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Tre omicidi nella Bologna del 1944
L’inverno più nero del titolo del libro è quello del 1944, l’ultimo inverno di guerra, in una Bologna quasi al confine tra un’Italia già liberata ed una ancora occupata dall’esercito tedesco, illuso di poter capovolgere gli esiti del conflitto grazie ad armi nuove e mirabolanti. Ma l’esito sembra ormai segnato, Bologna è dilaniata dai bombardamenti, in città cumuli di macerie, palazzi e teatri sventrati dalle bombe, mentre la gente fa la fila per un po’ di cibo ed il centro (quella “Sperrzone” che dovrebbe essere risparmiata dalla distruzione) ospita rifugiati, tra perlustrazioni delle SS, arresti da parte delle famigerate Brigate Nere e, di notte, qualche rapida incursione dei partigiani di Giustizia e Libertà. Freddo e nevischio attanagliano la città, per po’ di olio e di burro si è disposti a barattare di tutto, nelle cantine sono stipati animali, che i contadini cercano di proteggere e salvare dagli scontri. In questo bailamme, dove i tedeschi impongono la legge del taglione( dieci ostaggi fucilati per ogni soldato ucciso) e le milizie fasciste si distinguono nei famigerati locali della Facoltà di Ingegneria per interrogatori e feroci torture, svolge la sua attività investigativa il commissario della Polizia Politica De Luca, protagonista del romanzo e di tanti altri dello scrittore. De Luca ha sempre agito con coerenza ai giuramenti prestati, è apprezzato per la sua abilità nel risolvere casi complessi ma comincia a porsi domande, non ha più la sicurezza di un tempo, gli avvenimenti incalzanti turbano la sua coscienza e creano dubbi laceranti. Intanto, tre omicidi in rapida successione richiedono il suo intervento. Il primo morto ammazzato è un caporale tedesco, strangolato, senza divisa, che, si saprà poi, aveva disertato e commesso furti di preziosi, pronto a fuggire abbandonando la sua amante, una ragazza bolognese in attesa di un figlio. Il secondo omicidio riguarda un noto medico universitario, viveur incallito, ucciso con un colpo di pistola: un marito geloso o la vendetta di una donna? Il terzo ucciso, dopo feroci percosse, è un noto e ricco ingegnere, caduto nelle grinfie delle Brigate Nere con la falsa accusa di antifascismo: ma si vedrà che ben altre erano le motivazioni. L’incarico di indagare viene assegnato all’abile De Luca da vari committenti, che confidano nell’esperienza del commissario nel risolvere rapidamente le indagini: anche perché, nel caso del militare tedesco ucciso, la prassi era quella consueta di fucilare dieci ostaggi qualora non si fosse trovato il colpevole. Il povero De Luca, da bravo e sagace poliziotto, inizia a lavorare, ma sente la fatica ed il peso degli anni: prova brividi di paura quando deve frequentare gli uffici delle SS, si sente spaesato ed in conflitto con le regole della Polizia quando viene in contatto con esponenti delle brigate partigiane o con nascondigli di ebrei, deve fare i conti con la sua coscienza di uomo e la sua innata bontà d’animo. Conoscerà personaggi che lo aiuteranno, correrà il rischio di essere arrestato, scoverà testimoni che gli salveranno la vita: alla fine, in un modo o nell’altro, i colpevoli saranno individuati, ma a quale prezzo e con quanta fatica! Lucarelli tratteggia la figura di De Luca con la consueta maestria narrativa, facendone un personaggio in cui, nel particolare momento storico in cui si trova ad esercitare le sue funzioni, riesce a coniugare, in modo sia pure sofferto, l’attività lavorativa da sbirro (“stai tranquillo” gli dice un collega “dovunque, in qualunque momento, ci sarà sempre bisogno di gente come noi”) con l’ormai certa consapevolezza di una fine vicina e di una nuova realtà. Ed è a questa nuova realtà che piano piano si adegua, con dubbi e perplessità, ma con l’intima convinzione che non è più possibile tornare indietro, ad un passato pieno di ombre. Anche se “quel gelo livido e marcio, quell’aria gonfia che lo soffocava erano dappertutto…se lo sarebbe portato dentro per sempre, quell’inverno. Quell’inverno così ruvido e freddo. Così nero”.
E la Bologna di quell’inverno, poi! O meglio, il fantasma di una Bologna ridotta allo stremo, affamata, con gli anfratti dei teatri e dei palazzi bombardati ridotti a rifugi o nascondigli per famiglie disperate, una Bologna fango e neve, una Bologna sospesa tra “l’inverno più nero” e la speranza di una imminente rinascita. E la Bologna di quell’inverno del 1944 è documentata da Lucarelli in modo realistico e minuzioso, sembra di viverci immersi dentro, soprattutto per uno che come me ha vissuto da ragazzino gli ultimi anni dell’ultima guerra, e che ancora oggi ricorda gli allarmi notturni, le incursioni aeree, l’ascolto delle radio clandestine e, alla fine, l’arrivo dai monti dei camion pieni di partigiani festanti.
Per la Storia, Bologna dovrà aspettare ancora qualche mese, fino al 21 aprile 1945, quando, all’alba, le truppe alleate, dopo aver sfondato la linea Gotica, ed alcune brigate partigiane entrarono in città, già abbandonata da tedeschi e fascisti, senza sparare un colpo.