Dettagli Recensione
L'uomo che puliva
«Tutta la storia, si ripete il bambino, fluttuando sempre in quella specie di sogno doloroso. Qual è la mia storia?»
“L’uomo che puliva” non sa perché lo ha fatto. Poteva andarsene, poteva fregarsene, eppure, non ha potuto. Forse perché quel corpo all’interno del lago gli ricordava quel bambino di cinque anni che stava affogando in una putrida piscina tanti anni orsono con una madre disattenta e incapace di amare, forse semplicemente perché ha seguito l’istinto. Sta di fatto che adesso “Fuck”, la ragazza con il ciuffo viola, ha riaperto in lui un qualcosa di sopito: la paura. Ma ha acceso in lui anche altro, ha riattivato nel suo cuore e nella sua mente una diversa volontà di vivere e approcciarsi al mondo. Lui che è sempre stato invisibile, lui che ha sempre seguito la mano e la volontà di colui che è celato dietro la porta verde, non si nasconde ma osserva.
Al contempo, mentre la ragazza di tredici anni è sopravvissuta e si trova in convalescenza, un’altra donna sta indagando su misteriose morti di vittime femminili spesso vittima della violenza maschile. Da ben cinque anni è attiva in questo campo e non manca mai di intervenire quando una donna chiede il suo aiuto con quel barattolo di cetriolini nascosto nel banco freezer di un supermercato o quando, anche più semplicemente, urla nel silenzio. Il ritrovamento del braccio di una sessantenne all’interno del lago la porterà a ricomporre i tasselli di un puzzle più grande di lei e caratterizzato da volti del presente e del passato che la obbligheranno a fare i conti con quella ferita mai placata che la accompagna da cinque lustri e che continua a pulsare.
«Le storie non sono mai lineari, si ripeteva, pensando anche alla propria. Invece sono labirinti. E, a volte, ci si imbatte in porte chiuse che immettono in realtà parallele o in altre storie segrete.»
Donato Carrisi torna in libreria con un titolo che ha il desiderio di trattare tematiche importanti e attuali che vanno dal bullismo, al cyberbullismo, alla violenza sessuale su minore, all’induzione alla prostituzione, ai legami familiari, alla violenza di questi su congiunti e minori, alla violenza sulle donne, all’omicidio e ai soprusi in generale. Soffermare l’attenzione, riportarla al centro di queste problematiche, è chiaramente l’obiettivo centrale che si cela tra queste pagine ispirate, oltretutto, come da nota conclusiva, a fatti realmente accaduti.
Tanti buoni propositi e tanti obiettivi che rischiano però di essere troppo e di far perdere di intensità al componimento che se parte con una sincera curiosità e quella giusta dose di interesse tale da trattenere il lettore, piano piano, già da prima della seconda metà, ne provoca una inevitabile perdita. Pur non mettendo in discussione la capacità narrativa dell’autore e il suo intento di sensibilizzare a una tematica, la lettura poco alla volta ma diventa sempre più fiacca e prevedibile. Il lettore nota sempre più contraddizioni, il ritmo si affievolisce, i personaggi perdono di forza e profondità, l’epilogo è debole, spossato, supponibile e anche poco soddisfacente se proporzionato a quello che era l’oggetto del narrare.
“Io sono l’abisso” è un titolo che attrae e che respinge, che si propone al lettore come un pasto lauto e gustoso per poi rivelarsi molto nouvelle cuisine ovvero tanta apparenza ma poco contenuto. Può piacere anche per questo ma la fame resta.
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