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La goccia sulla pietra rovente
E’ il 29 giugno 1979, sulla spiaggia di Castelporziano durante un happening di poesia vengono arrestati due appartenenti alle BR Jacopo Varega e Irene Lotti. Varega, ferito, viene portato in un ospedale da dove evade il giorno dopo. Dal suo rifugio contatta Ornella Gianca la giornalista televisiva di TeleGiove che aveva ripreso il suo arresto e le rilascia un’intervista fiume nella quale racconta la sua storia degli ultimi dieci anni che è pure la storia tragica di un intero Paese, l’Italia degli anni di Piombo.
Attraverso il racconto di Varega, alias Vladimiro, conosceremo fatti e personaggi reali che vanno ad intrecciarsi con fatti e vite di personaggi creati dall’autore che però hanno l’importanza di reggere la trama fiction (quasi un thriller) e anche lo scopo di far rivivere al lettore il mood di quegli anni, il modo di vestire, di parlare, di vivere. Il punto di forza di questo romanzo (una vera e propria docu fiction) è proprio questa commistione, per mezzo della quale Iovane ci racconta anche retroscena veri, presunti e/o plausibili di eventi che hanno cambiato le sorti del Paese.
L’autore Antonio Iovane, un giornalista di radio Capital, usa una scrittura pulita, incisiva ma mai banale che aiuta moltissimo il lettore ad immedesimarsi in quel periodo storico molto ben narrato nonostante Iovane sia nato nel 1974. Anche la trama fiction è molto realistica e ricca di personaggi molto ben caratterizzati; il personaggio che in un certo senso fa da filo conduttore con tutti gli altri è Marina, una studentessa femminista (ovviamente come lo si era negli anni ‘70) che conosciamo all’inizio del libro e che alla fine riflette anche la perdita di “impegno” da parte dei giovani iniziando così gli anni del riflusso -”Non sarà Dalla Chiesa che sconfiggerà le Brigate Rosse …… sarà John Travolta”-
Pregio di Iovane è anche aver creato una storia nella quale, con un finale sorprendente, ci palesa che il privato molto spesso si confondeva con il politico, a differenza di quello che veniva sostenuto in quegli anni, e che i sentimenti, positivi o negativi che siano, prima o poi vengono fuori proprio perché siamo uomini non automi.
“Il brigatista” è una lettura godibile, istruttiva e piacevole che mi sento di consigliare soprattutto a coloro che non hanno vissuto quel periodo storico perché potranno scoprirlo non solo attraverso il racconto dei tragici episodi più noti o per mezzo delle vite private dei molti personaggi, ma anche attraverso lo sguardo aperto dell’autore sul giornalismo mediatico di quegli anni.