Dettagli Recensione
Mina
Con “Troppo freddo per settembre” torniamo a scoprire delle avventure di Gelsomina Settembre, detta Mina, protagonista nata dalla penna di Maurizio de Giovanni e già conosciuta con “Dodici rose a settembre”. Per scelta di vita assistente sociale, Mina si accontenta del suo stipendio che non le consente di staccarsi dalla casa materna, si strugge per il bel ginecologo Domenico, il bellone alla Kevin Costner la cui fila fuori dalla porta tutto è tranne che determinata dalle sue qualità mediche e si trova a non riuscire a rifiutare un appello d’aiuto quale quello della donna che si affaccia alla sua porta in quella fredda mattina di gennaio. Durante la notte un anziano ex docente è stato rinvenuto privo di vita a causa delle esalazioni provenienti da una stufa che utilizzava per riscaldarsi in quella soffitta dove era solito prendere sonno. A macchiare la sua carriera il fatto di aver denunciato un suo studente fresco di maturità per una rapina a mano armata. Quest’ultimo è stato condannato e si è fatto molti anni di galera. Il caso vuole che sia stato scagionato proprio in prossimità della morte dell’ex docente e che sia ancora invischiato e legato a personalità della malavita che sarebbe meglio evitare. La donna che bussa alla porta di Mina altro non è che sua madre. Può forse rifiutarle il suo aiuto?
Seconda avventura con protagonista Gelsomina il volume è caratterizzato da un buon giallo, atmosfere ben delineate e una trama ben costruita e che ripercorre passo passo esattamente quella che è la metrica narrativa a cui lo scrittore ci ha abituato negli anni. Non nascondo però di aver faticato, a differenza che con il primo episodio, un po’ nella lettura tanto da aver pensato di abbandonarlo. Questo è stato dato dal fatto che ho trovato le vicende abbastanza prevedibili ma anche dal fatto che non ho ritrovato quel mordente e quel fascino che generalmente, seppur in modo diverso, caratterizza le opere del napoletano. Per quanto la protagonista sia piacevole e le avventure interessanti perché comunque concentrate su quel male e quelle oscurità che si celano dietro la facciata del perbenismo, ho trovato il titolo intriso di molti cliché, un po’ scontato e facilmente intuibile anche e proprio per come costruito. Chi conosce l’autore ne riconosce il marchio ma se ha letto tanto o tutto di lui ne è anche stancato, sente di aver bisogno di qualcosa di diverso, di una innovazione. Cosa che non c’è o almeno non si può ottenere solo cambiando di volta in volta protagonista.
L’elaborato si presta a una lettura di intrattenimento, manca dell’emozione, strappa un sorriso innanzi alle situazioni simpatiche ma non grasse risate e non riesce a tenere incollati tra le pagine. Non convince pienamente.
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Ottima analisi, come sempre del resto ;-)
Fede