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Il club Montecristo
 
Il club Montecristo 2021-02-13 12:22:16 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    13 Febbraio, 2021
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Gli ammutinati

«Fuori è buio fondo, ma dentro tutte le lampade, i lampadari, le applique sono accesi, anche l’abat-jour sullo scrittoio all’ingresso. Il contrasto con la notte ferisce i suoi occhi, ma l’uomo sa di avere poco tempo e procede senza indugi.»

La donna ha esalato il suo ultimo respiro, il corpo giace privo di vita. È il rumore della televisione a condurlo; sul divano di pelle nera, di spalle, c’è lei, la testa reclinata all’indietro, le membra abbandonate a quel sonno improvviso. Il tempo è poco. L’uomo è senza fiato, il suo cuore accelera. I begli occhi verdi della ragazza sono serrati, le labbra dischiuse mostrano quella fila di denti bianchi e candidi. È pallida. “Perché non mi hai ascoltato? Perché non mi hai voluto?”, si chiede. Tante sono le domande che gli riempiono la mente, la rabbia monta improvvisa, il tempo è sempre meno e lui deve sbrigarsi. Deve agire in fretta. Ha perso la ragione o chissà, forse, per la prima volta in tutta la sua vita sa e capisce cosa deve fare.
Il suo nome è Viviana Ferrante, o almeno, un tempo così era conosciuta questa giovane donna di trent’anni con un passato turbolento e un presente quasi nella norma. Si escludono violenze, nel suo appartamento messo a soqquadro, non vi è traccia alcuna di un possibile movente. L’unica cosa certa è che la morte sembra essere determinata da mano altrui e forse proprio per quelle ragioni del suo vivere che tanto l’hanno segnata negli anni, quasi come se il suo aver errato fosse la più grave delle macchie su una fedina penale. Tuttavia, i sospetti, in vista di quest’unica possibile e ipotetica pista, riportano tutti a un unico e altrettanto possibile e ipotetico sospettato: Danilo Secchi. Ex galeotto tornato in libertà da un tempo sufficiente per la commissione del fatto di reato, è indiziato numero uno in quanto le modalità di commissione del fatto delittuoso corrispondono a quelle medesime che anni prima lo avevano condotto dietro le sbarre, che avevano portato al ritrovamento delle sue impronti digitali. E non conta che siano mere prove indiziarie, non rileva che il nostro ordinamento si basi sul principio costituzionalmente riconosciuto del giusto processo e della colpevolezza accertata, come anche da codice di procedura penale, oltre ogni ragionevole dubbio in virtù dell’onere formale e sostanziale della prova. Non conta. Non conta perché se hai precedenti penali sei l’indiziato numero uno, il quasi certo colpevole, numero uno. I dati non mentono, le statistiche nemmeno; le probabilità che un recidivo torni a delinquere sono proporzionalmente superiori a quelle di un “nuovo delinquente”.
In questo calderone di certezze e indagini sommarie condotte da un funzionario di polizia tutt’altro che avvezzo alla ricerca della verità vi è però anche chi crede nell’innocenza di Danilo e questo qualcuno non ha intenzione di restare con le mani in mano. Ecco perché Marco Maletti, di anni trentacinque, detto Argo, informatico con un posto stabile presso una banca sul quale ha fondato ogni sua certezza sin da dopo la laurea, coniugato con la danese Elsie e padre di due bambini, Ricky, il primogenito, ed Edo, il secondogenito, verrà contattato da Lans Iula, amico di vecchia data, grande pittore, a sua volta finito in carcere per una ragione radicata in un passato prossimo non ancora remoto.

«Ora, nella grande casa finalmente deserta, Marco pensò che era scappato tutta la vita da quello spauracchio solo per gettarsi dritti nelle sue fauci.»

Lans torna a bussare alla sua porta per coinvolgerlo nell’indagine Secchi, circostanza che porterà Argo a conoscere il Club Montecristo, associazione capillare di ex galeotti volta ad aiutare gli ex detenuti a reinserirsi nella società e a vincere quel preconcetto stante il quale chi commette reato una volta è delinquente recidivo e abituale sempre nonché atto a intervenire e a dimostrare la verità quando le autorità sono miopi o poco inclini a indagare sino a fondo. A credere nell’innocenza di Danilo e a ravvisare delle forti incongruenze nella ricostruzione dei fatti vi è l’ispettrice Lana, la quale si scontrerà con un mondo maschile ove la sua presenza è “di troppo” ma che funzionerà anche quale bilanciere tra i quattro protagonisti principali che verranno proposti da Fabiano Massimi. Quattro principali protagonisti, badate bene, ai quali si sommano altrettante e molteplici personalità che pagina dopo pagina conosceremo sempre più con profondità.

«Si può finire per apprezzare la vita in una cella, se è una cella con vista.»

Con “Il Club Montecristo” Fabiano Massimi torna in libreria con un giallo curioso e originale che incuriosisce sin dal suo principio e che conduce senza difficoltà sino alla sua conclusione. Massimi riesce a donare al suo pubblico un elaborato che al contempo è intriso di humor – tanto da strappare grasse risate ai suoi lettori – ma anche di profonde riflessioni su temi di grande attualità. L’opera ruota interamente attorno a una trama che non si esaurisce nella mera risoluzione dell’enigma con il quale ha inizio, anzi. Il testo scorre rapido, non è mai scontato e niente è come appare. Viene ricomposto un puzzle che tassello dopo tassello riporta a quell’epilogo originale e che sorprende.
I personaggi, ancora, sono tutti, principali e non, perfettamente caratterizzati e muniti di una personalità eclettica che li fa entrare subito in simpatia ed empatia con il conoscitore. E se pensate che sia finita qui, vi sbagliate. Perché l’autore ci invita anche a riflettere su tematiche del nostro oggi, problematiche da troppo tempo irrisolte e che comunque ci coinvolgono già nei semplici fatti di cronaca che ascoltiamo al tg o che leggiamo sui giornali e dunque obbligandoci a riflettere su quel che conosciamo e che osserviamo, obbligandoci a porci grandi interrogativi di carattere filosofico e morale. Perché “Il Club Montecristo” ruota attorno al concetto di reinserimento sociale dell’ex detenuto ma anche sul tabù verso questo da parte di una società costruita e cristallizzata sul dogma della certezza della reiteratezza del reato da parte di chi è già stato oggetto di condanna penale e conseguente pena detentiva. Massimi riesce a far meditare il lettore su questo aspetto e riesce a invitarlo a guardare oltre le apparenze perché tutti abbiamo diritto a una seconda possibilità, tutti sbagliamo. Ma tutti dobbiamo anche avere gli strumenti per non commetterli più quegli errori e crescere.
A completare il quadro una penna minuziosa, fluida, rapida che carezza, prende per mano, conduce e conferma le doti narrative di un autore che abbiamo conosciuto con un altrettanto gran romanzo ma di carattere storico: “L’angelo di Monaco” (classe 2020). Questa volta Massimi si spoglia dei panni del romanziere storico e indossa quelli del narratore contemporaneo dimostrando di non essere vincolato ad alcun unico filone letterario quanto, al contrario, di essere uno scrittore eterogeneo e versatile. Non stupisce dunque che nel 2017 abbia vinto il Premio Tedeschi con l’opera de qua – “Il Club Montecristo”.
Humor, divertimento, riflessione, indagine e un mistero da scoprire, questo e molto altro troverete in questo scritto; un giallo dalle tinte apparentemente leggere alla Manzini e Malvaldi, ma con le dovute differenze e con dei contenuti che non lasciano indifferenti.

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