastito una trama degna di nota, in cui personaggi complessi e ben definiti intrecciano le proprie storie e personalità al fine di dare un volto e un nome al mostro che ha fatto di Torino il teatro del suo terribile spettacolo di morte. Protagonista indiscusso è Francesco Scalviati, sostituto procuratore il cui cognome non suonerà nuovo ai lettori affezionati di Baraldi: l’uomo che dà la caccia al mostro altri non è se non il padre di Aurora Scalviati, eroina di thriller avvincenti quali “Aurora nel Buio”, “Osservatore Oscuro” e ”L’Ultima Notte di Aurora”. Il magistrato, inizialmente unico sostenitore della teoria che dietro agli assassinii ci sia un solo, spietato killer, viene affiancato nelle indagini da due figure che lo aiuteranno a sbrogliare la matassa intricata di un caso che, altrimenti, sarebbe stato archiviato come l’opera di un gruppo di malavitosi. Queste sono Isaak Stoner, brillante agente dell’FBI volato direttamente da Quantico, V
irginia, per offrire a Scalviati le sue competenze in fatto di analisi comportamentale dei criminali, e Leda de Almeida, intraprendente giornalista d’assalto dotata tanto di coraggio da vendere quanto della rara incapacità di stare zitta e ferma di fronte alle ingiustizie.
Il libro si compone di capitoli ben congeniati, costruiti ad hoc al fine di costringere il lettore a voltare pagina per scoprire cosa avverrà nelle righe successive. Baraldi offre ai suoi personaggi – e di conseguenza ai suoi lettori – la possibilità di accatastare indizi e piste da seguire, tutte egualmente valide, ma si riserva il lusso di smantellare ogni teoria plausibile fino all’ultima, sorprendente, rivelazione.
Diversi sono gli elementi che ho trovato piacevoli e apprezzabili:
In primis, la semplice scelta di ambientare il racconto alla fine degli anni ’80: ciò ha permesso alla scrittrice di utilizzare le prime scoperte in fatto di profiling, introdotte proprio in quel periodo negli States, per imbastire un intreccio avvincente che dona al lettore l’impressione di poter sondare la mente squilibrata di un assassino seriale.
In secondo luogo, i riferimenti alla cultura pop di quegli anni, richiami veritieri e simpatici degli anni ’80 che rendono il romanzo ancor più verosimile. Un esempio? La selezione delle canzoni che fanno da sottofondo a diversi momenti delle vite dei personaggi, passando dai Duran Duran e i Litfiba, per arrivare a Raf.
Forse il mio preferito fra tutti, l’inserimento massiccio all’interno della trama di teorie legate all’esoterismo, storie di folklore dimenticate (o non conosciute) dai più, che regalano quel tocco di mistero a questo thriller e lo rendono ancor più accattivante. Il “Triangolo della Magia Nera e Bianca” costituito da San Francisco, Londra e la nostra Torino conferisce credibilità ai disturbi narcisistici e comportamentali che muovono il serial killer e consente a Baraldi di guidare il lettore in un tour del capoluogo piemontese fuori dal comune: muovendo i suoi personaggi attraverso la Torino esoterica, infatti, l’autrice informa il lettore sui luoghi magici della città, svelandone la simbologia e i segreti ignoti ai più. Allora, chi viene con me in Piemonte a visitare questi posti pregni di magia oscura?
L’affidamento del ruolo di protagonista a un magistrato, piuttosto che a un membro delle forze dell’ordine, che costituisce per la “Stagione dei Ragni” un motivo di distacco dalla maggior parte dei thriller.
Il chiaro rimando all’inquietante – e mai dimenticato – mistero del Mostro di Firenze, che è certamente ben fresco nella mente di chi ha vissuto gli anni ’80 e, più in generale, di tutti gli appassionati di cronaca nera.
A livello stilistico, l’autrice si dimostra molto abile nell’elaborare uno scritto affascinante, composto di un linguaggio semplice, ma non semplicistico: i termini utilizzati, infatti, non sono quelli ricercati dell’italiano aulico, ma ciò non penalizza la scrittura, per nulla superficiale e costruita in maniera impeccabile. L’uso considerevole di subordinate, inoltre, rende a parer mio la lettura più articolata e piacevole. Ho apprezzato molto anche la chiara prevalenza di dialoghi e colpi di scena, ottimi per suscitare nel lettore curiosità e brama di proseguire con la storia capitolo dopo capitolo.
Altro punto estremamente a favore è, per me, la decisione di rendere protagonista una figura femminile molto forte, decisa e pronta a difendere i propri ideali e di vestirla proprio dei panni di una giornalista investigativa ricalcata sul modello di reporter veramente esistite, come Ilaria Alpi e Graziella de Palo.
Ciò detto, è davvero una lettura imperdibile. Ho colto ogni occasione a mia disposizione per poter continuare a leggere, pagina dopo pagina, questo thriller ben congeniato. Il libro conta di 564 pagine che lo stile di Baraldi rende lievi come piume e decisamente rapide da leggere.