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La gana di babbiari
Riponete i fazzoletti, ricacciate indietro la lacrimuccia di commozione; questo non è l’ultimo romanzo delle avventure di Salvo Montalbano, lo struggente saluto di Andrea Camilleri ai suoi lettori. Non è un racconto giallo o poliziesco, che dir si voglia, scritto a tempo debito ad hoc dallo scrittore siciliano, ormai avanti con gli anni, per chiudere in qualche modo, possibilmente in bellezza, il ciclo dei racconti con protagonista il noto commissario di Vigata.
Preparando per tempo l’epilogo del suo personaggio più famoso, e accordandosi perché tale racconto fosse edito dopo la sua scomparsa, che tra l’altro avverrà oltre un decennio dopo la prima stesura del libro.
Con questo “Riccardino”, non a caso un titolo ironico, un diminutivo dissacrante e dal sapore vagamente canzonatorio, Camilleri ha voluto invece rimarcare ben altro, la sua incredibile e vitalissima “gana di babbiari”, la voglia di scherzare, intesa come leggerezza d’animo, qualità, a suo modo di vedere, essenziale per affrontare nel modo dovuto le cose dell’esistenza.
Nessun addio, nessuna fine, lo scrittore siciliano ha chiaramente lasciato intendere che “Montalbano sono” non sparirà mai, rimarrà sempre vivo e ben presente nell’immaginario del “suo” lettore.
Quel lettore fedele e affezionato che segue con simpatia, interesse, curiosità e letizia le gesta del poliziotto siciliano dal suo primo apparire, e che di lui tutto sa e tutto conosce, indole, amori, avventure, preferenze gastronomiche, espressioni verbali ricorrenti, sia del personaggio in sè sia dei suoi compari di vita e di professione.
Lettori affezionati che s’immergono con perfetta dimestichezza e comprensione nella lingua “vigatese”, metà siciliana e metà inventata dall’Autore, anche se risultano putacaso nativi del sud Tirolo.
Magari degustando, durante la lettura, uno squisito “cannoli alla ricotta”, isolandosi per bene per evitare una qualsiasi “ camurria” o “rotture di cabasisi” durante la lettura.
Salvo Montalbano è uno di quei personaggi, dunque, un James Bond o un Hercule Poirot che non scomparirà mai, sarà sempre presente nell’immaginario dei lettori ogni qualvolta sarà riletto uno qualunque dei classici volumetti dalla copertina blu a lui dedicati.
Si badi bene, il personaggio, non la persona.
Il personaggio vive per sempre, ogni volta che si rievoca con il proprio immaginario, la persona invece ha necessariamente un termine.
“Sa, ho letto i libri che sono stati scritti su di lei e ho visto anche qualche puntata in televisione. Non male. Ma una cosa è un personaggio e una cosa è una persona. A Montalbano vinni l’impulso di susirisi e annare ad abbrazzarlo. Ma non dissi nenti, non si cataminò.”
Salvo Montalbano personaggio nulla deve ad Andrea Camilleri persona, il quale per sua stessa ammissione sempre ha iniziato a scrivere di lui senza mai portare a termine la trama secondo le sue intenzioni, poiché il personaggio è speciale, è una di quelle creature rarissime ma che esistono più spesso di quello che si crede, è dall’inizio della sua storia che gli prende la mano, al suo creatore.
Gli prende la mano, ma senza prepotenza, non è una ribellione ma con convinzione, gentile ma deciso, ha finito per prevaricare sull’Autore, a vivere di motu proprio, scegliendo da se il modo di essere, di divenire e di gestire le sue storie.
In questo modo facendo la fortuna del suo Autore, molto più che gli altri romanzi, alcuni davvero valenti di storia, di civismo e di costume, a firma di Camilleri.
Meno che mai il personaggio Montalbano ha qualcosa a che fare con il simpatico attore che lo interpreta nelle fortunate fiction televisive; nemmeno quello appartiene al personaggio e all’Autore, semmai è un prodotto delle sceneggiature e all’Autore deve solo un certo input iniziale, e non altro.
Salvo Montalbano è molto di più, e come tale non finisce, non è possibile che termini il suo ciclo.
È un personaggio stupendo, l’emblema di una regione altrettanto stupenda, la Sicilia, è il campione della gente per bene, la stragrande maggioranza, che popola una terra ricchissima di Storia, di Cultura, di Bellezza, di personaggi altrettanto stupendi ed eterni come Pirandello, Sciascia, Verga, Tomasi di Lampedusa, lo stesso Camilleri.
