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Come animali in gabbia
Thriller/horror davvero disturbante e claustrofobico "Zoo" si svolge in un'unica location. La cosa non tragga in inganno, Paola Barbato sa come evitare la ripetitività, il suo lavoro è un concentrato di azioni limitate nei movimenti ma psicologicamente caratterizzate da un dinamismo eccellente, in cui il perverso "gioco" di un presunto rapitore seriale rende la situazione a dir poco angosciante. Le interazioni verbali, e più raramente fisiche, vengono gestite con maestria sino ad un finale serratissimo in cui non tutte le ellissi narrative si chiudono perfettamente (come quelle inerenti la vita privata della protagonista), in cui però la cifra stilistica diretta e cruda dell'autrice è in grado di fare la differenza. La riuscita costruzione di una sorta di zoo dove ogni prigioniero è allegoria animalesca, viene basata su di un ordine costituito dominato da consuetudine e paura. Barbato descrive Anna come la potenziale variante impazzita in grado di incrinare determinate regole, questo attraverso un percorso in cui l'inizialmente terrorizzata e schiva protagonista cresce in aggressività sfruttando al meglio la sua indole dominante. È abbastanza intuitivo riconoscere in questo aberrante microcosmo una metafora sociale di natura nichilista, in cui i prigionieri accettano la negazione della libertà e, con essa, della loro dignità, in cambio di infimi "contentini". Anna è l'esemplare prodotto della società attuale: ambiziosa, crudele e arrivista, risulta personaggio da un lato respingente ma impossibile da odiare. Si tifa per Anna nonostante sia estranea a qualsivoglia tipologia di eroe, forse perché in lei Barbato è brava a far scorgere il nostro lato più primordiale: quello recluso in gabbia da convenzioni sociali, pronte ad essere irrise dal più spietato e immorale.