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Fasullo
Lo compro e lo leggo invogliato da Baricco che ne parla in modo entusiastico: “scrittura di cui si è persa la chiave... un cocktail due parti di Fenoglio, due di Simenon, una di Paolo Conte e 5 di Longo”.
Bah! Non ci sento Simenon (che è asciutto, volutamente piatto, mai ironico) non ci sento Fenoglio, un po’ di Paolo Conte sì. Debbo dire che lo trovo stancante. Cioè: quel modo di scrivere colloquiale, ironico e fantasioso pieno di immagini non banali all’inizio ti prende, poi man mano che diventa ripetitivo risulta poco a poco sempre più pesante; Se trovi una metafora intrigante o un'iperbole ogni tre o quattro pagine è un conto, se sono sparse a manciate ogni cinque righe è un po' troppo. Quando poi arrivano dialoghi che vorrebbero essere spiritosi e sono privi di ogni credibilità (la seduta con la terapeuta) ne hai abbastanza.
Insomma un romanzo fasullo. Il plot non è realistico nonostante sfrutti realtà esistenti (il dark web, i giochi pericolosi on line dei minorenni, già visti nella cronaca e nei film genere Nerve); i personaggi sono inverosimili, talmente poco credibili da essere ridicoli (l’ex-poliziotto che parla con citazioni bibliche, il piccolo genio del computer, figlio di un allevatore di vacche che vive in alpeggio, la psicoterapeuta handicappata); i dialoghi sono falsi come il piombo (quelli con la psico terapeuta, quelli degli incontri con le donne della chat, quelli con la ragazzina bene prima in classifica, ma quando mai un’adolescente si esprime in quel modo?).
I personaggi di Simenon (per stare ad uno degli autori citati a paragone) sono assolutamente “veri”, credibili, perfettamente inseriti in una realtà “reale”; diciamo che qui siamo piuttosto dalle parti della Vargas, non un “giallo” o un “poliziesco” ma un fantasy con un vestito pseudo-giallo.
Perché allora è piaciuto a Baricoo? Qualcuno ha malignamente osservato che Baricco ha fatto una pura e semplice “marchetta” a favore di un ex-allievo della scuola Holden, ma secondo me c’è qualcosa di più per avergli fatto dire “vorrei averlo scritto io”. E quel di più, oltre alla fissa della “rete”, è il respiro che hanno le frasi, le sospensioni, le iterazioni, i salti improvvisi della narrazione, tutto così simile al modo di “narrare” di Baricco da farmi pensare addirittura che ci sia un po’ il suo zampino. E se non c’è vuol dire che Baricco ha riconosciuto il suo stile ed ovviamente gli è piaciuto.
Ancora un'osservazione: Longo ricorre all’uso costante del tempo presente, che generalmente viene utilizzato quando si intende dare un un taglio cinematografico al racconto; è al cinema infatti che lo spettatore “vive” al presente quello che avviene sullo schermo (salvi i flash-back); ma il ritmo della narrazione di Longo non è cinematografico, è piuttosto lento, dispersivo... però... però... anche Baricco quando racconta usa il presente....