Tutte le cose belle dell’esistenza hanno un termine, certamente; alcune di esse sono ripetibili, altre invece sono eterne. Salvo Montalbano fa parte di queste ultime.
La Sicilia è una regione stupenda, e lo è perché imperfetta, nella sua unicità, è una terra bella rovinata da pochi laidi:
“E come ti sbagli, in questa nostra bella terra? Vidi, ma non arriconosci. Sei prisenti, ma non puoi pricisari. Hai viduto, ma confuso, pirchì ti sei scordato a casa l’occhiali….E come ti sbagli in questa nostra bella terra?”
La riscatta questa terra chi resiste, chi resta, chi la difende, chi la onora contro tutto e contro tutti, chi ne promulga i valori di onestà, lealtà, correttezza, amore per la legge e per la cultura.
Di questi valori Andrea Camilleri è il cantore, e Salvo Montalbano ne è l’emblema, da qui l’eternità del personaggio.
Andrea Camilleri scrisse per tempo “Riccardino”, perché in qualche modo i lettori devono sapere come mai non sono state edite altre avventure e perchè quelle che ci sono bastano e avanzano per farlo vivere. Allora imbastisce una storia, plasmata su quelle classiche trascorse, con Montalbano svegliato alle prime albe dal suo sonno, non dai poliziotti che lo avvisano di un delitto, stavolta, ma dalla telefonata di tal Riccardino. Lo stesso sulla cui “ ammazzatina” si troverà a indagare.
Indaga come sempre, sulla falsariga delle sue precedenti avventure, e però…con qualche forzatura, qua e là. Per esempio, non trovasi in loco perché dai suoceri il vicecommissario femminaro Domenico “Mimì” Augello, quasi come se nessuno dovesse far ombra al gran capo, lasciandogli scena aperta. Stavolta la mano che “tuppia” sull’uscio dell’ufficio, quella catastrofica dell’agente scelto Agatino Catarella, è più disastrosa del solito, devastando porta e architrave, proprio un finale con il botto, diremmo. L’ispettore Giuseppe Fazio, sempre con il pizzino anagrafico a portata di mano, lo dice chiaro al suo superiore: dottore non la riconosco più, perche a lei gli è venuta a mancari la “gana”, la voglia, l’entusiasmo, il fuoco interno per fare questo mestiere.
Il reparto “pollaio” del commissariato, gli agenti Gallo e Galluzzo, compare solo per nominata.
Salvo Montalbano stavolta da Enzo, il suo ristoratore prediletto, ci passa pochissimo, gli si è smorzato l’appetito, anche se qua e là compare ancora la pasta n’casciata, la caponata, il provolone ragusano, le triglie, insomma i piatti che preferisce. Ma di Adelina neanche l’ombra; Lidia Burlando, poi…da Boccadasse vorrebbe portarlo in viaggio in Sud Africa o a in Brasile, ma figuriamoci, lo vedete voi il nostro eroe vagare in quei lidi?
Tutto concorre a farci credere che siamo davvero agli sgoccioli della serie, al gran finale, ci prepariamo tremebondi al “modo” in cui Montalbano chiuderà la sua esistenza, tutto sta a vedere come l’Autore intende porre fine alla saga del suo personaggio più famoso.
Sullo sfondo, come in altre indagini precedenti, agiscono i consueti poteri forti, quelli della politica, della mafia, degli affaristi, dei trafficanti, finanche quello temporale della Chiesa, con cui spesso Montalbano si è scontrato; viene quindi naturale pensare che il commissario è giunto al capolinea.
I poteri forti potrebbero eliminarlo in maniera pulita…magari facendo approvare una legge ad personam, data l’epoca in cui è ambientata la storia, che lo costringa al pensionamento coatto.
Peggio, potrebbero mandargli a casa un lurido killer, un vero topo di fogna, un nativo delle chiaviche della malavita mafiosa che lo assassina, elevando il nostro valoroso al rango di un martire della giustizia, alla Falcone e Borsellino.
Niente di così banale. Ancora una volta, il personaggio Montalbano prende la mano all’Autore Camilleri: si finisce “pigliato dai Turchi”, a sorpresa, spiazzati.
Santo Montalbano è un siciliano vero: schietto, leale, intelligente, giusto.
Come tutte le persone con queste caratteristiche, è anche brioso, divertente, faceto: ha la gana di babbiari, come il suo autore Andrea Camilleri, di cui è copia conforme.
Quindi, semplicemente, si cancella. Fino alla prossima rilettura.