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Tempesta anaffettiva
Quando il dolore di una perdita di cui ci si crede responsabili è così grande da anestetizzare il se’ in un continuum frantumato e disperso, e anni sempre uguali restituiscono un niente necessario alla sopravvivenza, quando vita e morte si equivalgono, si intrecciano e si sovrappongono, esistono due possibilità, annientarsi o cercare una via di riscatto, per se’ e per gli altri, qualcosa che restituisca l’amore perduto.
Così è per Bianca, la protagonista, corrosa da un’ espiazione impossibile, indifferente al dolore, anestetizzata da una vita al contrario iniziata dopo la morte dell’ amata sorella Stella, suo punto di riferimento, per anni impotente al disfacimento di se’ e della propria famiglia.
Oggi è una donna diversa ma implosa, trincerata in comportamenti ossessivo-compulsivi, indifferente alla propria bellezza, sin da bambina immersa in un iter fatto di nuotate che la portavano allo sfinimento, centinaia di oggetti inutili da acquistare e ogni sera una lunga lista di rifiuti da annusare e catalogare, nutrendosi di asfittici reality televisivi e dalla voglia di niente, nel presente sbobina interviste in una società di ricerche di mercato.
Il piano intrapreso, riportare Stella alla vita, passa attraverso l’ amore per l’ inarrivabile Carlo, affascinante cardiochirurgo, le ha consegnato una vita perfetta, agiata, invidiata, anche se, chi ha il vuoto dentro, non può amarsi ed amare, perdonarsi, rinascere, mentre le notti restituiscono incubi e non c’è risposta a cotanta sofferenza.
Bianca non è più sola ma tale si sente, rivive continuamente quel giorno, la gara di nuoto, l’ incidente, un regalo negato, convinta di non essere stata amata abbastanza, desiderando essere come Stella, ammirata e ricercata da tutti.
Un desiderio di invisibilità ricopre i suoi giorni, impegnata a restituire ai famigliari ciò che gli ha tolto per sempre, serenità, amore, certezze, una vita sopportabile, da allora è cambiato, sua madre ha cercato più volte di farla finita e non sarebbe più stata la stessa.
La superficie apparente convive con un io contorto, lacerato, esangue, esposto al giudizio degli altri che vedono, si nutrono e consumano la sua bellezza.
Bianca sta male dentro, è morta da tempo, mentre un lungo percorso psicoanalitico la pone di fronte alla dura realtà della colpa e all’ impossibilità del perdono. Una nuova vita può restituire la vita, il presente si scontra con le difficoltà altrui, con il passato e le sue malefatte, con menzogne che hanno costruito carriere, con una fragilità identica alla propria, avvolta in un’ anaffettività che è l’ unica risorsa per sopravvivere.
Tutto può cambiare, improvvisamente, nel dolore di un’altra perdita che pare definitiva, e la propria storia rivelare un’ altra storia, riportando a sentimenti negati e ovattati, un momento atteso da vent’anni, un oggetto tanto desiderato finalmente tra le proprie braccia, una data a chiarire l’ antefatto.
Un romanzo ben costruito che sa dosare molteplici aspetti, affettivi, psicologici, famigliari, con elementi di suspance, un quadro interiore preciso che si muove con scaltrezza nel cuore della contemporaneità.
Le radici del dolore restituiscono molteplici forme e sono ben radicate all’ interno di se’, in una vita di superficie e nella recita di una parte che non può che condurre a una “ sana “ follia o a un’ “ insana “ normalità, secondo la prospettiva, senza alcuna via di fuga, come sempre, se non nella negazione delle stesse o nella risoluzione dell’enigma, in giuoco la propria vita vera e la possibilità di essere vissuta.